L’imperatore dei francesi Napoleone Bonaparte (1769-1821) era un osso duro per i suoi nemici. Pochi generali volevano rischiare di affrontare la sua Grande Armata in campo aperto e i comandanti russi non fecero eccezione. Fino alla battaglia di Borodino, avevano evitato la battaglia decisiva, permettendo alle truppe francesi di marciare attraverso il territorio del Paese e di impantanarsi nel cuore della Russia.
Quando non è desiderabile uno scontro aperto, l’attività partigiana e la guerriglia sono preferibili. Da un lato, la guerra partigiana russa contro l’esercito francese fu una guerra popolare, con i barbuti contadini che afferrarono forconi e asce per abbattere l’odiato invasore.
Dall’altro, la guerra partigiana era guidata dalle cosiddette “unità volanti”, istituite dal comando dell’esercito russo. Composte da cavalieri e da cosacchi e guidate da ufficiali regolari, colpivano il nemico nelle retrovie, interrompendo le sue comunicazioni e le linee di rifornimento.
La prima “unità volante” fu istituita a luglio, quando la Grande Armée raggiunse Smolensk. Una forza potente, composta da numerosi reggimenti di cosacchi e di dragoni, spesso attaccava il fianco sinistro dell’esercito francese e serviva anche come fonte di ricognizione per l’esercito russo vero e proprio.
Il comandante di questa unità, Ferdinand von Wintzingerode (1770-1818), divenne in seguito famoso per aver cercato di salvare il Cremlino e Mosca dalla distruzione. La sua unità era in uno dei villaggi vicino a Mosca quando gli fu riferito del piano di Napoleone di distruggere il centro cittadino. “Se una sola chiesa verrà fatta esplodere, allora ogni francese che catturiamo sarà immediatamente impiccato”, disse. Wintzingerode si diresse dal maresciallo francese Edouard Mortier, nella speranza di negoziare, ma fu invece fatto prigioniero.
Il più glorificato tra i comandanti partigiani era Denis Davydov (1784–1839), che non esitò ad attaccare le truppe francesi, anche quando erano completamente in netta superiorità rispetto alle sue forze. Una volta, con soli 130 uomini di cavalleria, attaccò un convoglio di rifornimenti scortato da 225 soldati. Davydov si impossessò di tutti e trenta i carri, uccidendo oltre la metà dei militari nemici e facendone circa cento prigionieri.
Quando la Grande Armata lasciò Mosca nell’ottobre del 1812, ritirandosi verso ovest, le numerose “unità volanti”, ciascuna con quasi 500 uomini, iniziarono a colpire il nemico con attacchi mordi e fuggi, come piccole api che pungono un orso ferito, rendendolo disperato ed esausto.
Tuttavia, la resistenza partigiana contro Napoleone non avrebbe avuto successo se non avesse goduto anche dell’appoggio popolare. I contadini portarono avanti la loro lotta contro il nemico, distruggendo le provviste. Si rifiutarono di vendere le loro scorte di cibo ai francesi; piuttosto che farlo, bruciarono i loro raccolti e le loro case e fuggirono nelle foreste.
Visto che la Grande Armata si trasformava gradualmente da una forza perfettamente organizzata in una banda di assassini, ladri e predoni, i contadini presero le armi e iniziarono a colpire più attivamente. Organizzarono imboscate contro unità francesi, difesero i loro villaggi dalle squadre di foraggiamento, seguirono l’esercito nemico e uccisero spietatamente chi si attardava.
All’inizio, attaccarono persino le “unità volanti”, confondendo l’uniforme russa con quella francese. Quando Denis Davydov disse a un contadino che lo aveva attaccato: “Ma scusa, forse io non parlo in russo!?”, ottenne come risposta: “Non si sa mai; loro [i francesi] hanno una tale mescolanza di persone!”. Davydov allora decise che bisognava essere più vicini alla gente comune per evitare malintesi. Sostituì la sua uniforme con una veste da contadino, si fece crescere la barba e iniziò a parlare la “lingua della gente”.
La storia ricorda molti nomi dei nobili ufficiali, comandanti delle “unità volanti”: Denis Davydov, Aleksandr Figner, Aleksandr von Benckendorff, Nikolaj Kudashev, ecc. I capi delle unità contadine, invece, sono quasi tutti dimenticati. Eppure, alcuni li conosciamo, come Vasilisa Kozhina, che organizzò un’unità partigiana fatta di donne e adolescenti per proteggere il suo villaggio. Spesso partecipava al trasporto di prigionieri di guerra francesi e abbatté persino un ufficiale nemico troppo caparbio a colpi di falce.
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