“Oprichniki”, dipinto del pittore russo Nikolaj Nevrev degli anni Settanta dell’Ottocento
Dominio pubblicoNel XVI secolo, i boiardi e gli altri nobili si vestivano in maniera molto vistosa: i colori predominanti erano oro, rosso scarlatto e arancione. Sullo sfondo dei nobili, gli oprichniki, con la loro veste nera, sembravano dei monaci. Eppure, fu lo stesso Ivan il Terribile a vestire in questo modo 1000 uomini del suo esercito privato.
“Oprichnik”, disegno del pittore russo Vjacheslav Shvarts (1838-1869)
SputnikCol tempo, il numero di tali guerrieri fu portato a quasi 6.000. Come in un film fantasy, tutti loro erano accomunati dalla disciplina monastica e pregavano insieme nella chiesa privata dello Zar, chiusa a tutti gli altri. Entrando nell’opríchnina, molti di questi uomini dovettero rinnegare le loro famiglie.
Oprichnina deriva dalla parola “oprich”, che significa “tranne”, “ad eccezione di”. Prima di Ivan il Terribile, con questa parola si indicavano i beni del principe defunto che spettavano alla sua vedova. I figli del principe ereditavano tutto, “oprich”, cioè “tranne”, quella parte dei beni che restava alla vedova e si chiamava, per l’appunto, “oprichnina”.
Andrej Kurbskij, prima amico e poi oppositore di Ivan il Terribile, chiamava i fedelissimi dello Zar “kromeshniki”, cioè “esseri delle tenebre”, alludendo così all’inferno scatenato da questi uomini. “È ben noto che nei dialetti del popolo russo il termine ‘kromeshniki’ indica l’insieme degli spiriti maligni e degli esseri che popolano il mondo dell’aldilà”, scrivono gli storici Igor Kurukin e Andrej Bulychev nel loro libro dedicato alla vita quotidiana degli oprichniki. In tal modo, nell’intento dello Zar che istituì l’ oprichnina, i suoi guerrieri dovevano associarsi al castigo.
Con l’aiuto dell’oprichnina Ivan il Terribile lottò contro le “oligarchie” di allora. I grandi proprietari terrieri, in primo luogo i principi rjurikidi (discendenti di Rjurik, principe di Velikij Novgorod), controllavano le popolazioni e i redditi di vasti territori. Si opponevano all’imposizione dei redditi, introdotta dallo zar, e ai funzionari mandati dal centro, e volevano continuare a essere l’unico potere nei loro territori, come ai tempi dei principati indipendenti.
Cremlino di Alessandro, XVI secolo. Incisione tratta dal libro “Viaggio in Russia” dell'ambasciatore Daniel Jacob Ulfeldt. Inizio del XVII secolo
Dominio pubblicoDopo oltre 15 anni di lotta, Ivan IV decise di dividere il territorio del suo Stato in due parti ineguali – la zemshchina (dove restava il vecchio sistema di amministrazione) e l’oprichnina. Dell’oprichnina facevano parte soltanto i territori e le famiglie nobili che gli avevano giurato fedeltà. Tutti gli altri restarono dentro il vecchio sistema della zemshchina.
Un grosso problema per lo zar derivava dal fatto che i nobili malvolentieri aderivano alle campagne militari, sebbene proprio i principi e i boiardi costituissero le unità di cavalleria dell’esercito russo. Questo problema si manifestò con una forza particolare durante la guerra contro il Khanato di Kazan. Aleksandr Zimin (1920-1980), il più autorevole storico esperto del periodo dei boiardi, conferma che i principi litigavano in continuazione su chi fosse più nobile e chi, quindi, dovesse comandare. Discutevano tra loro invece di attaccare Kazan! Lo zar a fatica riusciva a ricomporre queste liti che si dicevano “mestnicheskie” (dalla parola “mesto”; “posto”, “posizione”, perché si trattava, appunto, dei posti di comando). Alla fine si stufò, perché comandare in maniera razionale un esercito in tali condizioni era impossibile!
Aleksandrov, Regione di Vladimir, Aleksandrovskaja Sloboda (XV sec.)
Sergej Bobylev/TASSAllora creò il corpo degli oprichniki, anch’esso composto da principi, altri nobili e “figli dei boiardi” (piccola nobiltà), provenienti però non da Mosca, ma da antiche città russe come Suzdal, Vjazma, Mozhajsk e da altri territori storici. Chi entrava nella nuova struttura veniva interrogato personalmente dallo zar, che faceva domande sui parenti, sull’esperienza militare e sui contatti con altre persone. Questo interrogatorio era di tipo incrociato, perché le risposte dovevano essere confermate da altre persone, provenienti dagli stessi territori. A un severo interrogatorio venivano sottoposti anche i magazzinieri, i panettieri, i macellai, gli stallieri: insomma, tutti coloro che prestavano servizio nelle residenze, nelle fortezze e nelle città, comprese nell’oprichnina, perché non ci doveva essere neanche una persona proveniente dalla zemshchina.
Di conseguenza, le liti per i posti di comando erano escluse, gli oprichniki avevano un unico comandante: lo zar. I voivodi e i principi di Mosca non potevano dare loro ordini.
Lo zar non fece altro che confiscare le migliori terre ai principi e ai boiardi delle vecchie famiglie, facendoli trasferire in altri posti. A chi veniva sfrattato non si dava il tempo per preparare il trasferimento, potevano prendere soltanto le cose che erano fisicamente in grado di portare. Gli oprichniki esercitarono un vero terrore nei confronti dell’élite di Mosca.
Ogni membro dell’oprichnina prestava giuramento. Secondo Johann von Taube e Elert Kruse, due avventurieri, originari della Livonia, che erano al servizio dello zar di Mosca, il giuramento diceva: “Giuro di non mangiare e non bere insieme ai membri della zemshchina, e di non avere con loro nulla in comune”. Il tedesco Heinrich von Staden (1542–?), lui stesso membro dell’oprichnina, aggiungeva: “In conformità al giuramento, gli oprichniki non dovevano né parlare con quelli della zemshchina, né sposare le loro donne. Se qualcuno dell’oprichnina aveva nella zemshchina suo padre e sua madre, non li poteva visitare”. I divieti erano rigidamente controllati; lo stesso von Staden riferiva che gli oprichniki, se sorprendevano uno di loro mentre parlava con qualcuno della zemshchina, uccidevano entrambi.
“Mosca ai tempi di Ivan il Terribile. La Piazza Rossa”, dipinto di Apollinarij Vasnetsov del 1902
Dominio pubblicoScrivono Taube e Kruse: “Quando un oprichnik e uno zemets si incontrano, l’oprichnik afferra lo zemets per il collo e lo trascina in tribunale; sebbene non l’avesse visto mai prima, e non gli avesse mai parlato, lo denuncia, dichiarando che il tizio ha denigrato lui o, addirittura, tutta l’oprichnina; pur sapendo che non è vero, il granduca dà ragione al querelante e gli aggiudica tutti i beni del querelato, e quest’ultimo viene picchiato mentre viene condotto per le strade, e poi decapitato o chiuso in prigione fino alla fine dei suoi giorni”.
“Gli oprichniki (o prescelti), quando vanno a cavallo, devono avere dei segni distintivi noti e ben visibili, e cioè: una testa di cane appesa al collo del cavallo, e una scopa attaccata al manico della frusta. Ciò significa che prima mordono come cani e poi, con la scopa, ripuliscono il Paese da tutto quello che non serve. I fanti devono vestire un soprabito ruvido, da mendicante o da monaco, foderato con pelliccia di montone, ma sotto devono indossare indumenti di lana ricamati in oro, con pelliccia di zibellino o di martora”, scrivono Taube e Kruse. Anche i cavalli degli oprichniki erano speciali, perché non tutti gli animali sono in grado di non reagire a una testa di cane appesa al loro collo.
Ivan il Terribile, dipinto antecedente al 1916
Klavdij Lebedev/Dominio pubblicoSempre Taube e Kruse: “Tutti i ‘frati’… devono portare lunghi bastoni neri, come quelli dei monaci, con una punta aguzza, tali da poter rovesciare a terra un contadino, nonché coltelli, da tenere sotto il soprabito, lunghi un’auna o anche di più, affinché, quando si decide di uccidere qualcuno, non si debba chiamare un boia o chiedere una spada, avendo, invece, tutto già pronto per le torture e le esecuzioni”.
Gli oprichniki pattugliavano le strade di Mosca in gruppi (“compagnie”) di 10-20 persone. “Ogni compagnia sceglieva un elenco di boiardi, funzionari, principi o mercanti. Quelli neanche sapevano quale fosse la loro colpa, e che erano già condannati. Ciascuno di loro, ignaro, andava al lavoro nei tribunali o nelle cancellerie, ma in realtà andava incontro alla morte”, commentavano il terrore dell’oprichnina Taube e Kruse.
Certo, non tutti i 1000 o 6000 oprichniki appartenevano all’“ordine monastico”. Soltanto un nucleo di 100-300 persone, che vivevano con lo zar ad Aleksandrovskaja sloboda assomigliavano davvero a una comunità monastica, e per loro lo zar era come un “egumeno”.
“Ivan il Terribile e Maljuta Skuratov”, dipinto del pittore russo Grigorij Sedov (1836-1884)
Dominio pubblicoAlle 4 di mattina, ogni giorno, Ivan il Terribile e il suo sagrestano (Maljuta Skuratov) salivano sul campanile per suonare le campane. Per gli oprichniki della corte era il segnale per recarsi in chiesa. Chi mancava alla preghiera, veniva punito con otto giorni di penitenza, indipendentemente dalla nobiltà della sua famiglia. Dalle 4 alle 7, lo Zar e i suoi uomini cantavano preghiere, poi si fermavano per un’ora; alle 8 riprendevano a pregare e andavano avanti fino alle 10. Soltanto dopo questo si poteva procedere alla colazione. “Lui, come egumeno, resta in piedi, mentre quelli mangiano”, scrivevano Taube e Kruse. “Ogni frate deve venire a tavola con un bicchiere, un vaso e un piatto; a ciascuno vengono serviti cibo e bevande, molto costosi, che includono anche vino e miele; quello che non è stato mangiato e bevuto, si deve mettere nei vasi e nei piatti, e distribuire ai mendicanti, ma il più delle volte il tutto viene portato a casa. Alla fine della refezione, anche l’egumeno si avvicina al tavolo. Dopo aver finito di mangiare, soltanto in poche occasioni non si reca nelle camere di tortura, dove costantemente sono tenute molte centinaia di persone”.
Il campanile della Chiesa della Crocifissione ad Aleksandrovskaja Sloboda
Sergej Ashmarin (CC BY-SA 3.0)Dopo le fatiche della giornata che, davvero, spesso consistevano in interrogatori, nel corso dei quali le persone venivano torturate, lo zar andava a cena. La cena era abbinata alle preghiere e poteva durare fino a 9 ore. “Dopo ciò, egli va nella sua camera, dove al suo servizio ci sono tre anziani ciechi”, scrivono Taube e Kruse. Così finiva la giornata dello Zar nella cittadella dell’oprichnina.
Lo zar non riuscì a raggiungere i suoi obiettivi. Non riuscì a minare la forza dei boiardi di Mosca e dei grandi proprietari terrieri; l’oprichnina servì soltanto a creare un esercito di “tenebrosi” che derubavano la semplice gente.
Nel 1571, quando la Moscovia fu invasa dai tatari di Crimea, guidati da Devlet I Giray, l’esercito dell’oprichnina, scoraggiato dalla forza dei tatari, non venne in difesa della città. Con gli oprichniki si riuscì a formare soltanto un reggimento, mentre le terre della zemshchina ne mandarono cinque. Mosca venne bruciata.
Dopo ciò Ivan il Terribile decise di abolire l’oprichnina, perché, nel frattempo, si erano profilati dei problemi più seri (causati in parte dal sistema che veniva abolito): Mosca fu sconfitta dalla Confederazione polacco-lituana e perse la Guerra di Livonia, mentre gli svedesi occuparono alcune fortezze russe, che non intendevano restituire. Il regno di Ivan il Terribile stava andando incontro ad un futuro assai incerto.
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