La reputazione del padre della seconda rivoluzione russa (la prima fu quella del 1905) era ottima tra le masse (e in parte è rimasta tale): Lenin era chiamato “capo”, “genio lungimirante” e, affettuosamente, “nonno”.
Chi avrebbe mai potuto pensare, allora, che l’immagine idealizzata del rivoluzionario fosse ben diversa da quella che conoscevano i familiari e le persone a lui più vicine. Con gli occhi di oggi, probabilmente, uno come Lenin sarebbe definito un bamboccione mantenuto dalla mamma e un fan delle relazioni poligamiche.
Come scrisse nel 1886 la sorella maggiore di Lenin, Anna Uljanova, “Tutta la famiglia viveva con la pensione della mamma e con un po’ di soldi rimasti dopo la morte del babbo”.
La famiglia di Lenin non era mai stata ricca. Il padre era morto giovane, e la madre, Maria Uljanova, si era dovuta sobbarcare il mantenimento di tutti i sei figli. La situazione era aggravata dal fatto che nessuno dei ragazzi lavorava: tutti avevano scelto il percorso rivoluzionario. Ci fu un momento in cui tutti (tranne Lenin che era rifugiato all’estero) erano in galera.
Anche Lenin non aveva redditi propri e visse fino ai quarant’anni grazie ai soldi che gli passava la mamma. Diciassette anni li passò tra la Svizzera, Parigi e la Germania. In Svizzera visse in sanatorio, per curarsi. “Vivo in questa stazione di cura già da alcuni giorni e mi sento non male. Ma la vita qui costa, con ogni evidenza, molto cara. Le cure ancora di più, per cui ho già sforato il budget. […] Se puoi, mandami ancora 100 rubli”, scrisse alla madre nel luglio del 1895.
Tre settimane dopo andò a Berlino, da dove spedì di nuovo un telegramma urgente: “Con grande spavento, vedo che a livello finanziario ho di nuovo ‘difficoltà’: la ‘tentazione’ di comprare libri e altre cose, come una bici, fanno sì che i soldi se ne siano volati via… Se puoi, mandami 50-100 rubli”. La mamma glieli spediva sempre, a ogni richiesta.
È evidente che con la sua sola pensione, Maria Ulianova non poteva mantenere tutti i figli, benché percepisse una cifra piuttosto buona per l’epoca: 100 rubli al mesi. Ancor più perché il figlio rivoluzionario e la sua moglie e compagna di lotte Nadezhda Krupskaja, all’estero non risparmiavano in nulla: non si facevano mancare neppure la donna di servizio, che veniva ogni giorno un paio d’ore. E la coppia spesso mangiava fuori. La Krupskaja ha ammesso di essere una frana in cucina: “L’unica cosa che so fare è la senape”.
Come risultato, la madre di Lenin vendette la tenuta di famiglia e il cascinale acquistato con l’eredità del marito. La gran parte dei soldi fu impiegata per ripagare i debiti contratti dai membri della famiglia. Con quanto era rimasto aprì un conto in banca, vivendo con gli interessi. La questione del “fondo familiare” veniva discussa in quasi tutte le lettere alla madre.
Le donne hanno giocato un ruolo molto importante nella vita di Lenin, mentre con gli amici maschi non ebbe mai rapporti troppo buoni. “Tutti i suoi compagni sapevano che Lenin non era come tutti gli altri e era un tipo un po’ particolare”, ha detto lo storico di Lenin Lev Danilkin. “Possiamo dire che non aveva amici”, riassume.
La Krupskaja è l’unica compagna di Lenin che gli è rimasta vicina per tutta la vita. I due si conobbero a una riunione di marxisti, camuffata da tea party con bliny. Da allora, Lenin, ogni domenica, si presentava sempre a cena a casa sua, ma, allo stesso tempo, non smise mai di frequentare altre studentesse della scuola dei lavoratori.
Quando la Krupskaja decise di andare volontariamente in Siberia per seguire Lenin in esilio, i due si sposarono. Ma là, a giudicare dalle lettere di lei, finì la loro vita sessuale: “La sera non sapevamo come ammazzare il tempo. Non avevamo a minima voglia di starcene lì in quella stanzetta fredda e scomoda, e andavamo al cinema e al teatro”.
Anche se sembrerà strano, date queste premesse, la Krupskaja si fece allora ancora più vicina a Lenin. Lui, sebbene fosse un rivoluzionario, non riconobbe mai l’esistenza del desiderio sessuale femminile. Anzi, una volta ha anche dichiarato che le donne non possono lottare per la liberazione sessuale perché non hanno “una conoscenza profonda e diversificata su questo tema”.
Questo non gli impedì, a Parigi, di trovarsi un’amante, la bolscevica Inessa Armand. Ma si rifiutò categoricamente di lasciare la Krupskaja, “la moglie principale”. Le due donne fecero amicizia e i tre iniziarono a vivere insieme. Naturalmente, non apertamente. I compagni marxisti si accorsero solo che erano passati dal lei al tu, una vera rarità per Lenin, che preferiva mantenere rapporti formali con tutti.
Il capo dei bolscevichi visse tre anni più di Inessa. Dopo la morte di lui, il 21 gennaio del 1924, la Krupskaja inviò una richiesta per seppellire i resti del marito insieme alla Armand. La proposta fu respinta e Lenin fu poi imbalsamato.
Sesso e morte: l’epoca tempestosa dopo la Rivoluzione russa
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