Le testimonianze di tre americani che vissero nell’Urss sotto Stalin

Storia
GEORGY MANAEV
Abbiamo scelto una serie di citazioni di statunitensi che ebbero modo di vivere in Unione Sovietica negli anni Trenta: un ambasciatore Usa, un tecnico che lavorava in un’importante fabbrica automobilistica e uno scienziato politico

“Avere abbastanza pane da mangiare sembra quasi un miracolo”

Il 16 novembre 1933, gli Stati Uniti stabilirono relazioni diplomatiche con l’Unione Sovietica, e William C. Bullitt fu il primo ambasciatore Usa a Mosca, dal 1933 al 1936. Nell’aprile del 1936, in un suo cablogramma inviato al Dipartimento di Stato, descrisse il nuovo Stato come oscuro e minaccioso.

“Il tenore di vita nell’Unione Sovietica è straordinariamente basso, inferiore forse a quello di qualsiasi Paese europeo, compresi i Balcani. Tuttavia, i cittadini dell’Unione Sovietica hanno oggi un certo qual senso di benessere. Hanno sofferto così orribilmente dal 1914 per la Prima guerra mondiale, la Rivoluzione, la Guerra civile e la carestia, che avere abbastanza pane da mangiare, come hanno oggi, sembra quasi un miracolo.” 

Allo stesso tempo, nel 1933, Victor G. Reuther, un giovane ingegnere automobilistico, si recò a Nizhnij Novgorod (allora si chiamava Gorkij) per lavorare nello stabilimento automobilistico della Gaz. Anni dopo, ricordò: 

“La mattina in cui siamo arrivati, la temperatura era di meno 35 gradi. La stazione era pienissima e il fetore era indescrivibile. I contadini non sembravano più vivi della misere cose che avevano accanto, e coprivano quasi ogni centimetro del pavimento…”

La carestia stava devastando l’Unione Sovietica e i contadini viaggiavano in gran numero per trovare lavoro e cibo. Come sottolineava l’ambasciatore Bullitt, “tutto ciò che viene fatto per migliorare le condizioni di vita nelle città, e per costruire industrie, comunicazioni e macchine da guerra, viene fatto a spese dei contadini…”. 

Ma anche per gli ingegneri stranieri, le condizioni di vita erano terribili. Reuther ha ricordato: 

“Ci è stata data… una stanza così piccola che, quando ci sono stati consegnati i nostri bauli e le bici, abbiamo dovuto mettere dei ganci al soffitto e appenderli sopra i nostri letti. C’era solo una stufa elettrica come riscaldamento centralizzato e un gabinetto con un rubinetto di acqua fredda in corridoio. Le pareti erano fatte di fogli di compensato con sei o otto pollici [15-20 cm; ndr] di paglia e letame stipato tra di loro… un luogo di riproduzione perfetto per scarafaggi e parassiti di ogni sorta.” 

La fabbrica era in prima linea nella produzione industriale, quindi i suoi lavoratori venivano nutriti in modo decente rispetto alla maggior parte dei cittadini sovietici di quell’epoca, ed ecco cosa mangiavano, secondo Reuther: 

“Mangiavamo spesso nella caffetteria cooperativa invece che al ristorante speciale per stranieri, dove veniva offerto un cibo di qualità migliore allo stesso prezzo. Non volevamo favorire questo tipo di discriminazione di casta. Di solito c’era una grande scodella di schchi, o zuppa di cavoli, un grosso pezzo di pane nero e una tazza di tè leggero… Non avevamo burro per molti mesi; la carne fresca era un lusso raro, anche se occasionalmente c’erano alcuni pesci essiccati, la frutta fresca non esisteva proprio.” 

“Lo stalinismo all’inizio non fu una sorpresa”

George F. Kennan, l’autore della “dottrina del contenimento” antisovietica, prestò servizio nell’ambasciata statunitense nel periodo 1933-1936. Ha descritto molto precisamente la situazione: 

“…Sia il mantenimento della sicurezza politica interna che la costruzione dell’industria pesante sono stati effettuati a un costo terribile di vite e di speranze ed energie umane. È stato necessario l’uso del lavoro forzato su una scala senza precedenti nei tempi moderni in condizioni di pace”. 

Oltre a tutto ciò, il lavoratore russo viveva perennemente con la minaccia “dell’oppressione politica che pende come una spada sopra la sua testa”. Scrisse Reuther: 

“…Verso la fine di agosto, qualche colpo alla porta a mezzanotte ha preceduto l’arresto da parte della polizia segreta di un operaio italiano che era stato a Gorkij abbastanza a lungo da sposarsi e avere diversi figli. Il giorno seguente si sparse la voce che era stato in combutta con i trotzkisti e che sarebbe stato spedito in Siberia… Niente processo, nessuna difesa… Il linciaggio fu incoraggiato in ogni fabbrica in Russia… In queste circostanze, chiacchierare di politica era un tabù, ed era solo in quelle rare occasioni in cui eravamo soli con gli amici in una passeggiata attraverso i boschi o forse su una barca a remi nel mezzo del fiume Okà che potevamo parlare con un lavoratore russo della sua opinione sul regime di Stalin…”. 

Anche in queste circostanze, vi erano poche possibilità di diffuso malcontento o proteste da parte dei contadini e dei lavoratori. 

“La maggior parte dei cittadini dell’Unione Sovietica non aveva mai conosciuto la democrazia. Né sotto lo zarismo né con il comunismo avevano mai avuto il diritto di dissentire o la vera libertà di espressione. Pertanto, per la maggior parte di loro, lo stalinismo non fu inizialmente una sorpresa”, scrisse Victor G. Reuther 

“Non dovremmo mai inviare una spia in Unione Sovietica” 

Tuttavia, il potere del regime si basava non tanto sull’atteggiamento del popolo quanto sulla polizia. 

“…La polizia segreta e l’esercito sono meglio alimentati, acquartierati e trattati di qualsiasi altra parte della popolazione. La loro lealtà verso il regime sovietico è indiscutibile.” William C. Bullitt 

La sicurezza del potere sovietico si basa sulla disciplina ferrea del Partito, sulla severità e l’ubiquità della polizia segreta e sul monopolio economico senza compromessi dello Stato… Cautela, circospezione, flessibilità e inganno si rivelano qualità preziose; e il loro valore trova naturale apprezzamento nella mente russa o orientale”. George F. Kennan 

E così, la vita dei sovietici negli anni Trenta, agli occhi di Bullitt e Kennan, poteva lasciare solo un’impressione cupa. 

“I comunisti sono agenti di una potenza straniera il cui scopo non è solo quello di distruggere le istituzioni e le libertà del nostro Paese, ma anche di uccidere milioni di americani… Non culliamo neanche per un momento l’illusione che sia possibile stabilire relazioni veramente amichevoli con il governo sovietico…Non dovremmo mai inviare neanche una spia in Unione Sovietica. Non c’è arma allo stesso tempo così disarmante ed efficace nei rapporti con i comunisti come la pura onestà. Ne sanno molto poco.” – William C. Bullitt.

“I governanti non possono più sognare di separarsi dagli organi di repressione. Continueremo a lungo a trovare i russi difficili da gestire.” – George F. Kennan 

Ma alla fine del suo viaggio di lavoro, Reuther era più ottimista di Bullitt e Kennan alla fine del loro:

“Quando siamo partiti, i giovani tecnici sovietici, anche se non ancora così abili come gli attrezzisti americani, si erano assunti la piena responsabilità di costruire matrici sostitutive e progettarne di nuove…  Quasi tutti i lavoratori stranieri erano spariti… Ciò che era forse ancora più gratificante era la vista di centinaia di migliaia di contadini che si trasferivano negli appartamenti dei lavoratori e godevano, con i loro figli, un livello di educazione, cibo e assistenza sanitaria che non avevano mai conosciuto prima. Si può misurare una società in base al modo in cui tratta i suoi figli e i suoi vecchi, e per alcuni aspetti l’economia sovietica, seppur ancora primitiva, sembrava fare meglio di alcuni dei Paesi industrializzati avanzati.”

 

Quattro statunitensi molto amati in Unione Sovietica