Così Stalin salvò la Russia dal passaggio all’alfabeto latino

Russia Beyond (Foto: Sputnik; Frank Whitson Fetter; V.Vinogradov/OGIZ GosLitIzdat,1945)
Dopo la Rivoluzione, i bolscevichi volevano a tutti i costi riforme radicali della lingua russa, ed erano intenzionati a dire addio al cirillico. Ma poi tutto cambiò

Nel corso della sua storia, la lingua russa è stata oggetto di due riforme di grande portata. La prima fu attuata nel XVIII secolo da Pietro il Grande, che sostituì la scrittura della Lingua slava ecclesiastica antica con un nuovo alfabeto laico. La seconda riforma fu realizzata dai bolscevichi subito dopo la Rivoluzione del 1917. Ma anche se in entrambi i casi alcuni riformatori pensarono di passare all’alfabeto latino, ciò non avvenne.

La riforma della lingua russa dopo la vittoria dei bolscevichi 

La latinizzazione della lingua russa assunse un’alta priorità dopo la Rivoluzione d’Ottobre del 1917. Dopo tutto, il progetto di passare a un nuovo alfabeto si adattava bene all’ambizione di Lenin e Trotskij di creare e diffondere una nuova cultura proletaria universale in vista dell’imminente rivoluzione mondiale. Secondo Anatolij Lunacharskij, commissario del Popolo (cioè ministro) per l’Istruzione dell’Urss, l’uso dell’alfabeto latino avrebbe facilitato lo studio della lingua russa ai “proletari di tutti i Paesi”: “La necessità, o la consapevolezza della necessità, di alleggerire l’assurdo alfabeto pre-rivoluzionario, gravato da ogni sorta di vestigia storiche, è sorta tra tutte le persone più o meno colte”, affermò.

Lenin nel suo studio al Cremlino legge la “Pravda”, 1918

Sebbene Lenin fosse d’accordo con Lunacharskij, non aveva ansia di passare all’alfabeto latino: “Se ci affrettiamo troppo a realizzare un nuovo alfabeto o introduciamo subito la scrittura latina, che certamente dovrà essere adattata alla nostra lingua, ci metteremo in una posizione da cui potremo facilmente commettere errori, che saranno a loro volta criticati parlando di barbarie e simili. Non dubito che verrà il tempo per la latinizzazione della lingua russa, ma agire in fretta ora sarebbe imprudente”, rispose Lenin nella sua corrispondenza personale con Lunacharskij.

Ciononostante, il Commissariato del Popolo per l’Educazione, sotto la guida di Lunacharskij, attuò un’importante riforma della lingua russa. L’alfabeto russo pre-rivoluzionario fu ripulito da una serie di lettere “non necessarie”. È importante notare che, per la loro riforma linguistica, i bolscevichi utilizzarono i progetti sviluppati sotto Nicola II dall’Accademia Imperiale delle Scienze nel 1904, 1912 e 1917. 

Tuttavia, i leader comunisti e i loro fedeli linguisti non abbandonarono l’idea della latinizzazione.

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La costruzione della lingua nei primi anni dell’Urss

Il Cremlino di Kazan, con le scritte in caratteri latini “ATSSR”, sigla che sta per “Repubblica Socialista Sovietica Autonoma Tatara”, in occasione dei dieci anni dalla sua fondazione, 1930

I sovietici cercarono di attirare il maggior numero possibile di sostenitori sia a livello centrale che locale e, quindi, cercarono in tutti i modi di dimostrare a tutti i popoli dell’Urss che erano disposti a concedere loro la massima libertà, fino alla scelta di con quali lettere scrivere la loro lingua madre. L’alfabeto cirillico russo, si disse, “è poco adatto ai movimenti degli occhi e delle mani dell’uomo moderno” e fu dichiarato “una reliquia del sistema classista del XVIII e XIX secolo dei proprietari terrieri feudali e della borghesia russa”, oltre a essere “lo sfoggio dell’oppressione autocratica, della propaganda missionaria e dello sciovinismo nazionale della Grande Russia”. Si prevedeva di liberare innanzitutto i popoli ortodossi non slavi dell’ex impero, che avevano già una tradizione scritta in cirillico (ad esempio i komi e i careliani), dall’alfabeto russo, considerato “un mezzo della russificazione e dell’oppressione nazionale” da parte dello “zarismo” e della religione cristiano-ortodossa: “Il passaggio all’alfabeto latino libererà finalmente le masse lavoratrici da qualsiasi influenza della classe borghese nazionale, così come dalle influenze religiose di qualsiasi libro stampato pre-rivoluzionario”, venne affermato durante una riunione di una delle commissioni per la latinizzazione. Allo stesso tempo, le autorità pianificarono di realizzare una transizione alla latinizzazione per tutti i musulmani dell’Urss che allora ancora utilizzavano le scritture arabe. L’obiettivo era quello di eliminare “l’alfabetizzazione coranica” e “le conseguenze dell’educazione religiosa islamica”. Inoltre, si prevedeva di includere nella transizione altre lingue che avevano un proprio alfabeto, come il georgiano, l’armeno, il calmucco, il buriato e altre.

Nel più breve tempo possibile, furono creati alfabeti latini unificati per decine di popoli analfabeti (o scarsamente alfabetizzati) dell’Urss, e furono rapidamente e con decisione introdotti nell’uso: usandoli per la pubblicazione di documenti, e per la stampa di periodici e libri. All’inizio degli anni Trenta, l’alfabeto latino aveva completamente soppiantato la scrittura araba tra tutti i popoli musulmani dell’Urss, così come molti alfabeti cirillici di popoli non slavi, e le forme di scrittura tradizionali tra le popolazioni mongoliche (calmucca e buriata). La fine dell’analfabetismo e la diffusione dell’istruzione primaria tra la popolazione dell’Urss in un breve lasso di tempo possono essere considerati risultati positivi degli sforzi intrapresi. Tuttavia, ben presto la situazione cambiò rapidamente e drasticamente. 

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Perché la latinizzazione della lingua russa fallì

Artigiani della Scuola di Comunicazione leggono un libro di Stalin

Mentre guadagnava influenza nel partito comunista e accentrava gradualmente tutto il potere politico su di sé, Stalin si formò una propria visione sullo sviluppo dello Stato sovietico. La visione di Stalin differiva sia dal punto di vista del leader della Rivoluzione Lenin, sia da quello dei suoi avversari “di sinistra” Lev Trotskij, Lev Kamenev e Grigorij Zinovjev. A partire dall’inizio degli anni Trenta, nell’Urss si verificò gradualmente un parziale ritorno di diversi fenomeni, norme e rapporti sociali tipici della Russia pre-rivoluzionaria. Col tempo, molte delle innovazioni apportate dalla rivoluzione furono classificate come “deviazioni di sinistra” e “pregiudizi trotzkisti”. Inoltre, la crisi globale dell’epoca imponeva le sue esigenze. E i costi colossali per la ristampa del vecchio patrimonio culturale erano una delle prime spese a poter essere tagliate.

Nikolaj Jakovlev (1892-1974), linguista, si occupò della fase avanzata dei progetti di latinizzazione della lingua russa

Nel gennaio del 1930, la Commissione per la latinizzazione, guidata dal professor Nikolaj Jakovlev, preparò tre bozze di progetto finale per la latinizzazione della lingua russa, considerata “inevitabile” ai tempi di Lunacharskij (a capo del dicastero dal 1917 al 1929). Tuttavia, il Politburo, guidato da Stalin, respinse i piani e proibì un’ulteriore dispendio di energie e denaro per questi progetti. Questa decisione giunse inaspettata per molti. In diversi discorsi pubblici degli anni successivi, Stalin sottolineò l’importanza dell’apprendimento della lingua russa per portare avanti la costruzione del socialismo nell’Urss. A partire dal 1936, le lingue latinizzate dell’Urss furono ampiamente ritradotte in cirillico con l’obiettivo di avvicinare le lingue parlate dai popoli dell’Urss alla lingua russa. A loro volta, gli alfabeti latini furono dichiarati “non al passo con i tempi” e addirittura “dannosi”. La variegata autonomia linguistica che era fiorita agli albori dell’Urss fu rapidamente abolita, lasciando il posto alla lingua russa, che fu nuovamente “ripristinata nei suoi diritti”.

Il 13 marzo 1938, il Comitato centrale del Partito comunista bolscevico dell’intera Unione emanò una nuova risoluzione “sullo studio obbligatorio della lingua russa nelle scuole delle repubbliche e delle regioni nazionali”. In base a questa risoluzione, la lingua russa fu assegnata come lingua primaria nella Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR) e ricevette lo status di lingua ufficiale nelle altre repubbliche dell’Unione Sovietica. I rappresentanti dell’intellighenzia sovietica non russa, che si opponevano alla cirillizzazione e al rafforzamento del ruolo della lingua russa, furono vittime della repressione.

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Il russo come lingua mondiale

Stalin (1878-1953)

L’esaltazione del popolo russo e della sua lingua cominciò a prendere piede sotto Stalin solo negli anni Trenta. E durante la Seconda guerra mondiale, l’importanza di conoscere la lingua russa per tutti i cittadini sovietici divenne indiscutibile.

Viktor Vinogradov (1895-1969), linguista, scrisse il celebre “La grande lingua russa”

Dopo la fine della guerra, nel 1945, fu pubblicato dall’accademico Viktor Vinogradov (1895-1969) il famoso libro “La grande lingua russa” (“Великий русский язык”; “Velíkij russkij jazýk”), in cui l’autore scrive, con toni da pubblicista imperiale pre-rivoluzionario: “La grandezza e la potenza della lingua russa sono universalmente riconosciute. Questo riconoscimento è entrato profondamente nella coscienza di tutti i popoli, di tutta l’umanità”. Alla fine degli anni Quaranta, la lingua russa conquistò una nuova posizione senza precedenti sulla scena mondiale, diventando una delle principali lingue ufficiali parlate all’interno delle Nazioni Unite e del Comecon (il Consiglio di Mutua Assistenza Economica tra Stati socialisti, istituito nel 1949 e sciolto nel 1991), nonché una lingua obbligatoria nelle scuole e nelle università di tutti i Paesi socialisti.

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