Che lavoro facevano i bambini nell'Impero russo?

Storia
GEORGY MANAEV
Nelle famiglie contadine, i ragazzini svolgevano fin da piccoli lavoretti utili per la casa. Ma nel XVIII-XIX secolo nella società russa si diffuse a macchia d’olio lo sfruttamento minorile, veramente contrastato solo con l’arrivo dei bolscevichi

In russo la parola “bambino” (ребёнок, “rebyonok”) condivide la stessa radice delle parole “lavoro” (работа, “rabota”) e “schiavo” (раб, “rab”), il che allude al fatto che i bambini erano tradizionalmente “impiegati” dai loro genitori nei lavoretti domestici. Purtroppo, in certi periodi storici, la schiavitù minorile ha assunto un significato molto più letterale: nel XVIII e XIX secolo, ad esempio, i bambini venivano impiegati nelle fabbriche e nelle miniere, a volte in condizioni di lavoro spaventose.

Per secoli nella Russia contadina l’età veniva “misurata” su periodi di sette anni: dalla nascita fino ai sette anni i bambini erano trattati perlopiù come bambini: venivano assegnati loro semplici lavoretti domestici e, poco a poco, si insegnava loro ad aiutare i genitori nella vita quotidiana. Ma quando il bambino raggiungeva i sette anni, diventava quello che veniva chiamato un “rebyonok”, una piccola persona alla quale potevano essere affidate alcune - semplici - responsabilità. 

Non c'era dubbio che un bambino dovesse obbedire ai suoi genitori e ai suoi nonni. E al compimento del settimo anno di età, i ragazzi ricevevano in dono il primo paio di pantaloni e qualche camicia, mentre le ragazze ottenevano i primi abiti. E tutti a quell’età iniziavano a lavorare a tempo pieno come contadini.

Cosa facevano i ragazzi dei villaggi

Al giorno d’oggi non c’è nulla di strano se una madre chiede al figlio di lavare i piatti o pulire il pavimento; ma nell’antica Rus’ sarebbe stato impensabile! Tutti i lavori erano strettamente stabiliti in base al sesso.

Una delle prime cose che i ragazzi imparavano era fare erano i “lapti” (le scarpe di betulla) e le ceste di vimini. Intrecciare la corteccia di betulla per fare i lapti o le ceste non era complicato, ma era un mestiere meticoloso che richiedeva diligenza e perseveranza: due qualità di cui i bambini contadini russi avrebbero sicuramente avuto bisogno più avanti nella loro vita. Inoltre, i lapti si consumavano rapidamente, così gli uomini e i ragazzi russi passavano buona parte del tempo libero seduti a fare nuovi lapti per le loro famiglie.

I ragazzi imparavano anche a intagliare semplici giocattoli di legno per sé e per i propri fratelli e sorelle. Imparavano anche a pescare e ad andare a caccia con i loro padri. Occuparsi del bestiame era un lavoro di routine sia per i ragazzi che per le ragazze. Ma una delle principali forze lavoro nelle famiglie contadine erano i cavalli: e il compito di farli pascolare spettava ai ragazzi. Per questo, fin dai primi anni, si insegnava loro a imbrigliarli e a cavalcarli, a guidarli sul carro e a nutrirli.

Anche nell’agricoltura i mestieri erano chiaramente suddivisi: mentre gli uomini lavoravano nei campi, le donne si occupavano degli orti nei cortili (tranne nel periodo del raccolto, quando tutti andavano nei campi). I ragazzi iniziavano molto presto ad aiutare i padri nel processo di aratura; quando compivano 12 anni, ricevevano un piccolo appezzamento di terreno da arare e coltivare da soli. 

Con l’arrivo dell’adolescenza, i giovani venivano iniziati ai mestieri: diventavano pastori, contadini, fabbri, o potevano scegliere qualsiasi altra professione utile per il villaggio. Per le ragazze era diverso: fino alla seconda metà del XIX le donne non lavorarono.

Cosa facevano le ragazze dei villaggi

Tradizionalmente in Russia, il cordone ombelicale di una neonata veniva tagliato con un fuso: questo rituale aveva lo scopo di collegare le ragazze al mestiere della filatura fin dai primi momenti della loro vita. Una ragazza nata in una famiglia contadina si sarebbe probabilmente ritrovata a filare la lana per il resto della sua vita; e a cinque anni era considerata già una filatrice esperta.

Inoltre le fanciulle venivano impiegate anche in casa per spazzare il pavimento, lavare e pulire le panche, scuotere e pulire i tappeti, le lenzuola e i cuscini. Imparavano poi a lavare i vestiti nel fiume con la cenere della stufa e ad occuparsi dei bambini piccoli; inoltre si insegnava loro a fare bambole di pezza e di vimini, a recitare filastrocche, a raccontare storielle della buonanotte e a cantare ninna-nanne. Una ragazza sapeva come fasciare un bambino, come nutrirlo usando corna di animali vuote (la versione antica del biberon), o come fare un ciuccio con un pezzo di stoffa. Spesso, dopo aver compiuto 11-12 anni, le ragazze trovavano lavoro prendendosi cura dei bambini delle altre famiglie del villaggio.

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Il lavoro minorile nelle fabbriche

Con l'avvento della rivoluzione industriale, nella metà del XVIII secolo, il lavoro minorile si fece sempre più diffuso; e in assenza di leggi che lo regolassero, i bambini - soprattutto adolescenti - venivano pesantemente sfruttati. Purtroppo, all’epoca usare i bambini come schiavi era una pratica frequente in molti paesi del mondo, e la Russia non faceva eccezione.

Nella Russia pre-rivoluzionaria i bambini venivano addirittura comprati da trafficanti di ragazzi, che li acquistavano dalle povere famiglie contadine che non potevano provvedere al mantenimento della loro prole. In cambio del figlio o della figlia, i genitori ricevevano 2-3 rubli (nel XIX secolo, questa cifra era sufficiente per comprare un cappello di buona qualità o trascorrere una notte in una locanda per la classe media). I genitori fornivano al figlioletto vestiti e provviste per il viaggio… e lo salutavano per sempre.

All'arrivo a San Pietroburgo o Mosca, i bambini venivano venduti come forza lavoro a commercianti e proprietari di fabbriche per una cifra due o tre volte superiore a quella che avevano pagato. Le ragazze, nel migliore dei casi, venivano impiegate nei negozi, nelle cucine o nei lavori domestici. I ragazzi invece venivano messi a lavorare in fabbrica. E anche se talvolta capitavano delle ispezioni governative contro lo sfruttamento minorile, non esistevano leggi che lo regolassero veramente.

Per esempio, a Tomsk, nella fabbrica di fiammiferi della famiglia Kukhterin, i bambini riempivano scatole di legno con i cerini; dovevano riempire le scatole senza far cadere nemmeno un fiammifero, pena la multa o la sospensione del salario. I bambini lavoravano 12-14 ore con una sola pausa per il pranzo e un’altra pausa per il tè del pomeriggio.

In generale, gli uomini d'affari russi che sfruttavano il lavoro minorile non si preoccupavano molto del benessere, della salute o dell'educazione dei bambini: se i ragazzini non rendevano… beh, venivano semplicemente licenziati; in quei casi, si univano alla schiera dei mendicanti o dei piccoli criminali, e le ragazze diventavano, nel peggiore dei casi, delle prostitute.

All'inizio degli anni ‘80 dell’Ottocento, il governo iniziò a monitorare la situazione e nel 1882 fu approvata dal Consiglio di Stato la legge “Sui minori che lavorano negli stabilimenti, nelle fabbriche e nelle produzioni artigianali”. Questa legge vietava il lavoro ai bambini sotto i 12 anni, limitava l'orario di lavoro a otto ore al giorno per i bambini di 12-15 anni, proibiva i turni di notte (dalle 21 alle 5 del mattino) e il lavoro domenicale. 

Ma la legge non entrò pienamente in vigore subito, e non si applicò a tutte le industrie: la lobby degli sfruttatori del lavoro minorile nel mondo degli affari era ancora troppo forte. I proprietari delle fabbriche mentivano sull'età dei loro dipendenti bambini per aggirare la legge. Vent’anni dopo l'approvazione della legge, nel 1903, un ispettore di fabbrica della regione di San Pietroburgo dichiarò: “Molte fabbriche di mattoni assumono lavoratori di età inferiore ai 15 anni, e questi minori lavorano alla pari con gli adulti, cioè fino a 11 ore e mezza al giorno”.

Le statistiche sul primo decennio del XX secolo mostrano una crescita costante dell'uso del lavoro minorile, nonostante le leggi. Nelle capitali e nelle grandi città venivano effettuate ispezioni, ma nella Russia più remota i bambini venivano sfruttati senza alcuna regola. Solo i bolscevichi, nel 1918, adottarono il primo codice del lavoro che proibiva completamente il lavoro per gli individui sotto i 16 anni.

 

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