Luglio 1943: con la Battaglia di Kursk vanno in pezzi le ultime speranze della Germania nazista

Attacco delle unità della 5ª Armata corazzata delle guardie, ai comandi del generale Pavel Rotmistrov, vicino a Prokhorovka

Attacco delle unità della 5ª Armata corazzata delle guardie, ai comandi del generale Pavel Rotmistrov, vicino a Prokhorovka

Ivan Shagin/Sputnik
Fino a quel gigantesco scontro, che vide contrapporsi un numero record di carri armati, Hitler e i suoi credevano di potercela ancora fare a riprendersi dalla precedente batosta sul Fronte orientale; quella di Stalingrado

Il 5 luglio 1943, nei pressi di Kursk, iniziò una delle più importanti battaglie della Seconda guerra mondiale. Proprio questo storico duello doveva decidere, se la Germania sarebbe stata in grado di riprendere l’iniziativa strategica nel conflitto, che aveva perso dopo il colossale insuccesso di Stalingrado

L’accerchiamento della 6ª Armata di Friedrich Paulus nella città sul Volga e la conseguente serie di sconfitte, subite sul Don dalla Wehrmacht e dai suoi alleati romeni, ungheresi e italiani, fecero letteralmente crollare il fronte tedesco. Sotto la crescente pressione delle truppe sovietiche, i nazisti dovettero indietreggiare di centinaia di chilometri verso Ovest. 

Soldati sovietici in trincea alla vigilia della Battaglia di Kursk

Soltanto nella primavera del 1943 i tedeschi riuscirono a stabilizzare la linea del fronte e persino a rioccupare le città di Kharkov e Belgorod che avevano lasciato. Dopo i combattimenti di quel periodo, la linea del fronte presentava un’enorme sporgenza, che oggi tutto il mondo conosce come il saliente, o arco, di Kursk.

Le truppe sovietiche, concentrate lungo il saliente, costituivano una minaccia per le armate tedesche dei gruppi Centro e Sud, che temevano di poter essere attaccate sui fianchi o sulle retrovie. I tedeschi, da parte loro, se avessero avuto successo, avrebbero potuto avanzare da due direzioni per “tagliare” il saliente e intrappolare grandi forze dell’Armata Rossa in una sacca. 

Un cacciacarri tedesco Marder III in avanzata

Proprio questo era il piano del comando tedesco, quando decise di lanciare l’Operazione Cittadella (Unternehmen Zitadelle). Nel suo ordine del 15 aprile 1943, il comando di Berlino rilevava: “Questa offensiva ha un’importanza prioritaria. Deve concludersi con un successo rapido e decisivo… Sulle direttrici degli attacchi principali si devono impiegare le migliori formazioni, le migliori armi, i migliori comandanti e una grande quantità di munizioni. La vittoria di Kursk deve essere un segnale a tutto il mondo”.

I tedeschi schierarono più di 900 mila uomini, circa 10 mila cannoni e mortai, fino a 2.700 carri armati e semoventi, e circa duemila aerei. Ciò significa che i tedeschi trasferirono a Kursk circa il 70% delle loro divisioni corazzate, fino al 30% delle divisioni motorizzate, più del 20% delle divisioni di fanteria e oltre il 65% di tutti i loro aerei.

Anche l’Armata Rossa non stava a guardare. Lungo il saliente di Kursk i sovietici concentrarono 1 milione e 300 mila soldati (altri 600 mila erano in riserva), più di 2.500 cannoni e mortai, più di 4.900 carri armati e semoventi d’artiglieria, nonché circa 2.900 aerei. 

Pur avendo la superiorità numerica sia degli effettivi che degli armamenti, il comando sovietico decise di adottare una tattica difensiva. Nella sua relazione a Stalin dell’8 aprile, il maresciallo Georgij Zhukov riferiva: “Ritengo inopportuno iniziare l’offensiva delle nostre truppe nei prossimi giorni per anticipare quella del nemico. Sarà meglio logorare l’avversario con la nostra difesa e distruggere i suoi carri armati per lanciare poi l’offensiva generale, impiegando delle riserve nuove, e annientare definitivamente il principale raggruppamento del nemico”. 

Le truppe sovietiche crearono lungo il saliente di Kursk 8 linee difensive per la profondità complessiva di 250-300 km. Le truppe, che si preparavano a respingere l’offensiva tedesca, ricevettero un’enorme quantità di mezzi d’artiglieria. Per esempio, nel settore della 13ª Armata c’erano più di 90 cannoni e mortai per ogni chilometro della linea del fronte: in nessuna delle precedenti operazioni difensive era stata raggiunta una tale densità degli schieramenti di artiglieria. 

Soldati sovietici addetti a un mortaio

Il successo dell’offensiva tedesca dipendeva in gran parte dalla sorpresa dell’attacco. Tuttavia, l’intelligence sovietica riuscì a conoscere la data dell’offensiva. Di conseguenza, la mattina del 5 luglio, poco prima dell’inizio dell’operazione Cittadella, l’artiglieria sovietica lanciò un massiccio bombardamento preventivo.

“Le truppe tedesche furono colte di sorpresa,”, ricordava il maresciallo Konstantin Rokossovskij che comandava il Fronte Centrale. “Il nemico decise che era stata la parte sovietica a passare all’offensiva. Ciò, naturalmente, scompigliò i suoi piani, disorientando i soldati tedeschi. Al nemico ci vollero circa due ore per rimettere in ordine le sue truppe”.

Dopo ciò, due formazioni tedesche lanciarono una massiccia offensiva sui lati settentrionale e meridionale del saliente, intendendo sfondare la difesa sovietica e chiudere il cerchio vicino a Kursk, creando così una grande sacca per l’Armata Rossa.

Un Panzer VI “Tiger” tedesco durante la Battaglia di Kursk. Sviluppato nel 1942 in risposta ai mezzi corazzati messi in campo dall’Unione Sovietica, fu il primo carro armato della Wehrmacht a montare un cannone da 88 mm

“Attaccate dalla valanga d’acciaio, le nostre truppe combattevano coraggiosamente, usando tutti i mezzi per colpire il nemico”, scriveva Rokossovskij. “Contro i carri armati si usavano anche dei cannoni da 45 millimetri. Non erano in grado di perforare la corazza dei “Tiger”, pertanto sparavano da distanza ravvicinata, mirando ai cingoli. Quando i mezzi nemici si fermavano, i soldati del genio e della fanteria li raggiungevano sotto l’incessante fuoco, mettevano sotto di essi le mine e lanciavano granate e bottiglie incendiarie. Allo stesso tempo, i reparti di fanteria, con il loro fuoco, bloccavano la fanteria nemica che seguiva i carri armati e la sterminavano, contrattaccando”. 

LEGGI ANCHE: Rokossovskij, il polacco che si rivelò uno dei migliori comandanti militari sovietici 

Avendo incontrato un’accanita resistenza dei sovietici sul lato settentrionale del saliente, i tedeschi riuscirono ad avanzare di soli 6-8 chilometri. Entro il 12 luglio, i tedeschi esaurirono totalmente il loro potenziale offensivo e passarono alla difesa.

Squadre anticarro durante la Battaglia di Kursk

Per il gruppo tedesco che operava sul lato meridionale del saliente le cose andavano un po’ meglio. “Ci fu relativamente facile sfondare le prime linee difensive del nemico e occupare alcuni centri abitati”, ricordava Kurt Gätzschmann, che in quei giorni era arruolato nella Divisione granatieri corazzati “Grande Germania”. “Già il giorno dopo però la resistenza dei russi era aumentata. Problemi particolarmente grandi ce li creava l’artiglieria anticarro sovietica”. 

Nonostante le perdite, che furono davvero enormi, i tedeschi non riuscirono a sfondare la difesa sovietica. Allora, per muoversi in direzione di Kursk, decisero di aggirare la città di Obojan. Il 2° corpo corazzato delle Waffen-SS (II SS-Panzerkorps) fu indirizzato verso il villaggio di Prokhorovka. Il comando sovietico lanciò incontro ai tedeschi la 5ª Armata delle Guardie e la 5ª Armata corazzata che, inizialmente, nella fase difensiva dell’operazione, dovevano restare in riserva.

Truppe sovietiche durante i combattimenti

Il 12 luglio, vicino a Prokhorovka iniziò una battaglia di carri armati senza precedenti e senza uguali nella storia: più di 1000 carri armati da ambo le parti. “Le parole non bastano per descriverlo: tutt’attorno era in fiamme; i mezzi, la terra, le persone…”, ricordava il pilota Jakov Sheinkman. “Bruciava tutto. Con i nostri Polikarpov Po-2 (U-2), noi atterravamo accanto al punto di comando delle brigate corazzate impegnate nella battaglia, vicino al campo su cui si combatteva; a scatti, tra le esplosioni dei proiettili, correvamo verso il punto di comando, consegnavamo la busta segreta e poi di nuovo si decollava attraverso il mare di fuoco. Dopo ogni missione i meccanici dovevano tappare decine di buchi sulle ali dei nostri aerei. Prokhorovka è la cosa più terribile che ho visto durante la guerra”.

Verso la fine della giornata sul campo di battaglia restavano oltre quattrocento carri armati bruciati, ma nessuna delle parti poteva dirsi in vantaggio.

Carri durante la battaglia nel Saliente di Kursk. Il saliente sovietico era esteso per circa 180 chilometri e profondo 100 e si incuneava tra l’Heeresgruppe Mitte, comandato dal feldmaresciallo Günther von Kluge, e l’Heeresgruppe Süd, comandato da von Manstein

Tuttavia, a quel punto era già ovvio che l’operazione Cittadella dei tedeschi era fallita. Lo stesso giorno, il 12 luglio, passarono alla controffensiva le truppe sovietiche del Fronte Ovest e del Fronte di Brjansk, il 15 luglio entrarono in azione le forze del Fronte Centrale.

Nel corso dell’offensiva che seguì, le truppe sovietiche avanzarono verso Ovest di 150 km. Il 5 agosto liberarono le città di Orjol e di Belgorod. A Mosca questo evento fu salutato con salve d’artiglieria (per la prima volta dall’inizio della guerra). Il 23 agosto l’Armata Rossa entrò a Kharkov. Così terminò la storica battaglia.

Soldati della Wehrmacht nei pressi di Prokhorovka

In sei settimane di combattimenti le perdite delle truppe sovietiche ammontarono a oltre 800 mila persone, di cui 255 mila furono uccise o risultarono disperse. I tedeschi persero da 400 a 500 mila uomini. 

“Le truppe corazzate, che con tanta difficoltà avevano ricevuto i rinforzi, per molto tempo furono messe fuori combattimento a causa delle pesanti perdite di persone e mezzi”, scrisse in seguito il generale tedesco Heinz Guderian. “La possibilità della loro tempestiva ricostituzione per la difesa ad Ovest, qualora fosse avvenuto lo sbarco, preannunciato dagli alleati per la primavera dell’anno successivo, fu messa in forse. Inutile dire che i russi si affrettarono a sfruttare il loro successo. Da allora sul fronte orientale non ci furono più giorni tranquilli”.

Due carristi sovietici siedono su un Panzer Tiger tedesco messo fuori uso

Dissanguati dai combattimenti, i tedeschi dovettero rinunciare alle grandi operazioni offensive. Lungo tutto il fronte russo-tedesco, dovevano ormai difendersi. L’Armata Rossa, invece, aveva saldamente in mano l’iniziativa strategica che non si lasciò più sfuggire fino alla fine della Seconda guerra mondiale.

LEGGI ANCHE: Così l’Unione Sovietica vinse la Seconda guerra mondiale 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie