“Lev Tolstoj, come specchio della rivoluzione russa”: questa frase, diventata una celebre citazione, è in realtà il titolo di un articolo di Lenin. Lo scrisse nel 1908, mentre era in esilio a Ginevra. E lo pubblicò su un giornale clandestino bolscevico, il “Proletarij”, senza firma.
Alla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, quando i bolscevichi sarebbero andati al potere, mancavano ancora quasi dieci anni, e qui Lenin si riferiva alla prima rivoluzione russa, quella del 1905-1907, ma anche al processo rivoluzionario nel suo complesso, all’idea stessa di “rivoluzione” e di una “rivoluzione russa”.
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Vladimir Lenin
Legion MediaTolstoj (1828-1910) e Lenin (1870-1924) sembrerebbero due poli opposti, e tra loro c’era in effetti un abisso. Lo scrittore era un conte, un classico della letteratura ottocentesca, un credente profondamente cristiano. Il leader bolscevico, era sì un intellettuale, ma ateo, propagandista della rivoluzione comunista, sostenitore del rovesciamento della monarchia e di tutti i vecchi ordini nobiliari; un combattente implacabile. Lenin non aveva certo bisogno dell’approvazione dell’anziano scrittore, eppure, per i suoi scopi propagandistici, sfruttò magistralmente la figura di Tolstoj, star indiscussa della scena nazionale e autore più influente a inizio Novecento in Russia.
Il leader del proletariato mondiale scrisse questo articolo (“Лев Толстой, как зеркало Русской Революции”; “Lev Tolstoj, kak zérkalo rússkoj revoljútsii”) in occasione dell’80° compleanno di Tolstoj. In un momento in cui, secondo lui, l’intera stampa ufficiale russa era “piena di ipocrisia”. Mentre tutti ricordavano le opere del classico e la loro grandezza artistica e le sue dottrine filosofiche, Lenin si concentrò sulle visioni politiche e sociali.
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Vladimir Lenin tiene un discorso di agitazione come presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo (Primo Ministro)
Legion MediaPrendendo atto della grandezza di Tolstoj come scrittore, Lenin analizza la sua visione del mondo e, allo stesso tempo, lo critica ampiamente.
Da un lato, Tolstoj è un genio, che ha “composto un quadro incomparabile della vita russa”, che ha protestato sinceramente “contro le ipocrisie e le falsità” della società, che ha criticato il potere e l’autocrazia, e il sempre maggior divario tra ricchi e poveri. D’altra parte, è “uno debole isterico, che si fa chiamare intellettuale russo”, un proprietario terriero “che predica una delle cose più disgustose al mondo, la religione”.
Lenin era anche disgustato dal principio centrale di Tolstoj: il “non resistere al male con la violenza” (che influenzò Gandhi). Come è noto, Lenin considerava il terrore una parte importante e integrante della rivoluzione (compreso il porre fine in modo violento al potere zarista). Osservava che le idee cristiane del tipo “porgi l’altra guancia” non facevano altro che ostacolare la Rivoluzione e considerava una forma di debolezza il non lottare per i propri diritti.
Lev Tolstoj
Legion MediaTuttavia, Lenin non considera tutte queste contraddizioni come coincidenze, anzi: “Le contraddizioni delle opinioni di Tolstoj […] rispecchiano le condizioni contraddittorie in cui si è trovata l’attività storica dei contadini nella nostra Rivoluzione”. E gli sembra logico che con tali opinioni “Tolstoj non potesse assolutamente capire né il movimento operaio e il suo ruolo nella lotta per il socialismo, né la Rivoluzione russa”.
Inoltre, Lenin vede nelle contraddizioni di Tolstoj le contraddizioni della rivoluzione stessa, che è importante riconoscere e risolvere. “Tolstoj riflette un odio che ribolliva, un desiderio maturo di miglioramento, il desiderio di liberarsi del passato, e [dall’altro lato] l’immaturità del sogno, l’immaturità politica, la mollezza rivoluzionaria”.
Per Lenin, Tolstoj non rappresenta il proletariato, ma il villaggio patriarcale russo. Ed è lì, secondo Lenin, che dovrebbe nascere la protesta contro il capitalismo.
Manifestazione per la Festa dei Lavoratori a Mosca, 1918
Legion MediaTolstoj aveva in effetti idee piuttosto rivoluzionarie. Nel 1905, in un articolo intitolato “Il grande peccato” (“Великий грех”; “Velíkij grekh”), scrisse: “Il popolo russo […] continua a essere un popolo di contadini e vuole rimanere tale”. E il male più grande, secondo lui, era privare le persone del loro diritto naturale di usare la terra. Lo scrittore chiedeva l’abolizione della proprietà privata della terra (e in questo era simile a Lenin), e di darla al popolo, ai contadini.
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Scrisse che il popolo russo non doveva “diventare proletario, imitando i popoli dell’Europa e dell’America”. Tolstoj vedeva una loro strada per i russi, e questi, secondo lui, dovevano mostrare agli altri popoli la via per “una vita ragionevole, libera e felice al di fuori della violenza industriale, delle fabbriche, capitalistica e schiavistica”.
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