“Kombat”, la vera storia dell’uomo diventato un simbolo della Seconda guerra mondiale

Maks Alpert/Sputnik; Dominio pubblico
Lo scatto del fotografo sovietico Maks Alpert è uno dei più celebri del conflitto. Ritrae un “comandante di battaglione” nell’attimo in cui lancia all’attacco i suoi uomini contro i nazisti e pochi minuti prima di morire. Ma solo trent’anni dopo la fine della guerra si è saputo di più su chi era realmente

La fotografia in bianco e nero del fotografo sovietico Maks Alpert (1899-1980) che ritrae un comandante sovietico, che chiama i suoi soldati per lanciare un contrattacco, è uno dei simboli della Grande Guerra Patriottica, insieme a “Bandiera della Vittoria” del fotografo Evgenij Khaldej e al manifesto “La madre Patria chiama!” del pittore georgiano Iraklij Toidze. Lo scatto di Alpert fu pubblicato sulla copertina di alcune riviste americane, mentre nella Repubblica del Congo, nel 1985, fu emesso un francobollo con la celebre immagine.

Alpert scattò la fotografia il 12 luglio 1942 al Fronte meridionale, durante un combattimento vicino a Voroshilovgrad (oggi Lugansk). Il fotografo intitolò lo scatto “Kombat”, perché pensava che l’uomo fosse davvero il “comandante del battaglione” (“kombat” è l’abbreviazione di “komandir bataljona”), nel quale il reporter era stato inviato. La vera storia del militare ritratto nella foto è diventata nota soltanto negli anni Settanta. 

Fu fotografato alcuni minuti prima di venir ucciso 

Nel suo libro di memorie, uscito nel 1962, Maks Alpert ricorda che il comando sovietico lo mandò alle postazioni di un battaglione che era appena arrivato sulla linea del fronte e si stava preparando per respingere la controffensiva dei tedeschi. Nelle trincee il fotografo trovò il comandante. 

“Era un uomo semplice e aperto, che prima della guerra aveva lavorato nell’amministrazione di una fabbrica”, ricordava Alpert.

La situazione però era molto tesa, e il fotografo decise di non distrarre nessuno e di non fare altre domande: “I soldati parlavano sottovoce e si stavano preparando al combattimento: controllavano e pulivano le armi, scrivevano lettere alle famiglie… Il Kombat mi ha dato il suo permesso per stare sempre accanto a lui in questi difficili minuti”. 

Un attimo prima dell’attacco, il Kombat si levò dalla trincea, alzò sopra la testa la sua pistola TT e diede l’ordine di cominciare l’attacco. “Gridando ‘Urrà’ i soldati si sono lanciati in avanti… sono riuscito a riprendere proprio questo momento… alcuni minuti dopo mi sono arrivate le parole  ‘Kombat è stato ucciso!’. Non ho fatto in tempo a chiedere il suo nome, perché mi è stato ordinato di tornare urgentemente allo Stato maggiore”. 

Trent’anni dopo

La foto che ritrae gli ultimi momenti della vita dell’uomo che conosciamo come Kombat fu soltanto una delle centinaia scattate quel giorno. È curioso che durante la guerra non fu mai pubblicata. Per decine di anni rimase nell’archivio privato del fotografo e soltanto nel 1974 fu finalmente pubblicata dalla “Pravda” in occasione della ricorrenza della Vittoria.

Dopo la pubblicazione della fotografia, Alpert ha cominciato a ricevere centinaia di lettere che pervenivano da tutte le parti del Paese. I mittenti sostenevano che l’uomo nella foto era un loro parente. Un reduce addirittura vi riconosceva se stesso. Dalla città di Zaporozhe arrivò una lettera, nella quale il Kombat veniva identificato come il trentaseienne “politruk” (“politicheskij rukovoditel”; “commissario politico”) Aleksej Gordeevich Erjomenko, disperso il 14 gennaio 1942. Alpert avrebbe archiviato questa lettera insieme alle altre (tanto più che la sua fotografia fu scattata 6 mesi dopo la data indicata), se nella busta non ci fossero state alcune fotografie, nelle quali il reporter effettivamente riconobbe il suo Kombat. 

Aleksej Erjomenko

Alpert decise così di indagare, e la sua ricerca durò due anni. Chiese che gli fossero mandate altre fotografie e interpellò gli archivi per avere delle informazioni sul “disperso” commissario Erjomenko. Alla fine venne a sapere che nel battaglione di Erjomenko era arruolato anche un suo omonimo, un allievo ufficiale che di cognome di chiamava Erjomenko, mentre il suo nome e patronimico avevano le stesse iniziali di Kombat: A.G. Era quest’altro A.G. Erjomenko il disperso del gennaio del 1942, ma la comunicazione era stata erroneamente indirizzata alla famiglia del commissario.

Chi era il Kombat

Aleksej Erjomeko, commissario politico caduto in guerra all’età di 36 anni, era nato il 18 marzo 1906 nel villaggio di Tersjanka del governatorato di Ekaterinoslav (oggi regione di Zaporozhe). La famiglia aveva molti figli, per cui già all’età di 14 anni dovette cominciare a lavorare come operaio delle ferrovie. Successivamente fu assunto da una fabbrica; in parallelo fece anche una carriera nel partito e fu nominato presidente del kolkhoz “Avangard”, specializzato in allevamento di bovini, suini ed equini.

Quando scoppiò la guerra, Erjomenko, essendo dirigente, fu esentato dal servizio, ma si arruolò come volontario. Nell’estate del 1942, quando fu scattata la foto, prestava servizio come sottocommissario politico. Tuttavia, nell’ultimo giorno della sua vita, quando fu ferito il comandante del battaglione, Erjomenko si assunse il comando e guidò i soldati all’attacco. Ecco perché il fotografo lo scambiò per il comandante. 

Aleksej Erjomenko fu sepolto in una fossa comune ai margini del villaggio Khoroshee, nella regione di Lugansk, dove più tardi fu eretto anche un monumento realizzato sulla base del celebre scatto. La sua immagine compare anche su due monete, coniate dalla Banca di Russia nel 1995 e nel 2000, su un francobollo delle poste russe e sul quadrante dell’orologio “Pobeda”, in un modello messo in vendita nel 1985.

LEGGI ANCHE: Venti incredibili foto scattate sul Fronte orientale della Seconda guerra mondiale 

Cari lettori, 

a causa delle attuali circostanze, c’è il rischio che il nostro sito internet e i nostri account sui social network vengano limitati o bloccati. Perciò, se volete continuare a seguirci, vi invitiamo a: 

  • Iscrivervi al nostro canale Telegram
  • Iscrivervi alla nostra newsletter settimanale inserendo la vostra mail qui
  • Andare sul nostro sito internet e attivare le notifiche push quando il sistema lo richiede
  • Attivare un servizio VPN sul computer e/o telefonino per aver accesso al nostro sito se risultasse bloccato nel vostro Paese

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie