La Strada delle ossa, custode degli orrori dell’URSS

Storia
ALEKSANDRA GUZEVA
Una delle pagine più terrificanti della storia russa si è consumata qui, su questo tratto stradale perso nel nulla, dove nella metà del ‘900 migliaia di prigionieri dei gulag sono stati costretti a lavorare in condizioni disumane, soffrendo il freddo e la fame. Oggi questa autostrada, considerata la più pericolosa del paese, ci ricorda le tante vittime degli orrori staliniani e dell’industrializzazione forzata

L’autostrada Kolyma R504 non è una meta molto pubblicizzata sugli itinerari turistici della Russia. E si capisce bene: una delle principali arterie dell’Estremo oriente è un tratto pericolosissimo da percorrere, e per questo frequentato solo da avventurieri alla ricerca di emozioni forti. 

L'autostrada è coperta da un misto di terra e ghiaia, che la rende percorribile solo durante il periodo estivo, quando il clima secco ne facilita la circolazione, o in pieno inverno, quando viene coperta da uno spesso strato di ghiaccio e neve. Nelle altre stagioni è difficilmente accessibile e completamente coperta di fango. 

In inverno, gli automobilisti locali non spengono mai il motore dell’auto, perché c'è il rischio di non riuscire più a riaccenderla e restare quindi bloccati in mezzo al nulla e al gelo. Lo scenario sarebbe dei più drammatici, con un’elevata probabilità di rimetterci la pelle, sperduti in mezzo alla natura più selvaggia. 

L'autostrada ha ottenuto il soprannome di “strada sulle ossa” (in russo: “doròga na kostjàkh”), per via del suo sinistro passato.  

Il nome di “Kolyma”, infatti, è strettamente associato ai gulag. In queste terre remote esisteva il Campo correttivo di lavoro del Nordest, chiamato “Sevvostlag”: una serie di campi di lavoro dislocati lungo il corso del fiume Kolyma.  

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La triste storia di questo luogo è stata raccontata dallo scrittore Varlam Shalamov, ex prigionero del gulag. Il suo libro “Racconti di Kolyma” è forse la testimonianza più atroce e impressionante sui campi di lavoro forzati voluti da Stalin. 

Nelle sue pagine Shalamov racconta al mondo le drammatiche condizioni nelle quali erano costretti a vivere i prigionieri, obbligati a lavorare all’aperto anche in pieno inverno, in un luogo dove le temperature arrivano facilmente a -50°C, estraendo minerali di ferro e perfino uranio radioattivo. 

Tra i compiti più difficili c’era l’estrazione dell’oro, che doveva essere lavato con l’acqua anche nei giorni più freddi. I detenuti ovviamente non venivano nutriti a sufficienza e non avevano abiti adatti a sopportare un simile gelo. Molti morirono, ancor di più si ammalarono, senza alcuna possibilità di essere curati.

Per facilitare l'accesso alle miniere in quei luoghi selvaggi, i prigionieri venivano obbligati a costruire le infrastrutture, come strade e binari ferroviari. Realizzarono più di 3.000 km di strade, tra cui un percorso di oltre 2.000 km che collega la città di Magadan a Yakutsk. Ufficialmente, la denominazione di questa strada è “il tratto Kolyma”, ma è più comunemente chiamata la “Strada delle ossa”.

I prigionieri hanno passato 20 anni a costruire la strada, dal 1932 al 1952; dopo di che il campo è stato chiuso. Secondo i dati ufficiali, nel corso di quegli anni lì hanno lavorato circa 700.000 prigionieri; il picco è stato raggiunto nel 1940, quando nelle miniere e nella costruzione delle infrastrutture sono stati impiegati 190.000 uomini e donne. Si stima che in questo campo siano morte più di 125.000 persone.