“Nell’autunno del 1915, i tedeschi furono fermati lontano. Non arrivarono vicini a Mosca o a Pietrogrado… E per le persone in grado di pensare strategicamente, o potremmo dire storicamente, era già chiaro alla fine del 1915 che avremmo vinto la guerra! La domanda che rimaneva era quando sarebbe finita e a quale prezzo sarebbe stata vinta. Ma la Germania era condannata.” Così ha detto il ricercatore dell’Istituto di Storia russa Vladimir Lavrov. Nell’autunno del 1915, l’offensiva tedesca sul fronte orientale (chiamato in Russia la “Grande ritirata”) fu fermata, e la strategia di Berlino del Blitzkrieg, della “guerra lampo” fallì sia in Francia che in Russia.
“Tradimento degli interessi nazionali russi”
Il racconto della vittoria perduta è condiviso non solo da alcuni storici ma anche dal politico più importante del Paese. “Questa vittoria è stata rubata al Paese. È stata rubata da coloro che hanno voluto la sconfitta della propria Patria, del proprio esercito, seminando discordia e aspirando a prendere il potere, tradendo gli interessi nazionali del Paese”, ha detto Vladimir Putin in occasione del centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale. Anche la maggior parte dei russi (40%), secondo un sondaggio, pensa che la Russia stesse per vincere la guerra, e che lo avrebbe fatto, se non ci fosse stata la Rivoluzione. Il 27 per cento pensa che avrebbe perso, il resto, il 33%, non sa.
Putin in quel discorso accusò chiaramente i bolscevichi, che nell’ottobre del 1917 rovesciarono il governo provvisorio costituito dopo l’abdicazione di Nicola II nel febbraio dello stesso anno. I bolscevichi salirono al potere promettendo di porre fine alla guerra e lo fecero nel marzo 1918, concludendo un accordo di pace con la Germania. La Prima guerra mondiale si concluse poi a novembre, con Germania e Austria-Ungheria che capitolarono.
Superiorità tedesca sul campo di battaglia
La narrativa della “vittoria perduta” potrebbe sembrare sorprendente. La guerra iniziò disastrosamente per la Russia. Nel 1914, il Paese subì l’umiliante sconfitta di due intere armate nella Prussia orientale e nel 1915 ci fu la Grande Ritirata, con cospicue perdite territoriali a Occidente. Uno dei motivi era la mancanza di armi e munizioni, in particolare di cannoni, poiché l’economia russa non poteva fornire i necessari rifornimenti di guerra e gli alleati non riuscirono a sopperire ai bisogni dell’Impero di Nicola II.
“I tedeschi stanno arando i campi di battaglia con una pioggia di bombe, cancellando persino le trincee e seppellendoci dentro chi le difende. Loro consumano metallo, noi vite umane. Avanzano rafforzati dal successo, mentre noi incorriamo in pesanti perdite, versiamo sangue e ci ritiriamo”. Riassume così il primo anno di guerra uno dei generali russi a metà del 1915 nella lettera all’allora ministro della Difesa Aleksej Polivanov.
Una crisi superata?
Tuttavia, all’inizio del 1917 la Russia per molti aspetti si trovava in una situazione diversa rispetto all’inizio del conflitto. “Si assistette alla costituzione del settore militare-industriale russo. Nel 1916, l’industria russa superò la crisi [il deficit delle forniture di guerra] ma lo fece in modo non uniforme. […] Alla fine del 1916, fu adottato un programma di costruzione di nuove fabbriche”, sostiene lo storico Vasilij Tsvetkov. Inoltre, secondo alcune stime, la Russia spendeva allora il 20-23% del suo Pil in guerra, mentre il Regno Unito il 37%. Quindi, c’era un potenziale di crescita.
Ci fu anche un’enorme offensiva russa nel 1916: l’offensiva di Brusilov contro l’Austria-Ungheria. A differenza di tutte le azioni precedenti, ebbe successo, anche se le truppe russe non riuscirono a trasformare la sortita in un evento risolutivo della situazione sul fronte orientale, nonostante molti sforzi e perdite.
Un Paese allo stremo
Eppure, secondo molti storici, l’avanzamento in campo produttivo della Russia, così come il successo delle armate del generale Brusilov, non sarebbero state sufficienti per vincere la guerra. “Nella storiografia c’è un punto di vista largamente condiviso che l’offensiva di Brusilov abbia portato all’esaurimento della potenza militare russa, tanto il livello delle perdite fu elevato”, sostiene il ricercatore Aleksandr Shubin.
Lo storico ammette che nel 1917 l’economia fu rafforzata per arrivare a rifornire l’esercito secondo i suoi bisogni, ma il prezzo pagato fu troppo alto, e minò il resto dell’economia. “Si potrebbe dire che nel 1917 la tensione della guerra creò quelle battute d’arresto e quei fallimenti che portarono all’esplosione sociale di febbraio. La tensione era talmente elevata che, anche prima della rivoluzione, c’erano problemi nel Donbass [la regione produttrice di carbone] e la disorganizzazione dei trasporti fece sì che persino la capitale fosse malamente rifornita. La tensione era talmente elevata che questo arcaico sistema politico-sociale non poteva tenere il passo.”
Era possibile attendere?
Tuttavia, anche se non ci fosse stata la rivoluzione di febbraio, e poi quella di ottobre, non c’erano reali speranze di un “colpo decisivo” alla Germania da parte della Russia, perché le truppe russe non avevano i mezzi militari per schiacciare il nemico. E il Paese non poteva semplicemente aspettare che gli alleati vincessero la guerra perché “l’Intesa voleva che la Russia tenesse impegnate le truppe delle potenze centrali e gli alleati la spingevano a combattere senza attendismi”.
Era anche difficile contare sull’aiuto degli Stati Uniti, che entrarono sì in guerra nell’aprile del 1917 ma, in realtà, presero parte a combattimenti importanti solo nel 1918.
Secondo un altro storico, Boris Sokolov, “la Russia non era in grado di combattere già alla fine del 1916, ma quelli che salirono al potere nel febbraio del 1917 non se ne rendevano conto”. Il governo provvisorio fino alla fine cercò di portare avanti la guerra in linea con i suoi obblighi davanti agli alleati. “Fu un errore fatale” che portò alla Rivoluzione bolscevica in ottobre.
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