Le quattro più grandi vittorie dei russi in battaglia contro Napoleone

Adolph Northen
Sconfiggere l’imperatore dei francesi sul campo non era un compito facile, ma, durante la ritirata, la Grande Armata fu colpita più volte con successo, fino quasi al completo annientamento

Battaglia di Malojaroslavets 

Il 19 ottobre 1812, la Grande Armata di Napoleone, dopo aver trascorso più di un mese inutilmente in una Mosca devastata e incendiata, iniziò a ritirarsi nelle province occidentali dell’Impero russo, dove intendeva aspettare che passasse l’inverno. L’imperatore decise di dirigersi a Kaluga, città 200 chilometri a sudovest di Mosca. Lì intendeva confiscare i ricchi depositi di cibo destinati alle truppe russe.

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Le forze dirette dal comandante in capo dell’esercito russo, Mikhail Kutuzov, avanzarono per tagliare la strada ai francesi. Il 24 ottobre, le truppe nemiche si scontrarono nella piccola città di Malojaroslavets, a meno di 60 chilometri da Kaluga, e scoppiarono feroci battaglie.

Otto volte la sfortunata cittadina passò di mano. Alla fine della battaglia, di Malojaroslavets non era rimasto quasi nulla. “Le strade potevano essere riconosciute solo dai numerosi cadaveri di cui erano disseminate”, raccontò il testimone oculare della battaglia, Eugene Labom. “Ad ogni passo ci siamo imbattuti in braccia e gambe mozzate e teste schiacciate dai pezzi di artiglieria. Tutto ciò che restava delle case erano le rovine fumanti, e sotto la cenere ardente si potevano vedere gli scheletri”.

Alla fine, Kutuzov ordinò alle sue truppe di ritirarsi nelle posizioni difensive preparate a sud della città. Nonostante il fatto che Malojaroslavets rimase in mano a Napoleone, i russi ottennero un’importante vittoria strategica. L’esercito francese, duramente provato, non tentò neppure di dirigersi verso i magazzini di Kaluga e iniziò a ritirarsi lungo la devastata strada di Smolensk, sulla quale aveva marciato trionfante verso Mosca in estate.

Battaglia di Krasnoi

Spostandosi ai confini occidentali dell’Impero russo lungo la strada di Smolensk devastata, la Grande Armata ormai diminuiva a vista d’occhio. La mancanza di provviste era catastrofica, quasi tutti i cavalli erano persi, e poi arrivò il freddo. Inoltre, i francesi erano costantemente tormentati dagli attacchi dei distaccamenti volanti di ussari e cosacchi, nonché dai partigiani che tendevano imboscate.

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Varie divisioni russe restavano vicine ai francesi, cercando il momento opportuno per attaccare un nemico ormai esausto. Quando la colonna di truppe francesi si allungò troppo lungo la strada da Smolensk a Krasnyj (ma nella storiografia italiana è più celebre come Krasnoi), questo momento arrivò.

Dal 15 al 18 novembre si svolsero una serie di battaglie confuse, a seguito delle quali i russi isolarono e sconfissero una ad una le truppe del principe Eugenio de Beauharnais, e dei marescialli Louis-Nicolas Davout e Michel Ney. Napoleone in persona guidò le operazioni militari vicino a Krasnyj, con l’intenzione di attendere le truppe in ritardo. Tuttavia, quando l’imperatore fu informato dell’intenzione del nemico di tagliare le sue vie di fuga, insieme alle sue guardie e a parte delle truppe, sfondò le linee russe e si diresse a ovest verso la città di Orsha.

Come risultato della Battaglia di Krasnoi, l’ex Grande Armata perse fino a 10 mila uomini, tra morti e feriti. Inoltre, altri 26 mila uomini vennero fatti prigionieri dai russi. “Intere folle di francesi, alla semplice apparizione dei nostri piccoli distaccamenti sulla strada maestra, gettavano in fretta le armi”, ricordò Denis Davydov, che a quel tempo era un colonnello del reggimento ussaro di Akhtyrka. 

Battaglia della Beresina

Se le battaglie di Krasnoi avevano ridotto allo sbando in modo significativo la Grande Armata, la Battaglia della Beresina la distrusse completamente. Nella lingua francese “Bérézina” è rimasto in uso come “Caporetto” in italiano, per indicare una sconfitta totale o una completa catastrofe.

Il 24 novembre, Napoleone si avvicinò al fiume Beresina, sul territorio della Bielorussia odierna. Sull’altra sponda lo aspettava, riposata e ben organizzata, l’Armata russa del Danubio, composta da 24.000 uomini agli ordini dell’ammiraglio Pavel Chichàgov. Napoleone aveva ancora quasi 80 mila soldati, ma solo la metà di loro era ormai in grado di impugnare le armi.

Con una manovra diversiva, Napoleone riuscì a ingannare Chichagov, occultando il vero luogo della traversata. Tuttavia, non tutti i soldati erano riusciti a passare dall’altra parte, quando, il 28 novembre, l’Armata del Danubio e l’armata di 35.000 uomini del generale Pjotr Wittgenstein, avvicinandosi da nord, attaccarono i francesi.

Mentre le truppe russe si avvicinavano, il panico e il caos iniziarono nella zona del guado. I francesi reagirono ferocemente, i combattimenti continuarono dalla mattina presto fino a tarda notte. “Tutto si confuse in una lotta disperata”, ricordò un soldato del 3° reggimento svizzero, Jean-Marc Bussy: “Non potevamo più sparare. Abbiamo combattuto solo con le baionette, abbiamo combattuto con il calcio dei fucili… Un gruppo di persone giaceva nella neve. I nostri ranghi si sono ridotti terribilmente. Non avevamo più il coraggio di guardare né a destra né a sinistra, temendo di non vedere più i nostri compagni… Intorno a noi c’era il massacro!”.

Napoleone, il suo quartier generale, le guardie e parte delle truppe riuscirono a fuggire dalla trappola, ma il suo esercito subì enormi perdite. Fino a 50 mila persone morirono in quelle battaglie, furono catturate dai russi o annegarono nelle fredde acque della Beresina. Le perdite delle truppe russe furono comprese tra 4 a 10 mila uomini.

Battaglia di Lipsia 

Alla Battaglia di Lipsia, nota anche come “Battaglia delle Nazioni”, presero parte gli eserciti di una decina di Stati, per un totale di mezzo milione di persone. Il mondo non avrebbe visto battaglie così sanguinose e su larga scala fino all’inizio della Prima guerra mondiale.

Le truppe russe erano la principale forza d’attacco tra gli eserciti della Sesta Coalizione. Rappresentavano quasi la metà dei 300 mila uomini che gli alleati contro Napoleone avevano a loro disposizione. L’imperatore francese, a sua volta, poteva contare su circa 200 mila soldati.

Per quattro giorni ci furono aspre battaglie vicino a Lipsia, in Sassonia, all’inizio delle quali Napoleone fu vicino al trionfo. Il 16 ottobre, la cavalleria del maresciallo Gioacchino Murat sfondò il centro delle forze alleate e si trovò a soli 800 metri dal quartier generale dei monarchi russo, prussiano e austriaco. La situazione fu salvata dal reggimento cosacco della guardia imperiale che trattenne il nemico fino all’arrivo dei rinforzi.

Il momento critico dell’intera battaglia fu l’improvviso passaggio dalla parte della Sesta Coalizione degli alleati sassoni di Napoleone. Vennero poi seguiti dalle unità della Westfalia, del Württemberg e del Baden. Il vuoto risultante dovette essere urgentemente riempito dalle guardie dell’imperatore.

Alla fine, i francesi persero la battaglia. Durante la ritirata, i genieri fecero saltare il ponte sul fiume Elster Bianco troppo presto, tagliando così alla retroguardia di 20 mila persone ogni possibilità di fuga. In totale, Napoleone perse fino a 80 mila soldati tra morti, feriti e prigionieri. Le perdite degli eserciti della Sesta Coalizione sono stimate in 54 mila uomini.

La sconfitta di Lipsia ebbe conseguenze disastrose per Napoleone. Perse l’ultimo grande alleato, la Baviera, che passò dalla parte dei suoi nemici. Ben presto, i francesi dovettero ritirarsi dalla Germania e dall’Olanda per concentrarsi sulla difesa della loro terra natale. Come ha scritto il colonnello dello Stato maggiore prussiano, il barone Müffling: “I quattro giorni della Battaglia dei popoli a Lipsia hanno deciso il destino del mondo”.


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