La Siberia, storicamente, a livello di geografia fisica, è una vasta regione dell’Asia settentrionale, separata a ovest dal territorio principale della Russia europea dalla catena montuosa degli Urali, delimitata a est dall’Oceano Pacifico (comprende quindi anche quello che, in geografia politica, è l’Estremo Oriente russo), e racchiusa a nord e a sud dai confini di Stato della Russia. Così intesa, l’area della Siberia è di oltre 13,1 milioni di chilometri quadrati. Costituisce dunque il 77% della superficie della Russia moderna e ospita circa il 25% dei suoi abitanti (36 milioni). Ma c’è stato un remoto periodo storico in cui con “Siberia” si indicava un Paese a sé stante. Cos’era e quando è scomparso?
Nessuno lo sa per certo, ma ci sono alcune ipotesi. Nelle lingue turche, “Siber / Chiber” significa “bello”, nella lingua tatara “Seber” significa “bufera di neve”, e in mongolo “Shiber” significa “palude”. Il nome potrebbe derivare da una qualsiasi di queste parole. La parola “shibir” in “La storia segreta dei mongoli”, il più antico testo mongolo, risalente al 1240, appare in relazione alla storia di come il comandante Joci (tramandato anche come Juci o Zuchi), il figlio primogenito di Gengis Khan, conquistò le terre e le popolazioni che vivevano “nel sud di Shibir, tra i fiumi Ob e Irtysh”.
Infine, la versione più affascinante sostiene che il nome Siberia derivi da “sipyr”, le genti che popolavano la tundra polare dell’attuale Circondario autonomo Jamalo-Nenets. Questa gente era anche chiamata “sikhirtja”. I nenets credevano che i sikhirtja vivessero sottoterra e pascolassero “cervi di terra”; ossia mammut. In precedenza, questo popolo era considerato completamente mitologico, ma nel gennaio 2020 sono stati rinvenuti nuovi reperti archeologici che probabilmente testimoniano insediamenti riconducibili a questa civiltà.
Circa 1500 anni a.C., il territorio della Siberia iniziò a essere insediato da tribù di lingua iranica. Mille anni dopo, nel VI secolo a.C., arrivarono qui popoli di lingua turca, e nel XII-XIII secolo, a seguito della mescolanza di tribù iraniche turche e ugriche, si formò il gruppo etnico dei tartari siberiani.
All’inizio del XIII secolo, l’impero mongolo di Gengis Khan soggiogò le tribù che abitavano la Siberia. Uno dei sovrani locali, il Principe Taibuga, per salvarsi la vita e per il benessere delle sue terre, accettò di sottomettersi a Gengis Khan. Taibuga iniziò a raccogliere tributi per Gengis Khan e fondò Chingi-Tura, la capitale del primo Stato a noi noto sorto sul territorio siberiano, che in seguito sarebbe poi divenuto il “Khanato di Sibir” (o “Khanato di Siberia”).
Poco prima della sua morte, nel 1224, Gengis Khan divise i suoi possedimenti tra i suoi figli, e le terre della futura Orda d’oro, compreso il territorio del futuro Khanato di Tjumen (poi “di Sibir”), diventarono un ulus, cioè un distretto in cui venivano raccolti i tributi per il figlio di Genghis il Khan Joci, e presto, dopo la sua morte, avvenuta nel 1227, per il nipote di Genghis Khan, Shibani. Quest’ultimo fondò la dinastia degli Shaybanidi, che proseguì a governare sul suo ulus. Quando il potente sovrano Uzbek Khan salì al potere nell’Orda d’oro alla fine del XIII secolo, lasciò indipendente questo ulus, che già si chiamava di Tjumen. Tutti gli altri ulus dell’Orda furono invece riformati e assoggettati al controllo diretto di Uzbek Khan. All’inizio del XV secolo, a seguito della crisi politica nell’Orda d’oro, la dinastia degli Shaybanidi proclamò il suo ulus indipendente, nel 1420, con fondatore il Khan Haji Muhammad. Nel 1468 divenne il “Khanato di Tjumen”. Nel 1495, i nemici Taibugidi (la dinastia erede di Taibuga) attaccarono il Khanato, uccisero il Khan Ibak della dinastia degli Shaybanidi, e trasferirono la capitale del Khanato da Chingi-Tura a Qashiliq, nota anche come Isker o Sibir. Da lì in poi, il nuovo Khanato di Sibir fu governato dai Taibugidi.
Il Khanato di Sibir era un Paese con molte etnie e fedi, ma la popolazione turca dominava le tribù locali indigene dei Khanty, dei Mansi e altre. Il capo dello Stato era il Khan, che veniva eletto dall’aristocrazia turca. Il Khan viveva nel suo Palazzo-fortezza, costruito con mattoni di argilla cruda. Per la costruzione di tali edifici, di solito venivano invitati architetti dell’Asia centrale, che sapevano creare elementi decorativi caratteristici. Ma tali palazzi erano di breve durata a causa del loro materiale, e i resti non hanno raggiunto i nostri giorni.
La popolazione era impegnata nell’allevamento, nella caccia e nella pesca. Si coltivava poco la terra, ma fiorivano i mestieri: ceramica, tessitura e lavorazione dei metalli. All’interno della città, la popolazione umile viveva in yurte, le tipiche tende di cui erano composte intere strade. Il Khanato di Sibir conduceva molto attivamente i commerci, poiché si trovava sulle rotte commerciali dall’Asia all’Europa.
Nel XVI secolo, Mosca conquistò i Khanati di Kazan (1552) e di Astrakhan (1556), i più grandi “frammenti” dell’Orda che resistevano al potere dello Zar russo. La presa di Kazan fu particolarmente cruenta. Sebbene il Khanato di Sibir fosse separato dallo Zarato russo (come nel 1547 era stato ribattezzato il Granducato di Mosca) dalla catena degli Urali, tuttavia il Khan Edigey (della dinastia Taibugide) riconobbe la dipendenza da Mosca nel 1555 e iniziò persino a pagare tributi.
Ma nel 1563, il potere nel khanato fu preso dal Khan Küçüm, della dinastia degli Shaybanidi. Nel 1571 inviò un enorme tributo di 1000 zibellini a Mosca, ma dopo questo gesto di grandeur, interruppe le relazioni tributarie, e un anno dopo mandò suo nipote Mahmet-kul (Mametkul) in quella che oggi si direbbe una missione d’intelligence e di sabotaggio nelle terre russe. Mahmet-kul disturbò la popolazione dei villaggi dei mercanti Stroganov, che estraevano sale nelle miniere di Perm, saccheggiò diversi villaggi e fece prigionieri dei civili. Spaventati dal fatto che le orde tatare avrebbero rovinato i loro affari, gli Stroganov iniziarono a cercare chi potesse difenderli e assunsero il capo cosacco Ermak con la sua squadra.
Nel 1582, Ermak, con diverse centinaia di soldati armati fino ai denti, lasciò Orjol-Gorodok, la residenza-fortezza degli Stroganov sugli Urali, attraversò le montagne e conquistò l’antica capitale del Khanato di Tjumen, Chingi-Tura. Presto ebbe luogo la battaglia decisiva, nei pressi del Promontorio Chuvash, dove i fiumi Tobol e Irtysh si uniscono. Makhmet-kul radunò 15 mila soldati tatari, che furono però sbaragliati dalla piccola squadra Ermak, molto meno numerosa (circa 500 effettivi) ma armata di archibugi. Tre settimane dopo, Ermak occupò la capitale Qashiliq, da dove Khan Küçüm era già riuscito a scappare, facendo perdere le sue tracce nella steppa.
Ermak non tornò mai dalla campagna siberiana: fu ucciso in una delle scaramucce successive, e Khan Küçüm non si arrese mai allo zar di Mosca, scomparendo nelle steppe e attaccando le guarnigioni russe per molto tempo, fino alla fine del XVI secolo. Ma, seguendo i passi di Ermak, altre squadre di conquistatori russi, già meno spaventati dai tatari sconfitti, iniziarono a penetrare oltre gli Urali.
Presto apparvero le fortezze di Tjumen, Berjozov e Tobolsk. Quest’ultima, fondata a 17 chilometri da Qashiliq, fu a lungo chiamata “gorod Sibir”; “città Siberia”. Tobolsk divenne il centro della colonizzazione russa della regione e, sviluppandosi gradualmente, nel 1708, sotto Pietro il Grande, divenne la capitale della più grande provincia russa, la Gubernja (governatorato) di Siberia, che sarebbe rimasta un’entità unica fino alla riforma amministrativa del 1782, voluta da Caterina la Grande.
Chi era Ermak, l’eroe russo che con un manipolo di uomini conquistò la Siberia
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