Caterina la Grande è stata l’ultima donna a governare l’Impero russo. Poi, dal giorno della sua morte, il 17 novembre 1796, non ci furono più donne nella politica della Russia zarista. Anche alla Duma di Stato (il Parlamento russo concesso da Nicola II dopo la Rivoluzione del 1905) non c’erano donne, visto che non avevano ancora ottenuto il diritto di voto né passivo né attivo.
Fu con la Rivoluzione d’Ottobre, nel 1917, quando i bolscevichi salirono al potere, che alle donne furono garantiti gli stessi diritti degli uomini. Tuttavia, non ci furono molte donne nei più alti livelli della politica dello Stato sovietico. Ad esempio, nel 1937, la prima legislatura del Soviet supremo dell’Unione Sovietica (1.143 deputati) vide elette 225 donne, il 17% del totale. Durante l’era sovietica, questo numero aumentò solo fino al massimo del 33% delle donne nel Soviet Supremo nel 1984 (XI legislatura). Per un raffronto: nella prima legislatura del Parlamento italiano (Camera e Senato), eletta nel 1948, le donne erano il 5%; alle elezioni del 1983, per la IX legislatura, erano salite appena al 7%, e attualmente, nel corso della XVIII legislatura (elezioni del 2018) sono il 31%.
In ogni caso, il Soviet Supremo non era il vero organo di governo dell’Urss: era il Politburo del Comitato centrale del Partito comunista l’istituzione che esercitava effettivamente il potere esecutivo. E non ci sono praticamente mai state donne nel Politburo. Una delle poche fu Elena Stasova, nei primi anni dell’esistenza della Russia sovietica e dell’Urss.
Elena Stasova parla con Vladimir Lenin durante la seconda Internazionale Comunista (Comintern); Mosca, 1920
Viktor Bulla/SputnikEléna Stàsova (1873-1966) proveniva da una famiglia nobile, era brillantemente istruita e pensava che tutto quello fosse stato possibile solo grazie al duro lavoro delle masse: “Il mio senso del dovere verso la gente, gli operai e i contadini che hanno dato a noi, l’intellighenzia, l’opportunità di vivere come abbiamo fatto, è diventata sempre più forte”, scrisse la Stasova.
Stasova era una propagandista e un’organizzatrice e lavorò in Svizzera (fianco a fianco con Lenin), Finlandia, nel Caucaso e in tutta la Russia. Tra il 1913 e il 1916 visse in esilio, usando in clandestinità il soprannome di “Absoljut” (“Абсолют”). Era intransigente, e totalmente dedita alla costruzione di un futuro comunista.
Elena Stasova
Mikhail Gershman/SputnikNei primi organigrammi del Partito comunista del nuovo Stato, la Stasova fu membro del Politburo, fin dal 1917, e addirittura segretario del Comitato centrale (1919-1920), il grado più alto che una donna abbia mai raggiunto nello Stato sovietico. Dopo il 1920, Stasova occupò diverse posizioni statali e fu attivamente coinvolta nella società fino al suo pensionamento formale nel 1946. Elena Stasova visse fino a 93 anni e morì a Mosca nel 1966.
Polina Zhemchuzhina
TASSPolìna Zhemchùzhina (nata Perl Karpóvskaja; si noti che “zhemchuzhina” in russo significa “perla”, come il suo esotico nome all’anagrafe; 1897-1970), ebbe piccoli ruoli nella propaganda nei primi anni sovietici, ma nel 1921 sposò Vjacheslav Molotov (1890-1986), già alto funzionario (in quel momento era segretario del Partito Comunista in Ucraina). Inoltre, Zhemchuzhina divenne un’amica stretta di Nadezhda Allilueva (1901-1932), la seconda moglie di Stalin.
Dalla fine degli anni Venti, la carriera della Zhemchuzhina esplose. A quanto pare, lei scelse di essere messa a capo dell’industria dei profumi dell’Urss, quando suo marito Molotov nel 1930 divenne il “primo ministro” dell’Urss, più precisamente il Presidente del Consiglio dei commissari del popolo dell’Urss.
Nel 1930-1932, Zhemchuzhina diresse la famosa fabbrica di profumi “Nóvaja Zarjà” (“Nuova Alba”), dal 1936 diresse il Dipartimento centrale di profumi e cosmetici, e dell’industria del sapone, mentre dal 1939 (mentre il marito diventava ministro degli Esteri) divenne Commissario del popolo per l’industria ittica. Tuttavia, Zhemchuzhina ricoprì quella carica solo per 10 mesi, e presto fu declassata a posti di rango inferiore.
Polina Zhemchuzhina, deputata del Soviet Supremo dell'Unione Sovietica
Foto d'archivioNel 1949, la Zhemchuzhina fu espulsa dal Partito Comunista, a quanto pare per aver espresso apertamente sostegno al popolo ebraico e al neonato stato di Israele (era ebrea di nascita). Molotov non riuscì a salvare sua moglie dalle repressioni: il fratello e la sorella della Zhemchuzhina furono arrestati e in seguito morirono in prigionia, e alla fine del 1949 anche Polina Zhemchuzhina fu condannata a 5 anni di confino. Fu rilasciata e riabilitata politicamente nel 1953, dopo la morte di Stalin, e visse a Mosca fino alla morte, nel 1970, restando sempre, fino alla fine dei suoi giorni, stalinista.
Marija Kovrigina, 1983
Andrej Solomonov/SputnikMarìja Kovrìgina (1910-1995) proveniva da una semplice famiglia contadina russa e il successo nella sua carriera può essere attribuito alle sue capacità di farsi valere e notare. All’età di 14 anni, nel 1924, divenne membro del Komsomol (l’Unione della Gioventù Comunista Leninista di tutta l’Unione; l’organizzazione giovanile del Partito Comunista) e, a 17 anni, era già segretaria della sezione locale del Komsomol nel suo villaggio, Katajsk (al giorno d’oggi nella Regione di Kurgan).
La Kovrigina studiò poi medicina e lavorò a Cheljabinsk, raggiungendo il grado di capo dello staff del Dipartimento regionale della salute e dell’istruzione di Cheljabinsk. Durante la Seconda guerra mondiale, era responsabile dell’accoglienza e del sostentamento degli sfollati (compresi i bambini evacuati da Leningrado durante il suo assedio). Sebbene risiedesse a Cheljabinsk, ricevette per questo una medaglia “Per la difesa di Leningrado”. Nel 1942, la Kovrigina fu nominata viceministro della Sanità, nel 1950 divenne ministro della Sanità della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e poi, dal 1954, dell’intera Unione Sovietica, incarico che occupò fino al 1959.
Durante i suoi anni come ministro, il suo contributo più importante fu il decreto del 1955 del Soviet Supremo dell’Urss per la depenalizzazione degli aborti in Urss (gli aborti, dopo essere diventati legali subito dopo la Rivoluzione, erano stai vietati nel 1936 da Stalin). A parte questo, la Kovrigina introdusse un aiuto finanziario per le madri con tre o più bambini, e aumentò il congedo di maternità ufficiale a 112 giorni. Insomma, fece molto per aiutare le giovani madri dell’Urss. Dopo aver lasciato l’incarico al ministero nel 1959, la Kovrigina lavorò come direttrice dell’Istituto centrale di formazione medica avanzata. Ha vissuto fino a 84 anni ed è morta a Mosca.
Ekaterina Furtseva
Rykov/SputnikIn Unione Sovietica, Ekaterìna Fùrtseva (1910-1974) fu famosa come ministro della Cultura, carica che ricoprì dal 1960 alla morte, ma lei riteneva questa posizione un declassamento e la considerò una sorta di esilio interno.
I primi anni di Ekaterina Furtseva sono molto simili a quelli di Marija Kovrigina: la Furtseva era cresciuta in una semplice famiglia operaia. Sua madre, Matrjona Furtseva era analfabeta. A 14 anni, Ekaterina entrò nel Komsomol, e già a 20 anni divenne membro del Partito Comunista e presto fu eletta segretaria del Comitato cittadino del Komsomol di Feodosia, in Crimea.
Furtseva salì la gerarchia di partito con enorme velocità, diventando un membro del Comitato centrale del Komsomol nel 1935. Ma la sua vita privata era in subbuglio. Nel 1942 il suo primo marito, il pilota militare Pjotr Bitkov, lasciò Ekaterina e la loro bambina per un’altra donna, proprio mentre la Furtseva era sopraffatta dal lavoro. In qualità di funzionario del partito, prese infatti parte all’organizzazione dell’evacuazione di Mosca in tempo di guerra.
Ekaterina Furtseva
Giorgio LottiIl duro lavoro alla fine venne ripagato: negli anni Quaranta, la Furtseva divenne amica di Nikita Khrushchev, il segretario del Comitato centrale del Partito comunista della città di Mosca. Quando dopo la morte di Stalin, Khrushchev divenne il leader della nazione, Furtseva avanzò nei ranghi del partito fino a diventare, nel 1957, uno dei membri del Politburo, seconda donna nella storia dopo Elena Stasova.
Alla fine degli anni Cinquanta, però, gli intrighi all’interno del Partito portarono all’esclusione delle Furtseva dal Comitato Centrale e, nel 1960, al “declassamento” a Ministro della Cultura. Apprendendo la decisione, la Furtseva cercò di uccidersi tagliandosi le vene, ma si salvò. Come ministro della Cultura, è una figura controversa: vietò la vendita dei dischi di gruppi rock stranieri in Urss, ma aiutò a organizzare numerose mostre d’arte, incoraggiò la costruzione di innumerevoli edifici teatrali e promosse il balletto russo.
Raisa Gorbacheva
Yurij Lizunov/TASSSebbene non fosse un servitore dello Stato, Raisa Gorbacheva (pronuncia: Gorbachjóva; 1932-1999), moglie dell’ultimo segretario generale del Pcus Mikhail Gorbachev (nato nel 1931), influenzò notevolmente la vita politica sovietica. Divenne, di fatto la prima “First Lady” del Paese, con esposizione mediatica alla occidentale.
Le mogli dei leader sovietici, Stalin, Khrushchev, Brezhnev, non furono quasi mai viste in pubblico vicino ai loro mariti, quasi come se fossero zarine dell’antica Russia, che vivevano praticamente segregate. Era Valentina Tereshkova, la prima donna cosmonauta, ad accompagnare di solito le mogli dei capi di Stato e di governo esteri in visita nell’Urss. Raisa Gorbacheva aprì una fase totalmente nuova. Prima dell’elezione del marito al più alto incarico era un’insegnante di filosofia. Ma come moglie del Segretario generale del Pcus, accompagnò il marito durante tutti i suoi viaggi ufficiali, compresi, ovviamente, quelli all’estero.
Nel dicembre 1984 Raisa accompagnò Gorbachev (che era ancora il numero due del Cremlino) nella sua visita in Gran Bretagna, dove ebbe un incontro con la premier Margaret Thatcher. Raisa, a differenza di Mikhail, parlava bene l’inglese, il che ovviamente la aiutò a comunicare con la Thatcher, e più tardi con Nancy Reagan durante la visita di Gorbachev negli Stati Uniti del 1987. Raisa era poi immancabilmente presente durante le visite di presidenti e premier stranieri in Urss.
Il Segretario generale del PCUS Mikhail Gorbachev (il secondo da destra) e il presidente USA Ronald Reagan (al centro) insieme alle rispettive consorti durante un incontro al Cremlino, in occasione di una visita ufficiale di Reagan in URSS, 1988
Yurij Abramochkin/SputnikE lei era sempre con Mikhail anche in tv. I suoi abiti, i cappotti, il trucco erano invidiati da tutte le donne sovietiche, e non sempre in modo positivo, perché negli anni Ottanta il Paese stava attraversando una grave crisi economica, e trovare simili abiti e cosmetici non era cosa da tutti. Tuttavia, la Gorbacheva ha negato di aver comprato vestiti costosi: “Ci sono molti miti su alcune delle mie straordinarie passioni per ville, dacie, abiti di lusso, gioielli”, disse una volta Raisa Gorbacheva. “Non ho mai ordinato abiti da Yves Saint Laurent, come hanno affermato i giornalisti… ero vestita dalle stiliste di uno studio di via Kuznetskij Most”.
Raisa Gorbacheva si impegnò anche molto nel lavoro di beneficenza e sostenne la conservazione del patrimonio russo. Incoraggiò la creazione del Fondo della cultura sovietica, che sostenne musei e biblioteche e finanziò progetti di restauro. La Gorbacheva era anche un membro di presidenza del fondo di beneficenza “Detjam Chernobylja”, che si occupava di aiutare i bambini vittime della tragedia di Chernóbyl. Rimase vicina a suo marito dopo la caduta dell’Urss, continuando le sue attività pubbliche e di beneficenza. Morì di leucemia nel 1999, all’età di 67 anni.
Venti poster di propaganda che mostrano come doveva essere la donna sovietica
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