Cinque fatti su Georgij Chicherin, il nobile che divenne il primo ministro degli Esteri sovietico

Dominio pubblico
Discendente di un’antica famiglia nobile, pochi mesi dopo la Rivoluzione fu scelto come commissario del popolo. Potrebbe sembrare un fatto strano, ma in realtà il suo avvicinamento alle idee socialiste non fu certo una conversione di comodo dell’ultima ora

1 / Aveva una pessima biografia per un bolscevico

Georgij Chicherin nel 1900

Il 24 novembre 2022 ricorreva il 150° anniversario della nascita di Georgij Chicherin (1872-1936). Suo padre era un membro dell’antica casata nobile dei Chicherin, nota sin dalla fine del XV secolo. Sua madre, la baronessa Mejendorf, veniva invece da una famiglia di famosi diplomatici al servizio della Russia. La ricca famiglia apparteneva all’élite nobiliare dell’Impero Russo. Insomma, sembrerebbe impossibile per un uomo con un simile background avversare l’autorità zarista. Ma, paradossalmente, fu proprio la sua educazione da nobile a far diventare Chicherin un comunista.

Suo padre era divenuto un seguace della dottrina evangelica del Pietismo, promossa in Russia dall’inglese Granville Waldegrave, III barone Radstock. Uno dei principi della dottrina era la carità. Il vero credente doveva rafforzare la sua fede con le opere, cioè con la cura dei poveri. Gli evangelici si impegnarono nell’educazione dei contadini, finanziando l’apertura di scuole e ospedali. Anche i genitori di Georgij erano coinvolti in queste opere caritatevoli e la madre portava spesso il figlio con sé alle riunioni evangeliche. Le verità apprese in quel luogo contrastavano fortemente con il rigido stile di vita patriarcale della Russia zarista della fine del XIX secolo.

2 / Entrò al Ministero degli Esteri ancora ai tempi dello zar

Georgij Chicherin nel suo studio, 1926

Il padre di Georgij era un alto funzionario del Ministero degli Esteri, ma dedicò gli ultimi anni della sua vita alla carità, secondo gli ideali del Pietismo. Morì quando Georgij aveva appena dieci anni, ma grazie ai legami familiari, Georgij, laureatosi presso il Dipartimento di Storia e Filologia dell’Università di San Pietroburgo, entrò a 26 anni al Ministero degli Esteri subito con il grado piuttosto elevato di segretario di collegio.

Nel 1904, per migliorare la sua salute, Chicherin si recò in Europa, dove fu introdotto alle idee socialiste. Nel 1905 era già membro del Partito Operaio Socialdemocratico Russo e non tornò nella Russia sconvolta dalla Rivoluzione del 1905. 

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La sua posizione finanziaria gli permise di sostenere finanziariamente i socialdemocratici russi, cosa che preoccupò i servizi segreti britannici. Nel 1914 divenne membro del Partito socialista britannico. Nell’agosto del 1917, dopo la caduta del regime zarista, avvenuta in seguito alla Rivoluzione di febbraio, Chicherin fu arrestato dalle autorità britanniche come minaccia alla sicurezza pubblica e alla capacità di difesa della Gran Bretagna. Solo dopo due note di Lev Trotskij, dopo la Rivoluzione d’Ottobre Commissario del Popolo agli Affari Esteri della Rsfsr (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa), Chicherin fu rilasciato. Giunto a San Pietroburgo, divenne subito vice di Trotskij e, nel febbraio 1918, su iniziativa di Lenin, prese il suo posto (Trotskij passò agli Affari militari e navali).

3 / Partecipò alla firma del Trattato di Brest-Litovsk 

Georgij Chicherin (il quarto da sinistra) ai colloqui di pace di Brest

Nel suo nuovo incarico Chicherin si trovò subito di fronte all’arduo compito di concludere la pace con tutte le potenze contro cui la Russia zarista aveva combattuto nella Prima Guerra Mondiale. All’epoca, la Rsfsr (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa), che si era appena costituita come Stato, era invischiata nella Guerra civile, per cui la fine delle ostilità nella Prima guerra mondiale era probabilmente l’unico modo per salvare la sovranità del Paese, dove erano intervenute molte potenze straniere in funzione anti-comunista. 

Chicherin faceva parte della delegazione russa che firmò il Trattato di pace di Brest-Litovsk il 3 marzo 1918, in base al quale la Russia smobilitò l’esercito e la marina e cedette un quarto del suo territorio europeo e un terzo della sua popolazione ad altri Paesi. Per la Russia sovietica il Trattato di Brest fu un fallimento politico. 

Georgij Chicherin raffigurato in un libro per bambini, 1926

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Parlando al IV Congresso russo dei Soviet il 14 marzo, sulle condizioni del Trattato di Brest, Chicherin terminò il suo discorso con le parole “siamo stati costretti a firmare con una pistola puntata alla fronte”. Gli articoli della stampa sovietica definirono senza mezzi termini la pace di Brest come un “suicidio”, ma solo la rinuncia all’azione militare dava alla repubblica sovietica la forza necessaria per preservare in vita lo Stato. Nonostante le critiche, Chicherin continuò il suo lavoro come Commissario del Popolo (ministro) per gli Affari Esteri della Rsfsr. In tale veste fu incaricato di stabilire relazioni diplomatiche con diversi Paesi. Il trionfo di Chicherin fu la Conferenza di Genova dell’aprile 1922, in cui la Rsfsr fu presentata per la prima volta come Stato sovrano.

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4 / Aveva uno stile di lavoro assolutamente non autoritario 

Georgij Chicherin in vestaglia e cappello mongolo durante il ricevimento di una delegazione mongola, 1925

Non avendo famiglia, Chicherin, nonostante la sua alta posizione, che gli permetteva di godere di tutti i privilegi da ministro, viveva di fatto all’interno del ministero. “Sul piano materiale, la Rivoluzione non gli dette nulla. Era uno di quei pochi rivoluzionari che in precedenza avevano tutto: ricchezza, potere e una posizione nella gerarchia imperiale”, ha scritto la giornalista americana Bessie Beatty, che conobbe personalmente il commissario.

Perfezionista e desideroso di capire tutto da solo, Chicherin pose le prime basi del suo ministero. Inoltre, non si limitava a lavorare fino a tardi: spesso preferiva lavorare di notte, cosa di cui si lamentavano i suoi subordinati. Chicherin ricordò in seguito che durante l’ascesa del potere sovietico dovette lavorare a volte 18 ore al giorno. 

“Chicherin è uno splendido lavoratore, coscienzioso, intelligente e preparato. Queste persone dovrebbero essere apprezzate. Che il suo punto di debolezza sia una certa mancanza di capacità di comandare non è un problema. Non mancano certo al mondo quelli con il problema inverso!”, disse di lui Lenin.

5 / Era un ottimo conoscitore della musica

Georgij Chicherin aveva imparato a suonare il pianoforte fin da piccolo. Nella tenuta di Tambov dello storico Boris Chicherin, suo zio, la famiglia si riuniva spesso per ascoltare il futuro diplomatico suonare. Chicherin considerava l’amore per la musica come una delle componenti principali della sua vita. In una lettera al fratello scrisse: “Nella mia vita ho avuto la Rivoluzione e Mozart; la rivoluzione è il presente e Mozart l’anticipazione del futuro”. Prima ancora di dimettersi, nel 1930, dalla carica di Commissario agli Affari Esteri (ormai dell’Urss, nata il 30 dicembre 1922), Chicherin aveva terminato la scrittura di un libro su Mozart.

La vestaglia di Georgij Chicherin fu un regalo della delegazione dell’Emirato di Bukhara nel 1920. È stata esposta nella mostra

Appartenente all’intellighenzia pre-rivoluzionaria, non assomigliava alla maggior parte dei commissari di Stalin. A Genova, ad esempio, Chicherin stupì gli stranieri non per la sua forza e la sua durezza, ma per la cultura enciclopedica e per il fatto che parlava correntemente il francese e l’inglese, senza bisogno di interpreti. Al posto di scarponi e stivali di cuoio, poteva apparire in abiti nazionali uzbeki o mongoli, che riceveva in dono dai diplomatici orientali (le famose “vestaglie di Chicherin” sono oggi esposte nei musei del Cremlino di Mosca). A causa di questa passione, Chicherin veniva scherzosamente definito “il capo della fazione orientale”. Tuttavia, anche le vestaglie servivano alla sua causa. Ad esempio, incontrò una delegazione dell’Emirato di Bukhara indossando la sua vestaglia di Bukhara, dimostrando così la sua apertura e il suo desiderio di dialogo.  

Le dimissioni di Chicherin furono dovute al suo generale disaccordo con la politica di Stalin di affidare la guida del Paese al Partito Comunista. “Il primato del partito sull’attività statale”, scrisse Chicherin, “significa la paralisi del potere statale”.

In seguito visse una vita appartata: d’estate alla dacia, per la maggior parte dell’anno in un appartamento di Mosca, dove morì nel 1936. 

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