Così la battaglia di Mosca portò al flop della guerra lampo tedesca nel 1941

Storia
BORIS EGOROV
La controffensiva sovietica nei pressi della capitale russa nell’inverno del 1941 fu una vera sorpresa per la Wehrmacht, e segnò il fallimento dell’Operazione Barbarossa. I tedeschi erano sicuri che l'Armata Rossa non ce l’avrebbe fatta, e invece...

Il periodo iniziale dell'Operazione Barbarossa si rivelò un vero incubo per l'Armata Rossa. Ormai da diversi mesi la Wehrmacht aveva occupato l'intera regione baltica, la Bielorussia e gran parte dell'Ucraina. Centinaia di migliaia di soldati sovietici erano stati uccisi o catturati, mentre i tedeschi si stavano avvicinando pericolosamente alle due principali città del paese: Leningrado e Mosca.

All'inizio di ottobre 1941, a soli 200 km dalla capitale, vicino a Vyazma, quattro eserciti sovietici, dopo essere stati circondati, persero circa un milione di persone, tra morti, feriti e soldati catturati. Mosca si ritrovò praticamente indifesa. Il 15 ottobre la città si lasciò prendere dal panico: i suoi abitanti iniziarono a fuggire in massa verso est, e il caos fu accompagnato da saccheggi e rapine. “Un gruppo di persone in strada stava forzando le porte di un negozio, qualcuno stava rubando del cibo, - raccontò l'ingegner Susanna Karpacheva. - C'era un flusso infinito di gente con i bagagli che si muoveva lungo la strada; al loro fianco sfrecciavano automobili e furgoni carichi di oggetti di uso domestico. Oggi la gente lascia Mosca proprio come ieri lasciava Vyazma”. Solo con l’introduzione di misure severe, come il coprifuoco e le pattuglie militari, le autorità riuscirono a riportare la situazione alla normalità.

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In attesa dell’arrivo delle unità di riserva dalla Siberia, dagli Urali e dall'Estremo Oriente per difendere la capitale, il comando sovietico cercò di guadagnare tempo frenando l’arrivo del nemico il più a lungo possibile. Tutti i reggimenti e le divisioni disponibili furono dislocati sulle linee di difesa costruite in fretta e furia nelle vicinanze di Mosca. Furono rinforzate dai cadetti della scuola militare di Mosca e Podolsk, molti dei quali non avevano ancora compiuto 18 anni. Dopo il diploma, avrebbero dovuto unirsi alle forze armate come ufficiali, ma ora andavano al fronte come soldati semplici.

In mezzo a combattimenti così pesanti e feroci, i distaccamenti combinati dei cadetti delle scuole di fanteria e artiglieria di Podolsk, che avevano perso ben 2.500 uomini su un totale di 3.500, riuscirono ugualmente a tenere a bada il nemico per 12 giorni. “Il primo plotone ha fatto saltare in aria un bunker dove abbiamo sfondato le linee, - avrebbe raccontato poi Adalbert Wasner, della 19a divisione Panzer della Wehrmacht. - Ne è seguito un combattimento ravvicinato estremamente feroce, con perdite per entrambe le parti. Sono stati presi i primi prigionieri: si tratta dei cadetti della scuola militare di Podolsk, chiamati ‘i cadetti di Stalin’; hanno combattuto tutti con grande coraggio”. 

Il 7 novembre, nel giorno del 24° anniversario della Rivoluzione bolscevica, si tenne una parata militare in Piazza Rossa. Alcune delle unità che vi parteciparono marciarono poi dritte verso il fronte, che si stava spostando minacciosamente sempre più vicino alla capitale. Come scrisse il maresciallo Georgij Zhukov nel suo “Ricordi e riflessioni”: “Quell’evento (la parata, ndr) ebbe un peso enorme per rafforzare il morale dell'esercito e del popolo sovietico e fu di grande importanza internazionale”. La marcia dimostrò al mondo che l'Unione Sovietica non era ancora stata sconfitta. E, cosa ancor più importante, alla parata si presentò anche Stalin, che tenne un discorso: un segnale importante, giacché la gente si rese conto che il comandante supremo era ancora a Mosca, anche se la maggior parte del governo ormai era stata evacuata a Kuibyshev (l’attuale Samara).

Il 2 dicembre, alcune unità della seconda divisione Panzer della Wehrmacht occuparono il villaggio di Krasnaya Polyana, a soli 30 km dal Cremlino. Dato il vasto territorio e le risorse umane a disposizione dell'URSS, i capi militari tedeschi capirono che la guerra non era ancora finita, ma erano ugualmente sicuri che la spina dorsale dell'Armata Rossa ormai era stata spezzata. “L'esercito russo potrebbe non rappresentare più una minaccia per l'Europa”, scrisse Franz Halder, capo di stato maggiore dell'Alto Comando dell'esercito in un diario di guerra del 23 novembre.

Eppure, gli interessi della Wehrmacht in marcia verso la capitale sovietica non stavano andando così bene come avrebbe voluto la leadership militare tedesca. L'ostinata resistenza dell'Armata Rossa e i costanti contrattacchi finirono per esaurire e sovraccaricare le truppe tedesche. Inoltre, i tedeschi iniziarono ad accusare problemi con i rifornimenti, e i loro cavalli cadevano come mosche, stremati dall’inverno e dall’assenza di cibo. 

L'esercito tedesco sperava in una spinta finale e decisiva verso Mosca, ma non aveva considerato che in città si stavano radunando alcune grosse riserve dell'Armata Rossa, appena addestrate. Il 5 dicembre le truppe del Fronte occidentale guidate da Georgij Zhukov e del Fronte sud-occidentale guidato da Konstantin Timoshenko lanciarono una controffensiva su larga scala. “Mentre avanzavamo, la nostra artiglieria sferrava un fuoco così pesante che spesso riusciva a sopprimere le difese tedesche ancor prima che la fanteria si avvicinasse alle loro posizioni. Ecco perché quando siamo entrati nei villaggi, i tedeschi li avevano già abbandonati. Fu lì che vidi per la prima volta i lanciarazzi Katyusha in azione: uno spettacolo indimenticabile. Naturalmente, tutti i villaggi erano stati rasi al suolo”, raccontò il soldato semplice Gerts Rogovoj

Le truppe tedesche cominciarono a ritirarsi in fretta e furia dalla capitale. In alcuni luoghi la ritirata si trasformò in una fuga nel panico, e le unità dell'Armata Rossa che avanzavano riuscirono a sequestrare i sistemi di artiglieria abbandonati dal nemico. Il 19 dicembre Adolf Hitler sostituì il comandante Fedor von Bock con Walther von Brauchitsch; anche il comandante del 2° Gruppo Panzer, Heinz Guderian, perse il posto. Tempo dopo, un soldato avrebbe scritto: “L'attacco a Mosca è fallito. Tutti i sacrifici e gli sforzi delle nostre valorose truppe sono stati vani”. Solo all'inizio del gennaio 1942 i tedeschi riuscirono a stabilizzare la linea del fronte. 

Dopo aver inflitto un duro colpo alla Wehrmacht, l'Armata Rossa spinse il nemico a 100-250 km da Mosca. Riuscì a liberare significative porzioni di territorio e a neutralizzare la minaccia per la capitale. Tuttavia, gli ambiziosi piani della leadership militare per continuare l'offensiva e sconfiggere completamente il Gruppo d'armate Centro (una delle unità strategiche dell'esercito tedesco operanti sul fronte orientale) portarono a pesanti combattimenti e a difficili tentativi di sfuggire al'accerchiamento e a pesanti perdite per le truppe sovietiche. Nonostante il trionfo nella battaglia di Mosca e il crollo della strategia della guerra lampo, la svolta nel conflitto doveva ancora arrivare.

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