Nella notte tra il 1º e il 2 febbraio del 1959, sugli Urali, una squadra di 9 escursionisti che si trovava alle pendici del Kholat Syakhl, che nelle lingua locale (mansi) significa “Montagna morta”, e si era accampata in tenda per la notte nei pressi di un passo montano, morì misteriosamente. I dettagli agghiaccianti e le circostanze inspiegabili della fine atroce di questi giovani sono diventati roba da incubi, narrativa horror e film di Hollywood. Ora, un blogger russo crede di essere arrivato più vicino alla verità di quanto nessuno lo sia mai stato prima.
I corpi furono scoperti in diversi punti e in momenti diversi; alcuni avevano segni di gravi traumi interni, altri mostravano tracce di radiazioni. Metà dei corpi erano nudi o indossavano i vestiti gli uni degli altri. E non c’era nessun oggetto, nelle vicinanze, che potesse aver causato le terribili ferite da schiacciamento degli organi interni per le quali erano morti alcuni di loro, concluse l’indagine sovietica.
Le teorie nei decenni sono impazzate: andando dalla psicosi omicida di un membro de gruppo agli alieni, agli esperimenti governativi. Sono fiorite congetture strampalate e bufale.
Ora, mentre si avvicina il sessantesimo anniversario della tragedia, il blogger russo Valentin Degterev, che gestisce una pagina sul paranormale e i fatti inspiegabili, sostiene che la morte del gruppo guidato dal ventitreenne Igor Djatlov sia stata causata da un missile nucleare balistico a corto raggio che ha colpito il lato della roccia. La prova sarebbe un cratere largo 30 metri, spiega nel suo blog, che può essere notato, grazie a un esame attento delle immagini satellitari della zona, e che si trova a circa tre chilometri dalla posizione della tenda del gruppo.
“Il granito è stato fuso diventando fondamentalmente vetro rosso. Penso che la temperatura al momento dell’impatto fosse molto alta. Questo è chiaramente visibile dalle immagini satellitari.”
E continua: “Essendosi svegliati per l’onda d’urto, [gli escursionisti] sono stati accecati dalla luce intensa, probabilmente con una perdita temporanea della vista. Questo spiega la loro fuga improvvisa e la discesa nel bosco.”
I risultati sono ancora più strani, data la convinzione di Degterev che il lancio del missile non sia stato un test.
“Probabilmente il missile è andato fuori rotta e ha cambiato direzione, colpendo accidentalmente la parete della montagna.”
Il blogger afferma che, se non ci fossero state radiazioni sui vestiti, la sua altra teoria sarebbe stata che si trattava dell’impatto di un meteorite.
“Penso che il posto abbia bisogno di uno sguardo più approfondito quando arriverà la primavera. Se radiazioni verranno effettivamente trovate e se c’è un cratere da impatto, allora il mistero del Passo di Dyatlov può essere considerato risolto.” Ma la teoria di Degterev può spiegare tutto?
Il gruppo, guidato dal ventitreenne Igor Djatlov, non era tornato dall’escursione alla montagna Otorten nell’inverno del 1959. Le indagini successive hanno mostrato che il 2 febbraio la tenda in cui il gruppo si era accampato per la notte era stata strappata dall’interno e chi vi era all’interno era precipitosamente fuggito nella notte seminudo. Tutti i corpi furono scoperti settimane dopo: molti erano scalzi, alcuni indossavano gli abiti degli altri, imbevuti di alte dosi di radiazioni.
Dove la questione si fa davvero bizzarra è che alcuni dei corpi durante l’autopsia avevano mostrato solo segni di ipotermia, mentre altri, trovati più in profondità nei boschi, avevano segni di un massiccio trauma interno: perdite di sangue, fratture e crani rotti. Un membro del gruppo, Ljudmila Dubinina, era mutilata della lingua.
Gli inquirenti sovietici non sapevano come spiegare tutto questo, e chiusero le indagini dopo non aver trovato alcun motivo per sospettare qualche delitto. Il rapporto finale affermava che il gruppo era stato ucciso da una “sconosciuta forza irresistibile”.
I russi non hanno declassificato i documenti fino agli anni Novanta (e in parte sono ancora secretati), il che, comprensibilmente, ha alimentato teorie cospirative, che vanno dai test nucleari alla presenza di alieni o dello yeti. C’è anche un film horror che si ispira alla vicenda: “Il Passo del Diavolo - Devil’s Pass” del regista finlandese, attivo a Hollywood, Renny Harlin.
La nuova teoria di Degterev ha ricevuto reazioni contrastanti. Molti dei commentatori hanno risposto positivamente alla presunta rivelazione; altri, tuttavia, hanno ricordato versioni che, secondo loro, meritano più attenzione, e si sono detti scettici. Ci sono oltre 60 teorie che cercano di spiegare cosa sia accaduto quella notte nella tormenta.
Ciò che la scienza ci dice di sicuro è che i nove sciatori non avrebbero potuto procurarsi le ferite da schiacciamento degli organi interni con nessun oggetto trovato nelle vicinanze.
Una delle teorie più interessanti ruota intorno a una grotta sacra della tribù locale dei Mansi, usata per i sacrifici rituali. La tribù, a quanto pare, non ama condividere la montagna con gli estranei, e il gruppo Djatlov avrebbe pure saccheggiato qualche oggetto dalla grotta sacrificale, e per questo sarebbe stata punita. Questa teoria, tuttavia, è più un passaparola che altro, e già allora i Mansi erano in buoni rapporti con i russi e spesso fungevano da guide o affittavano le loro capanne agli escursionisti.
Altri sostengono che le morti caotiche e violente avrebbero potuto essere il risultato di una bevanda forte e tossica che il gruppo si era procurato dai cacciatori locali. La bevanda avrebbe potrebbe potuto causare allucinazioni psichedeliche, si crede. Ciò avrebbe giustificato la fuga e il comportamento apparentemente inspiegabile del gruppo.
A complicare il quadro c’è ancora il fatto che la tenda sia stata strappata dall’interno, e l’assenza di di tracce appartenenti ad estranei rispetto ai membri del gruppo di Djatlov. Sembra che i ragazzi, come impazziti, si siano precipitati improvvisamente fuori dalla tenda, correndo in direzioni diverse senza vestiti. Il mistero di ciò che è realmente accaduto persiste.
Russia, quattro posti misteriosi con resti di antiche civiltà
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