Come festeggiarono la vittoria nella Seconda guerra mondiale i cittadini dell’Urss

Mikhail Ozerskij/Sputnik
Quando si diffuse la notizia che il conflitto era finito, esplose la gioia collettiva dei sovietici. Stava per iniziare una nuova vita e bisognava celebrare

Il 9 maggio 1945, alle 2:10, la radio sovietica annunciò ai cittadini dell’Urss la tanto attesa buona notizia: l’atto di resa incondizionata della Germania era stato firmato nel sobborgo berlinese di Karlshorst.

L’annunciatore della radio sovietica Jurij Levitan (1914-1983), che lesse quel famoso messaggio, ha ricordato, in seguito: “In serata abbiamo annunciato più volte che oggi la radio avrebbe eccezionalmente proseguito le trasmissioni fino alle quattro del mattino. Abbiamo cercato di leggere questa informazione apparentemente banale in modo che le persone capissero: non andate a letto. Aspettate! E subito è arrivato un flusso di telefonate. Voci familiari e sconosciute, già allegre, gridavano nel ricevitore: ‘Grazie! Abbiamo capito il messaggio! Apparecchiamo la tavola a festa! Ben fatto!’”.

Quella notte l’enorme Paese non dormì. La gente spalancava le finestre, svegliava i vicini, ovunque risuonavano musica e allegre grida “Pobéda! Pobéda”; “Vittoria! Vittoria!”. “Tutti si sono riversati in strada; abbracciandosi, piangendo, ridendo. Una sorta di euforia regnava ovunque”, ha ricordato Jasen Zasurskij.

Se le persone vedevano un soldato o un ufficiale, lo andavano immediatamente a prendere e iniziavano a lanciarlo in aria per festeggiare. “Gli estranei si baciavano. Non ricordo una tale unità tra le persone come quella del 9 maggio 1945. Eravamo tutti un solo uomo: russi, tatari, uzbeki, georgiani… Eravamo uniti come mai prima d’allora”, ha raccontato il moscovita Gennadij Tsypin.

Ljudmila Surkova, che all’epoca viveva nella capitale, così ha ricordato: “La folla scorreva lungo la strada come un fiume. E come ruscelli altre persone confluivano dai vicoli. Tutti volevano arrivare in centro. Anche i camion con i soldati stavano cercando di arrivarci. I soldati si chinavano dalle sponde, baciando chi poteva essere raggiunto. Pacchetti di sigarette Belomor venivano gettati loro, e gli tendevano bottiglie… Tutto ciò che si accumulava da quattro anni, tormento, speranza, delusione, lutti, è esploso in un solo spirito, ha abbracciato tutti, rafforzandosi all’ennesima potenza. Sembra impossibile, ma tutti si capivano, la guerra ci aveva avvicinato fino a farci tutti parenti”.

“Dalle finestre spalancate venivano canti e luce. Via Leninskaja era illuminata dai proiettori da ricerca, e su ogni collina c’erano batterie antiaeree. Sembrava che sparassero da ogni dove”, Vjacheslav Ignatenko ha descritto così quel giorno memorabile nella lontana Vladivostok. Il culmine della celebrazione è stato l’innalzamento dello stendardo della Vittoria sulla Baia del Corno d’Oro con un pallone aerostatico. “Dalle colline più vicine i proiettori da ricerca illuminavano un punto sopra il Corno d’Oro. A un certo punto, in esso… svolazzò lo Stendardo della Vittoria. Era qualcosa di incredibile: un messaggio dal cielo. Là, in alto, c’era vento e lo Stendardo si dispiegò, con l’intera larghezza del suo abbagliante panno rosso verso la città”. 

Molti soldati dell’Armata Rossa furono colti dal messaggio della resa della Germania proprio durante i combattimenti. Il fante di marina della flotta baltica Pavel Klimov nel maggio 1945 si trovava nella Lettonia occidentale, dove era ancora presente un grande gruppo nemico. “I tedeschi furono i primi a farci sapere che la guerra era finita. Avanzavamo lungo la costa. Non capivano perché ci fosse un tale rumore, un simile giubilo lungo le trincee tedesche. Apprendemmo che avevano scoperto che la guerra era finita. Abbiamo saputo dai fuochi d’artificio e dagli spari in aria che era arrivata la fine dell’incubo. Solo poco dopo, via radio, ci hanno dato l’ordine di annullare l’operazione. È stata una grande gioia”, ha ricordato Pavel Fedorovich.

In serata, un grandioso saluto militare venne organizzato sulla Piazza Rossa di Mosca: trenta raffiche di artiglieria da mille cannoni, accompagnate dai raggi incrociati di 160 proiettori e dal lancio di razzi multicolori. Jasen Zasurskij ricorda: “Le raffiche spaventarono stormi di corvi, e quando iniziarono gli spari, gli uccelli si alzarono da dietro le mura del Cremlino gridando all’unisono, e volteggiarono nell’aria come se fossero felici anche loro. È stato fantastico!”


24 giugno 1945: le foto della più grande Parata della Vittoria della storia mondiale 

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