Cosa cercavano in gran segreto gli occultisti nazisti in Unione Sovietica?

Russia Beyond, Getty Images
L’associazione Ahnenerbe di Heinrich Himmler tentava di trovare in giro per il mondo “eredità ancestrali” che fornissero le prove della superiorità della cosiddetta “razza ariana”

“Non abbiamo nulla a che spartire con quelle persone che intendono il nazionalismo solo come un insieme di leggende e miti. […] Ora stanno iniziando a condurre ricerche basate sulla mitica cultura degli atlantidei!”, disse Adolf Hitler nel 1936, un anno dopo la fondazione della Forschungsgemeinschaft Deutsches Ahnenerbe e. V., meglio conosciuta semplicemente come Ahnenerbe, e traducibile come “Società di ricerca dell’eredità ancestrale”. Tra i fondatori c’era Heinrich Himmler, uno degli uomini più influenti del Reich dopo il Führer.

Le relazioni tra Hitler e tutti i vari occultisti erano complesse e cambiarono più e più volte. Fino al 1920, lui e gli altri suoi compagni d’armi del futuro partito nazionalsocialista avevano un interesse attivo per gli aspetti mistici delle origini dei tedeschi. Entrarono a far parte di varie società (come la Società Thule), dove si studiavano il paganesimo e gli antichi culti germanici. Un neopagano, Alfred Rosenberg, fu tra l’altro, nominato da Hitler nel 1934 alla carica di responsabile dell’educazione ideologica del partito (nonostante l’indignazione della chiesa). Tuttavia, dopo i primi anni Venti, l’attenzione per gli occultisti e il misticismo da parte di Hitler era diminuita. Tanto che li attaccò apertamente nel “Mein Kampf” (la prima edizione del libro è del 1925).

Ma l’Ahnenerbe, fondata il 1º luglio 1935, nonostante tutto, esistette fino al 1945. Nell’élite tedesca c’erano molti che ancora sostenevano con entusiasmo queste idee. Poco dopo la sua creazione, l’Ahnenerbe divenne ufficialmente parte delle SS. Con oltre 300 scienziati che ne facevano parte, l’organizzazione continuò per tutto questo periodo a cercare il patrimonio e le tradizioni della cosiddetta “razza germanica”. In effetti, in tutto il mondo hanno spesso cercato cose molto strane, come la spada di Re Artù o il Santo Graal. Tutte cose che gli occultisti consideravano “tesori degli ariani”. E qualcosa, secondo loro, era rimasto sul territorio dell’Unione Sovietica, nel Caucaso.

L’ingresso per le grotte degli atlantidei

Secondo alcune teorie naziste, la culla della “razza ariana” poteva essere il Tibet. Nel 1938, i membri di Ahnenerbe, guidati dallo zoologo Ernst Schäfer, un uomo della cerchia ristretta di Hitler, partirono per una spedizione sulle montagne tibetane, dove, oltre a svolgere compiti scientifici, cercarono tracce della prereligione “ariana” e degli antenati “ariani”.

Gli atlantidei, secondo loro, dovevano ancora esistere e nascondersi in profondità nelle grotte del Tibet. È chiaro che non ricevettero nessuna informazione sull’ingresso di queste grotte dai lama locali, ma la ricerca non si è fermò. In quel momento, aveva una certa diffusione la strampalata teoria che esistesse una “porta sul retro” per le grotte del Tibet, e che fosse nel Caucaso.

“L’attività dell’Ahnenerbe nel Caucaso è un fatto ben noto”, afferma lo storico Igor Vasiljev. “Probabilmente, il Caucaso era considerato dagli occultisti tedeschi come, diciamo, una versione low cost del Tibet, dove era comunque possibile cercare cose molto misteriose”.

Nell’agosto 1942, una divisione alpina d’élite della Wehrmacht, con alcuni membri di Ahnenerbe, conquistò la cima del Monte Elbrus (la cima più alta d’Europa, con i suoi 5.642 metri), in Cabardino-Balcaria, issandovi la bandiera nazista. L’operazione fu denominata in codice “Edelweiss” (“stella alpina”) e, secondo i ricercatori, non era giustificata da alcuno scopo militare: per i nazisti gli unici obiettivi strategici nel Caucaso erano la presa dei porti del Mar Nero e dei giacimenti di petrolio di Baku, e non certo lo scalare una vetta montana.

Per questo, come ha ricordato Albert Speer, l’architetto ministro degli Armamenti e della produzione bellica del Reich dal 1942 al 1945, Hitler era furioso: “Ancora diversi giorni dopo, se la prendeva, parlando con tutti i suoi collaboratori, con ‘quegli alpinisti dal cervello bacato’ che, secondo lui, ‘sarebbero dovuti essere portati davanti a un tribunale militare!”. Nel bel mezzo della guerra, per il Führer, avevano seguito “ambizioni idiote”, occupando “picchi idioti”, proprio quando lui aveva ordinato di concentrare tutte le forze per lo sfondamento verso Sukhumi.

Tuttavia, il Monte Elbrus era stato preso e in quella zona fu persino stabilita una base. E nel 2015, i resti di una compagnia di soldati della divisione Edelweiss sono stati ritrovati qui. Erano rimasti sepolti da una valanga. Non lontano da quei luoghi, nel massiccio del Kharakhora, in una grotta di 78 metri, è stata rinvenuta invece una valigia marrone con il logo “di Ahnenerbe”: al suo interno c’erano teschi e ossa, molto difficili da identificare.

Le ossa e un teschio misterioso

“In questa zona fu effettivamente attiva la squadra di Herbert Jankuhn [a quel tempo archeologo e professore molto celebre in Germania], che fu inviato da Ahnenerbe”, conferma Konstantin Zalesskij, storico del Terzo Reich. “Prima andò in Crimea, e poi si spostò nel Caucaso. Ci sono prove documentali di questo, perché a fargli da scorta c’erano unità di combattimento delle SS. La squadra era esclusivamente impegnata nella ricerca e nel trafugamento di manufatti archeologici”.

“Molto probabilmente, il cranio era uno di quei reperti che avrebbero dovuto essere portati in Germania”, ritiene Zalesskij. Guardando il cranio, sembra che la creatura avesse occhi anomalamente grandi, narici, due protuberanze, come se fossero corna, ma non c’era apertura per la bocca.

Nikolaj Ovodov, paleontologo, ricercatore presso l’Istituto di archeologia ed etnografia dell’Accademia russa delle scienze, afferma che i nazisti avrebbero potuto scambiarlo per qualcosa di mistico. Ma forse “è solo un teschio di ariete, che, molto probabilmente, è rimasto nel flusso d’acqua per molto tempo, e sabbia e ciottoli lo hanno modificato nel corso degli anni”, crede.

I dolmen

I dolmen, le antiche strutture in lastre di pietra con un foro circolare d’ingresso, sono sparse un po’ ovunque nel sud della Russia (e sono state trovate anche in Francia, Spagna, Corea, Cina, Nord Africa, e Italia, particolarmente in Sardegna). Ovviamente attrassero i membri di Ahnenerbe. I nazisti un tempo credevano che i misteriosi dolmen fossero collegati agli atlantidei e fossero costruiti in luoghi con anomalie energetiche. “Molto probabilmente, i tedeschi stavano cercando conferma che questi artefatti fossero opera degli antichi ariani o dei goti, per esempio, che si stabilirono in questi luoghi”, suggerisce Igor Vasiljev.

Con quale principio sono stati effettivamente costruiti, rimane ancora un tema discusso. Negli ambienti scientifici si ritiene in generale che i dolmen, come tutte le strutture megalitiche (strutture fatte di pesanti lastre di pietra), siano stati costruiti nelle aree di anomalie geologiche della crosta terrestre, sulle sue faglie, durante l’età del bronzo. Furono eretti in diverse centinaia di esemplari come strutture sepolcrali (qualcosa come una cripta di famiglia). All’interno di un dolmen potevano esserci diverse decine di resti umani.

L’“acqua viva”

A questi ritrovamenti “Ahnenerbe” aveva iniziato a dare la caccia prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Secondo “Rossijskaja Gazeta”, gli idrologi della società nazista decisero poi per qualche oscuro motivo che l’acqua della grotta sotto il Lago Ritsa (in Abcasia) era l’ideale per la produzione di plasma sanguigno umano. Presumibilmente per questo motivo, degli ingegneri tedeschi esperti in strade di montagna offrirono negli anni Trenta aiuti all’Urss per la costruzione della strada Pitsunda-Ritsa. Era strategica.

L”“acqua viva” proveniente dall’Abcasia veniva trasportata in lattine d’argento prima fino al mare, poi con i sottomarini fino alla base di Costanza, in Romania, e da lì in aereo in Germania. C’erano persino dei progetti di costruire un tunnel per sottomarini dal mare fino a Ritsa”, afferma Ivan Bormotov, storico locale e professore associato all’Università tecnologica statale di Majkop. Tuttavia, la guerra interruppe tutti questi piani.


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