Nel XVI secolo vi era l’usanza di regalare animali esotici. Accadde anche con Ivan il Terribile, che ricevette un elfante dal sovrano persiano Scià Tahmasp I. Si narra che al suo arrivo, l’elefante fosse talmente stremato che cadde in ginocchio davanti allo zar, lasciando di stucco tutti, anche l’addestratore che accompagnava l’animale. L’imperatore, entusiasta di una simile riverenza, offrì all’addestratore una lauta ricompensa. Ma quando a Mosca si diffuse la peste, nel 1570, tutti puntarono il dito contro il povero animale. E per questo venne mandato in una città remota e abbattuto.
In varie occasioni gli scià di Persia portarono elefanti in Russia. Nel 1713 anche Pietro il Grande ne ricevette uno. Andrey Denisov, suo contemporaneo, affermò di aver visto l’animale in viaggio da Mosca a San Pietroburgo. Nei suoi scritti Denisov raccontò che l’animale aveva le zampe lunghissime, la pelle scura e camminava “pesantemente come un orso”. A San Pietroburgo l’elefante venne usato come forma di intrattenimento, ma visse solamente tre anni.
Nel 1736 l’imperatrice Anna di Russia, appassionata di spettacoli circensi, ricevette in dono un elefante persiano. L’animale venne affidato alle cure di tre addestratori che spesso lo portavano a fare lunghe passeggiate in strada, per mostrarlo alla gente. Secondo alcune fonti, l’elefante veniva nutrito ogni anno con 24 tonnellate di fieno, 2.200 kg di riso, 6 tonnellate di farina, 450 gr di zucchero, ma anche cannella, noce moscata, zafferano e altre spezie. Oltre a vodka: 600 litri all’anno!
Il 10 ottobre 1741 la principessa Elisabetta di Russia, figlia di Pietro il Grande, ricevette in dono 14 elefanti da parte del tiranno persiano Nader Shah Afshar. Insieme agli elefanti furono consegnati anche gioielli e argenteria. Nader Shah Afshar cercava infatti il matrimonio per rafforzare i legami con la Russia ma il cancelliere Andrey Osterman impedì al persiano di vedere Elisabetta. L’invitato venne mandato via e gli elefanti furono collocati nel giardino del palazzo all’interno di alcuni recinti. Si dovettero rafforzare i ponti e le strade di San Pietroburgo per quando gli elefanti uscivano in passeggiata.
Dopo Elisabetta, quasi tutti gli zar russi vollero un elefante. Venivano custoditi nella residenza di Tsarskoye Selo vicino a San Pietroburgo. Nicola II, noto per il suo profondo amore nei confronti degli animali, portò lui stesso a corte un elefante. Lo recuperò nel 1891 di ritorno da un suo viaggio in giro per il mondo. Nel 1896 ricevette in dono un secondo elefante dall’Abissinia (Etiopia). Il pachiderma visse a lungo a Tsarskoye Selo. “L’elefante è estremamente buono ed è molto legato al suo custode. In estate cammina liberamente nel parco e si tuffa nel Parco di Alessandro”, si legge in alcuni scritti dell’epoca. L’elefante abissino fu ucciso nel 1917 perché rappresentava il simbolo dell’autocrazia. La colpa che gli veniva attribuita era quella di rappresentare lo stile di vita sfarzoso che caratterizzava le residenze imperiali.
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