Nel settembre del 1991, la città di Ufà (1.350 chilometri a est di Mosca) era ad un passo da un grave disastro quando la ciminiera di una raffineria situata si incrinò sopra l’impianto. Il gigantesco pezzo che poteva cadere da un momento all’altro era lungo 30 metri e pesava 700 tonnellate. In caso di crollo, avrebbe colpito la sezione della raffineria dove venivano prodotti combustibili di idrocarburi, altamente esplosivi. Questo, a sua volta, avrebbe potuto innescare una grande esplosione, che poteva causare danni gravissimi a una città da un milione di abitanti e innumerevoli morti.
Si prese la decisione di rimuovere quel pezzo con una serie di esplosioni controllate. Era un passo rischioso, poiché le conseguenze delle esplosioni dovevano essere accuratamente calcolate affinché il pezzo dei ciminiera cadesse nel posto giusto. Fu altrettanto difficile portare 350 chili di esplosivo all’altezza di 120 metri e fissare correttamente le cariche in condizioni di forte vento.
Un gruppo speciale di specialisti di soccorso fu inviato a Ufa da Mosca per coordinare l’operazione. “Gli interventi sulla ciminiera di Ufa furono davvero unici. Fino ad allora nessuno al mondo aveva “tagliato” una parte della struttura con una serie di esplosioni controllate. Di solito l’intera ciminiera veniva distrutta e integralmente rasa al suolo. In questo caso, gli ingegneri militari hanno fatto calcoli precisi, e gli alpinisti, usando le loro indicazioni, si sono arrampicati per attaccare gli esplosivi al punto giusto. L’esplosione è stata eseguita con abilità. La struttura è caduta su uno speciale cuscino predisposto con tonnellate di sabbia e segatura, esattamente dove avrebbe dovuto cadere, graffiando in modo insignificante la copertura di alcuni tubi vicini”, ha detto Vladimir Kavunenko, uno specialista del soccorso, responsabile della sicurezza dell’intera operazione.
La parte rimanente della struttura sostenne l’esplosione, non collassò e fu in seguito rimessa in funzione. Questa operazione è stata inclusa nel Guinness dei primati.
Il terremoto nella piccola città di Neftegorsk (sull’isola di Sakhalin, nell’Estremo oriente russo) è considerato il più potente in Russia negli ultimi cento anni. La sua magnitudine fu di 7,6, e la scossa avvenne intorno all’una di notte del 28 maggio 1995, quando la maggior parte della gente dormiva. Tutti e 17 gli edifici a cinque piani della città, progettati per resistere a terremoti di magnitudo massimo 6, crollarono, rendendo l’intero centro abitato simile a un campo coperto da uno strato di detriti di cemento. Il sisma distrusse molte strade e ponti, il che ostacolò i futuri interventi di soccorso.
Per affrontare la tragedia e cercare di salvare i sopravvissuti furono inviati oltre 1.500 soccorritori. Gli sforzi furono coordinati dall’allora ministro per le Situazioni d’Emergenza Sergej Shoigu (oggi è ministro della Difesa). Successivamente ha ricordato un episodio notevole. “Alcuni giorni dopo il terremoto, i soccorritori hanno trovato un uomo le cui gambe erano schiacciate da blocchi di cemento. Era cosciente e sperava che sarebbe stato liberato presto. Tuttavia, i medici hanno detto che le sue gambe avevano accumulato troppe tossine, che il suo corpo non sarebbe stato in grado di processarle una volta che i blocchi sarebbero stati sollevati. “Quando gli fu detto questo, chiese della vodka e delle sigarette. Ha bevuto, fumato e poi ha detto: “Sollevatelo pure!” L’uomo è morto tra le mani dei soccorritori.” Questo evento ha spinto il ministero a creare un’apparecchiatura mobile unica per la pulizia del sangue.
Durante l’operazione di salvataggio, i cosiddetti cinque minuti di silenzio sono stati applicati per la prima volta. Tutte le attività di ricerca e rimozione dei detriti si sono fermate e i soccorritori hanno ascoltato attentamente nel tentativo di trovare altri sopravvissuti. Da allora è diventata una pratica globale.
I soccorritori erano attivi per 17-18 ore al giorno. Usarono attivamente i cani nella ricerca e sono riusciti a trovare un sopravvissuto anche il settimo giorno dopo il terremoto, il che è un caso estremamente raro. Nel complesso, nonostante le condizioni difficili, 406 persone sono state estratte vive sulle 2.364 rimaste sotto le macerie. La città non è mai stata ricostruita. Ora sul suo posto c’è solo un monumento in memoria delle 2.040 vittime; bilancio definitivo del sisma.
La Torre della tv di Ostankino, la più alta costruzione in Russia e in Europa (540 metri), ha preso fuoco il 27 agosto 2000. L’incendio è scoppiato all’altezza di 460 metri. Il sistema antincendio non funzionava correttamente e l’incendio si diffuse rapidamente, mentre gli alimentatori Tv e i cavi che bruciavano cadevano creando una sorta di pioggia di fuoco.
I primi pompieri e soccorritori erano sul posto già 10 minuti dopo l’inizio dell’incendio. In 90 minuti tutte le persone furono evacuate dalla torre, anche se le strette scale della torre non potevano essere utilizzate per l’evacuazione. Ecco perché i soccorritori cercarono di assicurare il funzionamento degli ascensori per portar giù le persone. Ma uno degli ascensori, con gente all’interno, cadde dall’altezza di 300 metri. Un funzionario dei vigili del fuoco e due membri dello staff della torre sono morti a causa dell’incidente.
I vigili del fuoco hanno cercato di fermare la diffusione del fuoco lungo la torre, ma hanno incontrato enormi difficoltà. 2.400 persone hanno provato a spegnere il fuoco per 24 ore. A causa della temperatura elevata, 120 cavi su 149 che supportavano la torre si sono rotti. Apparve la vera minaccia del crollo della torre. Tuttavia, a 80 metri, i vigili del fuoco sono riusciti a fermare la diffusione del fuoco e la torre riuscì a sostenere il danno. Dopo che l’incendio fu spento, iniziarono i lavori di ricostruzione della torre che durarono diversi anni. Oggi è di nuovo possibile visitarla.
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