Così in Russia il punch si trasformò nella bevanda più amata dagli ussari e dagli scrittori

Una scena tratta dal film "Gusarskaja ballada", regia di Eldar Rjazanov, 1962

Una scena tratta dal film "Gusarskaja ballada", regia di Eldar Rjazanov, 1962

Mosfilm
Una variazione della ricetta originale, chiamata zhzhjonka, fu alla moda in tutto l’Ottocento, diventando un attributo obbligatorio alle feste degli ufficiali e poi nei circoli letterari russi

La ricetta di questa bevanda alcolica fu portata in Russia dagli ufficiali dell’esercito russo che parteciparono alle guerre contro Napoleone. Simile per composizione e per preparazione a un normale punch (che in russo è entrato nel vocabolario come “пунш”; ”punsh”), sotto l’influenza degli ussari cambiò e ricevette il nuovo nome, pur mantenendo la sua forza e il suo effetto piacevole.

Il punch russo

In senso stretto, la zhzhjónka (жжёнка) può essere definita una sorta di punch. Nel 1803 il gastronomo francese Grimod de la Reynière, nel suo  “Almanach des Gourmands”, ne descriveva l’effetto come segue: “Il punch rende allegri, riscalda l’immaginazione e non ti fa quasi mai ubriacare”. In Russia quest’ultima affermazione è molto contestabile.

Una scena tratta dal film

Essendo finita nelle mani degli ufficiali russi, la ricetta cambiò e la frase “non ti fa quasi mai ubriacare” divenne inapplicabile. Preparato dagli ussari, il punch diventava estremamente spettacolare: un enorme tino veniva riempito di vino, vi si ponevano due spade incrociate e un intero pan di zucchero (fino alla fine del XIX secolo lo zucchero era venduto in grossi pezzi di forma conica), che veniva inzuppato di rum. Il cono di zucchero veniva quindi incendiato e lo zucchero bruciato colava nel vino prima di essere spento con lo champagne. È grazie a questo “fuoco” che la bevanda ha preso il suo nome di “zhzhjónka”. In russo infatti “zhech” (“жечь”) vuol dire “bruciare”; “dare alle fiamme” e “zhzhjonyj” (“жжёный”) significa “cotto”. 

La ricetta aveva anche delle varianti: a volte il rum veniva sostituito con il cognac, si poteva usare sia il vino rosso che quello bianco, e ogni tanto si aggiungeva della frutta. In condizioni di marcia militare, la zhzhjonka veniva preparata con qualsiasi cosa si trovasse a portata di mano, soprattutto per riscaldarsi in inverno e per farsi coraggio prima di un combattimento. Ma in tempo di pace la preparazione si trasformò in un vero rituale. 

Una scena tratta dal film

Il conte Osten-Saken, che era stato un ussaro, ricordò la tradizione degli ufficiali: “La bevuta di zhzhjonka aveva sempre un aspetto bellicoso: la stanza era rivestita di tappeti; al centro, sul pavimento, in un recipiente si bruciava lo zucchero inbevuto di rum, in un modo che ricordava il falò di legna da ardere nei bivacchi; tutt’intorno c’erano diverse file di bevitori con le pistole in mano, sigillate con ceralacca. Quando lo zucchero si era sciolto, si versava lo champagne nel recipiente, poi si riempivano le pistole di zhzhjonka calda e si iniziava a bere”.

Una scena tratta dal film

La zhzhjonka era soprannominata “gusarska” (ossia “ussara”), perché i discendenti di famiglie ricche e importanti, la “gioventù d’oro” del XIX secolo, prestavano servizio nei reggimenti di ussari. Gli ussari erano tra i pochi a potersi permettere un intrattenimento così costoso: lo stipendio di un ufficiale era di circa 395 rubli all’anno, con i quali doveva pagare un appartamento, mantenere un cavallo, comprare uniformi costose e spendere anche per il cibo. Una bottiglia di champagne costava 2 rubli, il vino francese 50 copechi e una libbra di zucchero (circa 16 chili) circa 40 rubli. Le bevande erano molto costose e, vista la reputazione degli ussari di scavezzacolli e donnaioli, è facile immaginare quanto venisse speso per tali baldorie. 

Un drink da letterati

Sottufficiali del Reggimento degli Ussari, 1838, Museo di storia militare, San Pietroburgo

La moda di questa bevanda si diffuse oltre i confini del reggimento ussaro, attecchendo nei circoli letterari e studenteschi. Aleksandr Pushkin (1799-1837) era un grande amante della zhzhjonka. Ivan Liprandi (1790-1880), amico del poeta, generale e storico russo di padre piemontese, ricorda nelle sue memorie questo aneddoto: lui, Pushkin e i colonnelli Orlov e Alekseev si riunirono in compagnia amichevole e si recarono in una sala da biliardo, dove decisero di bere la zhzhjonka. In totale ne scolarono tre vasi, che ebbero un effetto prevedibile sul poeta: “Pushkin divenne allegro e cominciò ad avvicinarsi ai lati del tavolo da biliardo e a disturbare il gioco. Orlov gli diede dello scolaretto e Alekseev aggiunse che agli scolari bisogna dare una lezione… Pushkin si allontanò di corsa da me e, spostando tutte le palle sul tavolo da gioco, non rimase certo indietro con le parole: l’incidente si concluse con il fatto che sfidò entrambi a duello, e io fui invitato come padrino”. Grazie alla mediazione dello stesso Liprandi il caso fu messo a tacere: Orlov e Alekseev si scusarono con Pushkin e il duello fu annullato.

Ivan Petrovich Liprandi

Anche Mikhail Lermontov (1814-1841), che aveva imparato a preparare la bevanda quando era ancora alla scuola militare, scrisse con affetto della zhzhjonka, e lo stesso Nikolaj Gogol (1809-1852) la preparava per i suoi ospiti. La zhzhjonka rimase popolare per tutto il XIX secolo. Nel libro “Il passato e i pensieri”, pubblicato nel 1870, Aleksandr Herzen (1812-1870) ricordava come al compleanno di un amico, ai tempi in cui erano studenti, ne avesse bevuta troppa: “Il giorno dopo mi faceva male la testa e avevo la nausea. Ovviamente si trattava della zhzhjonka; un bel miscuglio! E da lì presi la decisione sincera di non bere mai più la zhzhjonka, che è un veleno”.

Gruppo di ufficiali del Reggimento degli Ussari, 1900 circa

Alla fine del XIX secolo, la popolarità della zhzhjonka cominciò a scemare: la moda era passata, e anche la struttura dei reggimenti di ufficiali era fortemente cambiata, e poche persone potevano permettersi un piacere così costoso. Nel XX secolo la zhzhjonka cominciò a essere bevuta solo alla cerimonia di iniziazione degli ussari, e dopo la Prima guerra mondiale la bevanda fu completamente dimenticata.


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