La popolazione di Praga accoglie i combattenti della Resistenza ceca che parteciparono insieme all’Armata Rossa sovietica alla liberazione della Cecoslovacchia dai nazisti
SputnikLa mattina del 2 maggio 1945, il comandante di Berlino, il generale Helmuth Weidling, diede l’ordine ai resti della guarnigione della città di deporre le armi e arrendersi all’Armata Rossa. La pesante e sanguinosa battaglia per la capitale del Terzo Reich si concluse con la vittoria dell’Unione Sovietica. Ma la cattura della “tana della bestia nazista” non portò alla fine immediata della guerra.
Carro armato tedesco distrutto nelle strade di Praga, 1945
Getty ImagesIl nuovo governo tedesco di Flensburgo (città al confine con la Danimarca), guidato dal Grand’Ammiraglio Karl Dönitz (con la carica di Reichspräsident; “Presidente del Reich”), aveva ancora grandi contingenti militari in Cecoslovacchia e in Austria. I nazisti speravano di trovare un accordo con gli alleati occidentali e di combattere con loro in un fronte unito contro i russi, oppure di cedere loro queste regioni prima che l’Armata Rossa si avvicinasse.
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L’Heeresgruppe Mitte (Gruppo d’armate Centro), schierato nella Boemia centrale e occidentale al comando del feldmaresciallo generale Ferdinand Schörner, contava circa 900 mila uomini. Ad essi si opponevano le forze di tre fronti sovietici: Il 1° Fronte ucraino del maresciallo Ivan Konev, il 2° Fronte ucraino del maresciallo Rodion Malinovskij e il 4° Fronte ucraino del maresciallo Andrej Eremenko, che comprendevano formazioni militari alleate polacche, romene e cecoslovacche, per un totale di due milioni di uomini. Si noti che “Fronte” (“front” in russo) nella terminologia tradizionale russa e sovietica è equivalente a un “gruppo d’armate” degli eserciti occidentali.
Offensiva di Praga (6-11 maggio 1945). Antonín Sochor, comandante della compagnia di mitraglieri del 1° battaglione di fanteria della 1ª brigata di fanteria cecoslovacca distaccata come parte del 51° corpo di fucilieri della 38ª armata del 1° Fronte ucraino
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Praga, in quanto maggiore snodo dei trasporti della regione, fu scelta come obiettivo principale per l’ultima grande operazione dell’Armata Rossa in Europa. Konev, che era il più vicino alla capitale ceca, doveva sfondare da nord passando per Dresda, mentre Malinovskij ed Eremenko dovevano avanzare da sud e da est. Le truppe dovevano circondare, smembrare e sconfiggere il raggruppamento nemico, impedendo la sua ritirata verso ovest per la successiva resa agli americani.
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Batteria di artiglieria vicino a Praga
SputnikL’inizio dell’operazione era previsto per il 7 maggio, ma il 5 maggio scoppiò una rivolta a Praga. Il Consiglio nazionale ceco (“Česká národní rada”, formato da comunisti e sindacalisti rivoluzionari), che ne era a capo, si appellò via radio ai sovietici per ottenere assistenza al più presto. Di conseguenza, l’offensiva fu anticipata di un giorno.
“Le fragorose raffiche dei lanciarazzi Katjusha delle Guardie rompevano il silenzio teso del fronte. Sistemi di artiglieria di tutti i calibri rispondevano all’unisono”, così ricordò il comandante della 5ª Armata della Guardia, il generale Aleksej Zhadov, la sera del 6 maggio: “Il tornado di fuoco alla fine della preparazione dell’artiglieria non si è placato, ma è aumentato nella sua potenza e forza distruttiva. Entrando lentamente in profondità nella difesa nemica, ha spazzato via tutto ciò che incontrava: forza umana ed equipaggiamento del nemico, potenza di fuoco, rifugi, strutture di comunicazione, punti di comando e di osservazione. In seguito, carri armati e fanteria hanno attaccato risolutamente il nemico lungo tutto il fronte”.
Le truppe del 1° Fronte Ucraino furono le prime a prendere l’offensiva; durante la prima notte erano penetrate per 10-12 km nella difesa nemica. “In condizioni normali si sarebbe potuti essere abbastanza soddisfatti dei risultati ottenuti”, scrisse il maresciallo Konev nelle sue memorie: “Ma tenendo conto della situazione a Praga, quando ogni ora era preziosa, chiesi… un ritmo più elevato dell’offensiva. La fanteria aveva il compito di percorrere 40-45 chilometri nelle successive 24 ore, e i carristi 50-60. Fu ordinato loro di avanzare giorno e notte, senza badare alla fatica o a qualsiasi interferenza”.
Il nemico cercò di resistere all’avanzata dell’Armata Rossa, contrattaccando, minando il terreno, facendo saltare i ponti e gettando carri armati e camion guasti sulle strade. Ciononostante, le truppe di tutti e tre i fronti riuscirono a sfondare la difesa nemica in tutta la sua lunghezza, a superare i Monti Metalliferi (Erzgebirge), a conquistare Dresda e ad avvicinarsi a Praga.
Un raro momento di riposo dei soldati, per recuperare le forze, durate l’Offensiva di Praga
Georgij Lipskerov/МАММ/MDF/russiainphoto.ruDopo la firma dell’atto di resa incondizionata della Germania a Reims il 7 maggio, il raggruppamento nemico non depose le armi, ma iniziò a forzare la strada verso ovest. “Le intenzioni di Scherner erano di combatterci fino all’ultima occasione e, nel momento critico, di sfuggirci e capitolare nelle mani di coloro contro cui non aveva combattuto”, ha osservato Konev.
E se il Feldmaresciallo riuscì a farsi catturare, come voleva, dagli americani (che lo avrebbero però consegnato all’Urss alla fine di maggio), le sue truppe non riuscirono a farlo. Il 9 maggio, alle 4 del mattino, dopo una rapida marcia di 80 chilometri, il 10° corpo di carri armati della 4ª armata della Guardia del 1° Fronte ucraino irruppero a Praga. Ben presto le forze degli altri fronti si avvicinarono alla città. Con la conquista della capitale, i tedeschi si trovarono tagliate le vie della ritirata verso ovest.
Marcia a tappe forzate della 63ª brigata di carri armati di Cheljabinsk verso Praga, maggio 1945
MAMM/MDF/russiainphoto.ru“I cechi ci accolsero magnificamente”, ha ricordato il carrista Vasilij Moskalenko: “I ragazzi correvano verso i carri armati, come per un ordine, con secchi di acqua fredda. Per noi, dopo la marcia, era come il miele. Si avvicinavano a ogni carro armato e ce la offrivano. A quei tempi c’erano già i lillà e venivano distribuiti a bracciate a ogni carrista. La gente, dai più piccoli ai più grandi, gridava di gioia e ci afferrava le mani. Ci baciavano e ci abbracciavano”.
L’8 maggio (9 maggio, ora di Mosca), nel sobborgo berlinese di Karlshorst, fu rifirmato l’atto di capitolazione della Germania, che poneva fine alla guerra in Europa. Tuttavia, le ostilità continuarono. L’Armata Rossa inseguiva gruppi sparsi del nemico, che cercavano di raggiungere gli eserciti occidentali.
Soldati della compagnia di carri armati delle guardie del tenente anziano Sotnikov sui “Panther” tedeschi conquistati al nemico vicino a Praga
SputnikIl 10 e l’11 maggio le unità del 1° e del 2° Fronte ucraino entrarono in contatto con le unità americane nei pressi di Chemnitz, Pilsen e Karlovy Vary. Combatterono anche insieme contro i tedeschi. Presso il villaggio di Slivice i sovietici, con il supporto dell’artiglieria della III Armata statunitense, sconfissero il raggruppamento del Gruppenführer delle SS Carl Friedrich von Pückler-Burghauss, che era stato bloccato dai partigiani cecoslovacchi.
Soldati dell’esercito hitleriano fatti prigionieri marciano vicino a un mezzo militare semidistrutto
Fedor Levshin/SputnikDurante l’Offensiva di Praga, l’Armata Rossa sconfisse l’ultimo grande raggruppamento tedesco, catturando più di 850 mila soldati, tra cui 60 generali. Le perdite pesantissime del nemico furono di alcune decine di migliaia di uomini, quelle sovietiche furono 11 mila.
Gli abitanti di Praga accolgono con i fiori i liberatori sovietici
SputnikNel suo libro di memorie “Quarantacinque” il maresciallo Ivan Konev scrisse: “Quando visito il cimitero Olšany a Praga, dove si trovano le ceneri dei nostri soldati e ufficiali caduti durante l’Offensiva di Praga, leggo con un sentimento triste sulle lapidi decorate con fiori le tombe con la ‘9 maggio’. La guerra era già finita, e questi uomini sono morti qui alla periferia di Praga quando tutto il nostro Paese stava già celebrando la vittoria, morendo nelle ultime battaglie con il nemico, portando senza paura l’impresa fino alla sua conclusione.
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