L’incredibile storia della donna spagnola che dedicò la sua via ai servizi segreti sovietici

Russia Beyond (Foto: TASS; Ufficio stampa del Servizio investigativo militare)
África de las Heras sacrificò tutto - famiglia, affetti, vita privata - per servire la causa sovietica. Gestì un gruppo di spie all’estero, ottenne il grado di colonnello e accettò di sposare un uomo sconosciuto per volere di Mosca: l’italiano Giovanni Antonio Bertoni

Questa donna spagnola, nata in Marocco, fu una delle spie più brillanti dell’URSS: dedita con tutto il cuore alla causa, svolse un lavoro rischiosissimo per più di 45 anni, raccogliendo informazioni segrete per Mosca in vari paesi del mondo. E la sua indiscutibile fedeltà all'intelligence sovietica le richiese sacrifici personali senza precedenti.

La prima missione

Lei si chiamava África de las Heras. E per l’intelligence sovietica, questa donna esile e dai capelli scuri si rivelò una vera fortuna. A 28 anni si immerse nella lotta politica e militare in Spagna, dove organizzò una rivolta armata, nascondendosi dalle autorità statali e combattendo con la fazione repubblicana nella guerra civile spagnola. Ciò che convinse i sovietici ad averla dalla loro parte fu la sua proclamata fede comunista. 

Nel 1937, África fu reclutata nei servizi segreti sovietici da Aleksandr Orlov, un agente segreto sovietico di base in Spagna, la cui defezione verso gli Stati Uniti l’anno successivo avrebbe messo seriamente in pericolo il nuovo agente. 

África de las Heras ricevette il suo nome in codice (“Patria”) nel 1937, insieme al primo ordine da Mosca: contrabbandare una grossa somma di denaro da Parigi a Berlino.

Ma África non riuscì a oltrepassare il confine in treno, pur viaggiando sotto le sembianze di una comune cittadina canadese, perché il suo passaporto falsificato conteneva un errore. Anche se non fu arrestata, si ritrovò ugualmente davanti a un bivio: o abbandonare la rischiosa missione, o giocarsi il tutto per tutto cercando di portare a termine la consegna del denaro. Scelse la seconda opzione e completò con successo la missione. La sua carriera come ufficiale dei servizi segreti sovietici era iniziata.

La guerra

Quando Aleksandr Orlov lasciò l’incarico, i mentori di África temevano che l’identità e la vera natura del lavoro della ragazza sarebbero venute alla luce; e così chiamarono il nuovo agente segreto in URSS: il paese sovietico, dove África non era mai stata, sarebbe diventata la sua nuova patria. 

Rafael Videla, capo del Partito Socialista Unito di Catalogna, José Gros e África de las Heras, partigiani sovietici durante la Seconda guerra mondiale, 1944

“Non voleva vivere in alberghi costosi - avrebbe raccontato più tardi un suo compagno di studi in un’intervista anonima rilasciata a un giornale russo -. África era solita dire: ‘Siamo venuti per combattere, non per rilassarci nei sanatori’. E i servizi segreti le fornivano studi, corsi... In breve tempo imparò i segreti della radiotecnica e tutto il resto”. 

Quando scoppiò la Seconda guerra mondiale, África la vide come un’opportunità per andare al fronte. 

“Riuscii a trattenere con grande difficoltà il mio desiderio di saltare di gioia e urlare a squarciagola ‘Evviva! Vado al fronte! Sono la persona più felice del mondo!’”, disse África.

Ormai naturalizzata cittadina sovietica, África fu mandata sul fronte orientale per gestire le comunicazioni radio del distaccamento partigiano a cui era stata assegnata.

“Ho giurato solennemente che non mi sarei arresa viva al nemico e, prima di morire, avrei fatto saltare in aria il trasmettitore, il quarzo e i cifrari”, disse. 

Di corporatura esile, dovette affrontare le stesse difficoltà che incontrarono tutti i membri maschi del distaccamento: sopportò stoicamente lo stress, la stanchezza, il gelo...

“Un giorno [il comandante del distaccamento partigiano] vide la piccola spagnola, tutta tremante, scaldarsi le mani sul fuoco, ma le sue dita rigide e storte non si scaldavano. Allora Kuznetsov [il comandante] si tolse immediatamente il maglione, lo diede ad [África] e lei, minuscola com’era, si rifugiò dalla testa ai piedi nel suo calore”, raccontò un allievo di África. 

L'ufficiale dei servizi segreti sovietici Nikolaj Kuznetsov, comandante del distaccamento partigiano, con l'uniforme di un ufficiale tedesco

Durante gli scontri perse il suo fidanzato, un ufficiale bielorusso morto in battaglia. Stremata dal lutto, non avrebbe mai immaginato che i suoi superiori dell’intelligence sovietica stessero già architettando il futuro della sua nuova vita privata... 

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Un matrimonio combinato

Subito dopo la guerra, África divenne una spia sovietica sotto copertura. Con lo scoppio della guerra fredda, l’Unione Sovietica lavorava per estendere le sue reti di spionaggio in vari paesi dell'ovest. E África de las Heras sarebbe diventata una delle principali risorse dell'URSS all'estero.

Ma per svolgere questo nuovo incarico le chiesero di fare un sacrificio personale senza precedenti: tagliare tutti i legami con i suoi amici e familiari, compresa la sorella che risiedeva in Europa. 

Registro degli ordini sovietici dell'Africa

Come ufficiale dei servizi segreti, África lavorò a Berlino, Parigi e poi, nel 1948, fu di stanza in Sudamerica, dove formò e gestì una rete di informatori sotto la copertura di un negozio di antiquariato a Montevideo, in Uruguay, per 20 anni.

Per rafforzare la sua copertura e migliorare il lavoro di spionaggio, Mosca ritenne che la donna avrebbe dovuto essere affiancata da un altro agente, che si sarebbe spacciato per suo marito. Nel 1956, fu informata che sarebbe stata raggiunta da un uomo, Giovanni Antonio Bertoni, che avrebbe interpretato la parte di suo marito. Bertoni fu un ufficiale dei servizi segreti sovietici nato a Faenza, in Italia, nel 1906. Dopo il suo arrivo, la coppia sviluppò un rapporto personale oltre che professionale. 

“Senza esitare, lei accettò la proposta dei suoi superiori e si sposò con uno sconosciuto. Anche se África e Bertoni si sposarono per volere di Mosca al fine di facilitare le delicate missioni di intelligence, il loro matrimonio si rivelò felice”, scrisse lo storico Vladimir Antonov nel suo libro sull'intelligence sovietica. 

Quando il suo compagno e marito morì, nel 1964, África rimase a lavorare in Sudamerica per altri tre anni prima di partire per Mosca, dove insegnò spionaggio alla successiva generazione di agenti dell'intelligence sovietica.

“La mia patria è l'Unione Sovietica. È radicata nella mia mente, nel mio cuore. Tutta la mia vita è legata all'Unione Sovietica... Né gli anni né le difficoltà della lotta hanno scosso la mia fede. Al contrario, le difficoltà sono sempre state uno stimolo, una fonte di energia per la mia ulteriore lotta. Mi danno il diritto di vivere a testa alta e con l'anima rilassata; niente e nessuno possono togliermi questa fede, nemmeno la morte”, scrisse negli ultimi anni della sua vita. 

La leggendaria e pluripremiata spia sovietica morì l'8 marzo 1988. Il colonnello África de las Heras oggi è sepolta nel cimitero di Khovanskoe a Mosca.

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