Cosa ci fa un busto di Lenin sepolto dalla neve nel punto più inaccessibile della Terra?

Storia
NIKOLAJ SHEVCHENKO
Nel 2006, un gruppo di esploratori britannici e canadesi si imbatté in una scoperta sensazionale. La statua testimonia il tentativo riuscito da parte dei sovietici di raggiungere la distesa ghiacciata dell'Antartide

Era il 4 dicembre 2006 quando il team N2i, composto da esploratori britannici e canadesi, raggiunse il Polo sud dell'inaccessibilità, il punto del continente antartico più lontano da qualsiasi linea costiera. Lì, con grande sorpresa, videro spuntare dalla neve un busto di Lenin. Quella che inizialmente sembrava un’allucinazione inflitta dal freddo e dalla lunga traversata, si rivelò essere la scoperta di una vecchia stazione sovietica abbandonata e sepolta sotto uno spesso strato di neve.

Un luogo dimenticato da Dio

Ma facciamo un salto indietro nel tempo. Il 14 dicembre 1958, una spedizione sovietica guidata dall'esploratore polare russo Evgenij Tolstikov raggiunse il cosiddetto Polo dell’inaccessibilità in Antartide. Il termine si riferisce al punto più lontano dal continente in ogni direzione, e per questo uno dei luoghi più difficili da raggiungere.  

La spedizione sovietica fu la risposta dell'URSS alla stazione Amundsen-Scott che gli Stati Uniti avevano costruito due anni prima, nel 1956, al Polo Sud. E così, per “rimediare” al successo degli americani, un gruppo di 18 scienziati arrivò al Polo dell’inaccessibilità a bordo di alcuni cingolati. 

Fra le varie attrezzature, la squadra sovietica portò con sé una grande baracca portatile preassemblata, dotata di generatore, forno elettrico, stufa a olio e radio. Ma non era finita lì: gli esploratori portarono anche un busto di Lenin che fu montato in cima alla baracca.

La squadra sovietica aveva con sé discrete riserve di cibo e carburante; ma se ne andò comunque 12 giorni dopo, lasciando la struttura, le provviste e il busto di Lenin “al servizio” degli eventuali avventurieri che si fossero spinti fin lì negli anni a venire. I sovietici lasciarono addirittura un biglietto che invitava i futuri visitatori a utilizzare la baracca e le provviste.

Decenni dopo, il busto di Lenin avrebbe accolto i pochissimi esploratori che riuscirono a raggiungere quel luogo così remoto della Terra. 

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Lo sguardo di Lenin all’America

Oltre a essere il luogo più remoto dell’inospitale continente, il Punto dell’inaccessibilità in Antartide si trova a 3.700 metri sul livello del mare. Ciò fa sì che le condizioni climatiche raggiungano livelli di rigidità spaventosi, con temperature medie di -58,2°C tutto l’anno.  

Ciò portò gli esploratori sovietici a pensare che il loro rifugio ben difficilmente sarebbe stato frequentato da qualche visitatore di passaggio. Ma non mancarono le sorprese.

Nel 1964, un gruppo di esploratori americani raggiunse il Punto dell’inaccessibilità dell'Antartide come parte della spedizione Queen Maud Land Traverse. Dopo aver scoperto la baracca sovietica con il busto di Lenin in cima, gli americani dissero di aver girato la statua in un'altra direzione, rivolgendola verso Washington anziché Mosca.

Il busto di Lenin vide apparire altri esseri umani tre anni dopo, nel 1967, quando una nuova spedizione sovietica raggiunse quel luogo dimenticato; dopodiché dovette attendere altri 40 anni prima che qualcuno mettesse nuovamente piede su questo terreno ghiacciato e sperduto. 

Una nuova spedizione

Nel dicembre 2006, una squadra di esploratori canadesi e britannici, tra cui il canadese Paul Landry e i britannici Rupert Longsdon, Rory Sweet e Henry Cookson, tentò un altro audace viaggio verso il punto dell’inaccessibilità dell'Antartide.

Il team partì dalla base scientifica russa “Novolazarevskaya” e percorse la bellezza di 1.700 chilometri con gli sci, senza l’aiuto di alcun veicolo a motore… fino a quando gli esploratori videro qualcosa che sporgeva da sotto lo spesso strato di neve. 

“A circa 30 chilometri di distanza, abbiamo visto un punto nero all'orizzonte. Man mano che ci avvicinavamo, il punto diventava sempre più grande, fornendoci un punto di riferimento verso cui guardare: prima mi concentravo solo sull'orizzonte”, raccontò Rupert Longsdon al quotidiano britannico The Independent poco dopo la missione.

“Arrivati a circa 200 metri da quel punto nero, ovvero dal busto di Lenin, ci fermammo e ci togliemmo gli sci. Percorremmo l’ultimo tratto fra una serie di abbracci e urla di gioia”, disse l'esploratore. 

Quando il team N2i raggiunse la stazione sovietica, la trovò quasi del tutto sepolta sotto la neve. Spuntava solo il busto del leader della Rivoluzione che i sovietici avevano montato in cima alla struttura.

Ad oggi, nessuno sa se il busto sia ancora visibile o se sia ormai completamente coperto dalla neve, come il resto della baracca di quella incredibile spedizione. 

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