Come avveniva il parto in Russia prima dell’avvento della medicina moderna?

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Si preferiva quello in piedi, con le braccia della partoriente rette da corde o lenzuola fissate alle travi della stalla o della banja, perché la casa era considerata un luogo troppo sacro per quella procedura “impura”. A dirigere il tutto era la “povitùkha”, la levatrice

Fino al 1917 non esisteva certo il “congedo di maternità” per le contadine nei villaggi russi (e quando allora, subito dopo la Rivoluzione, i bolscevichi lo introdussero, fu il primo decreto del genere al mondo). Prima, durante la gravidanza le donne dovevano continuare a lavorare fino all’ultimo. “La donna svolge tutte le faccende domestiche in casa e sul campo: deve scavare e zappare, trebbiare, piantare o raccogliere le patate, fino al momento del parto”, ha scritto Olga Semjonova Tjan-Shanskaya (1863-1906), un’etnografa russa del XIX secolo. “Alcune donne partoriscono mentre impastano il pane. Alcune partoriscono sul campo, altre su un carro sobbalzante (sentendo che inizia il travaglio, alcune donne cercano in fretta di tornare a casa)”.

Tra erbe e incantesimi

I russi del passato si sposavano molto giovani. Nei secoli XVI-XVII, l’età del matrimonio per i ragazzi era di circa 15 anni, per le ragazze attorno ai 13. Nel XIX secolo, i contadini si sposavano tra i 18 e i 20 anni. E purtroppo, le gravidanze precoci per queste coppie spesso finivano in aborti spontanei e morte durante il parto: il giovane corpo della ragazza non poteva portare adeguatamente un bambino in così giovane età. Più tardi, la situazione migliorò un po’, ma la mortalità infantile era comunque altissima in epoca pre-medica. Una donna di solito dava alla luce 10-15 bambini, ma pochi di questi sopravvivevano fino all’età adulta. Insomma, le donne russe partorivano molto spesso.

La prima persona a cui ci si rivolgeva quando una donna entrava nel travaglio era la levatrice. Nella Russia tradizionale, prima che comparisse l’assistenza medica, in ogni villaggio c’era più di una donna che sapeva come assistere durante il parto. La parola con cui si designava la levatrice era “povitùkha” (“повитуха”).

La povitukha era generalmente una donna matura con bambini, che ormai non poteva più avere figli propri. E che, naturalmente, ben sapeva come far nascere i bambini. Questo mestiere era ereditario nei villaggi russi: la maggior parte delle povitukha lo imparava dalle madri. La povitukha, aiutando i bambini a entrare in questo mondo, era considerata qualcosa di simile a una “strega buona”. Queste donne conoscevano molta antica magia pagana, come incantesimi ed erbe, e usavano gli uni e le altre nella loro pratica.

Queste levatrici ritenevano che la loro “santa patrona” fosse Salome, moglie di Zebedeo, la donna che era presente come ostetrica durante la nascita di Cristo, secondo il vangelo apocrifo di Giacomo. I Vangeli canonici non la menzionano in questo ruolo, ma Salome era comunque una “santa popolare” in Russia. All’inizio del travaglio, la povitukha di solito leggeva una sorta di preghiera-incantesimo: “Матушка Соломония, возьми ключи золотые, открой роды костяные рабе Божьей Марье”; “Matushka Solomonija, vozmi kljuchi zolotye, otkroj rody kostjanye rabe Bozhej Marje”, qualcosa come: “Madre Solome, prendi le chiavi d’oro, apri il parto in carne e ossa al servo di Maria Madre di Dio”, e cospargeva la donna in travaglio con l’acqua di un ruscello o di un fiume.

Appesa a una trave

Le donne russe non partorivano nelle loro case. L’isba era considerato un luogo spiritualmente puro e il parto è un processo che lo avrebbe dissacrato ,e quindi avveniva in una stalla (se la stagione era abbastanza calda) o nella banja. Tradizionalmente, le donne russe partorivano in piedi, con le braccia ancorate a un lenzuolo drappeggiato fissato una trave del soffitto. Olga Semjnova ha scritto: “A volte una donna deve restare appesa alla trave così a lungo che le braccia le fanno male per due settimane dopo il parto”.

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Le levatrici utilizzavano alcuni metodi obsoleti per aiutare a partorire. Tuttavia, l’ostetricia contemporanea afferma che alcuni di questi erano razionali. Se il travaglio andava per le lunghe, la povitukha chiedeva alla donna di alzarsi e fare il giro del tavolo tre volte, o di stare in piedi con le gambe abbastanza larghe da consentire al marito della donna di strisciare sotto di lei tre volte. Apparentemente, questi metodi contribuivano a indurre una nascita più rapida.

Una donna con il suo bambino in culla

Se il travaglio proseguiva più di 24 ore, il fatto era considerato allarmante (e l’ostetricia professionale contemporanea è totalmente d’accordo con questo).Veniva allora ordinata una cerimonia di preghiera nella chiesa del villaggio e la povitukha iniziava a usare metodi più decisi per aiutare il bambino a uscire: massaggiando il seno, immergendo la donna in acqua calda, ecc.

Insieme alla cerimonia in chiesa, la povitukha poteva usare un po’ di magia popolare, ordinando ai parenti della donna di aprire tutte le serrature e tutte le porte della casa, aprire tutto ciò che era chiuso, sciogliere tutti i lacci di scarpe, le cinghie, le cinture, le trecce, e tutti obbedivano. Era una rigida tradizione obbedire completamente agli ordini della povitukha durante la procedura del parto.

Dopo la nascita

Quando il bambino era nato, era la povitukha a tagliare il cordone ombelicale e fare il bagnetto al bambino per la prima volta. La levatrice rimaneva poi a casa della puerpera per diversi giorni dopo la nascita, assistendo la madre e il bambino. Una povitukha poteva “raddrizzare” il bambino, sistemando la forma del corpo e rimodellando la testa in modo “appropriato” con semplici movimenti. La povitukha curava anche il prolasso uterino che spesso si verifica dopo il parto.

Dopo un periodo di diversi giorni, la povitukha veniva mandata via, e questo di solito avveniva dopo il battesimo del bambino. La povitukha veniva pagata, abitualmente sotto forma di regali: due pagnotte di pane, un fazzoletto e 50 copeche (una piccola somma con cui poteva comprare una lampada a cherosene o un secchio di latta).

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Si credeva che, dopo averlo fatto nascere, la povitukha fosse legata al bambino per tutta la vita. Nei villaggi russi, il giorno dopo Natale (detto “Бабьи каши”; Babi kashi”; il “Giorno della levatrice”) era il giorno della celebrazione della povitukha. Tutti andavano a casa della “loro” levatrice portandole semplici regali; bliny, torte, asciugamani, pezzi di stoffa.

Solo nel 1757, con l’aiuto di Pavlos Condoidis (Pavel Kondoidi; 1710-1760), medico russo di origine greca, furono aperte le prime scuole professionali di ostetricia, prima a Mosca e San Pietroburgo, poi in molte altre città e cittadine russe. Alla fine del XIX secolo, quella dell’ostetrica era già una posizione ufficiale nelle città russe e le ostetriche professionali erano formalmente subordinate all’amministrazione della polizia locale.


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