Liza Djakonova non si piaceva. Si vedeva come assolutamente non attraente per l’altro sesso e pensava che nessun uomo l’avrebbe mai amata. Era invidiosa della sorella minore, più attraente, e rimase delusa quando questa si sposò, invece di continuare gli studi.
Gli appunti di Liza intitolati “Diario di una donna russa” furono pubblicati all’inizio del XX secolo, dopo la sua morte misteriosa: il suo corpo nudo fu trovato tra le montagne del Tirolo austriaco nell’estate del 1902. Vicino al cadavere, i vestiti erano ordinati in un piccolo fagotto. Quindi, nonostante la versione ufficiale parlasse di suicidio, non è mai stato del tutto chiaro cosa fosse successo.
Pavel Basinskij, scrittore russo, giornalista ed esperto di Lev Tolstoj (è autore anche della sua biografia “Fuga dal paradiso”), era così intrigato dalla storia di Liza, morta a 27 anni, e dal suo diario, pieno di pensieri intelligenti e molto sofisticati, che ha deciso di scriverci su un libro: “Posmotrite na menjà. Tajnaja istorija Lizy Djakonovoj” (“Guardatemi! Storia segreta di Liza Djakonova”), uscito recentemente per i tipi di Redaktsija Eleny Shubinoj, costola della casa editrice Ast.
Lev Tolstoj lettura obbligata
Il primo passo verso qualsiasi impresa importante, incluso essere pionieri del femminismo, è la lettura di Tolstoj. Anche senza afferrarne tutta la grandezza, non si rimpiangerà mai il tempo speso per lo sforzo. Liza Djakonova, nata nel 1874, come molti suoi contemporanei, era una fan sfegatata di Tolstoj, scrittore che aveva un’autorevolezza indiscutibile. Uno dei suoi libri in particolare, a causa della controversa reputazione, attraeva molto i lettori dell’epoca. Spesso con grande rischio personale, chi amava il romanzo “Sonata a Kreutzer”, che era stato censurato e ufficialmente bandito (finché grazie all’intercessione della moglie di Tolstoj, Sonja, l’Imperatore Alessandro III non sbloccò la situazione) distribuivano copie clandestine dell’opera.
La trama racconta di un uomo che avendo condotto uno stile di vita depravato prima delle nozze, decide di entrare nella vita matrimoniale in modo altamente morale. Ma i rapporti con la moglie peggiorano e lui si ritrova geloso dell’ammirazione di lei per un violinista che suona la Sonata n. 9 di Beethoven. Infine, quando di ritorno da un viaggio, a notte ormai tarda, trova sua moglie e il violinista insieme, la uccide.
La Sonata di Kreutzer ebbe un’incredibile influenza sui giovani del tardo XIX secolo. “Il problema principale non era quello della gelosia, ma Tolstoj negava chiaramente il senso positivo del matrimonio, esprimendo giudizi su questa unione di un uomo e una donna, benedetti da una tradizione cristiana”, scrive Basinskij. Sostanzialmente, le sue conclusioni andavano tanto oltre, da arrivare a chiedere un’abolizione completa dei rapporti sessuali. Come scrisse Scipio Sighele, sociologo e psicologo italiano, “Per Tolstoi l'amore nella sua significazione fisiologica di atto che obbedisce all'istinto è vizio e lussuria; e da perfetto asceta egli sacrifica volentieri la perpetuità della specie a questa perpetuità del male”.
Liza lesse in segreto il libro, che esercitò una profonda impressione su di lei. Pensava che fosse estremamente ingiusto che una donna rimanesse vergine fino al matrimonio, mentre agli uomini veniva permesso di correre la cavallina. Decise che, se mai avesse dovuto sposarsi, avrebbe preso come marito solo un uomo “puro”. Sfortunatamente, anche il suo migliore amico, che lei considerava molto per bene, si era “guastato”.
La trappola del matrimonio
A quel tempo, era normale che le ragazze si sposassero all’età di 17, 18 o massimo 19 anni. Se non erano ancora sposate a 20 anni era considerato un po’ strano. Liza era la sorella maggiore di una grande famiglia e, avendo perso suo padre in tenera età, sua madre voleva che si sposasse il prima possibile. In questo modo, poteva essere certa di non essere più responsabile della vita e del sostegno finanziario di Liza.
Ma Liza non aveva ancora trovato l’amore e si considerava poco attraente, brutta persino (anche se le fotografie confutano la sua idea). Non voleva sposarsi: amava leggere e voleva studiare. Soprattutto quando si rese conto che tutti gli uomini erano “guastati”, “non puri”, decise che non voleva affatto unirsi a loro.
Inoltre, viveva in Francia e si era quasi lasciata convincere da una donna francese che se gli uomini potevano vivere come volevano prima del matrimonio, anche le donne avrebbero dovuto poterlo fare.
Una volta, Liza incontrò un’amica che si era sposata da non tanto ed era rimasta incinta per la seconda volta. Liza era sorpresa: perché aveva scelto di farlo per la seconda volta? L’amica le disse ciò che per Liza era la conferma che la sua decisione di non sposarsi era quella giusta: “Quando ci sposiamo, non possiamo disporre liberamente di noi stesse; abbiamo mariti…”.
Il desiderio di studiare
Liza aveva conseguito il diploma in un ginnasio di Jaroslavl (272 chilometri a nordest di Mosca), e voleva continuare a studiare e ottenere una buona istruzione e un lavoro. Ma una giovane donna di allora non aveva alcun tipo di autonomia nel decidere il suo destino da sola: e prima dei 21 anni Liza non poteva accedere ai corsi di istruzione per donne senza l’accordo di sua madre. Ma l’anziana credeva che la figlia avrebbe dovuto sposarsi il prima possibile, e che studiare oltre l’avrebbe solo ostacolata in questo. Non poteva usare neanche la piccola eredità che suo padre le aveva lasciato: era impossibile accedervi prima dei 21 anni.
La ricerca di Basinskij ha identificato quali diritti avevano le donne russe nel diciannovesimo secolo:
1) Senza il consenso del padre o del marito, una donna non aveva diritto di vivere dove aveva scelto.
2) Il matrimonio si faceva in chiesa, e il divorzio era dunque praticamente impossibile.
3) Dall’eredità dei genitori una figlia poteva ricevere solo un quattordicesimo dei beni mobili e un ottavo dei beni immobili. Il resto era diviso in parti uguali tra i figli maschi. “Questa era un’ulteriore fonte di angoscia per Liza e sarebbe rimasta una causa di arrabbiatura per tutta la sua vita: perché mai doveva ricevere meno soldi solo per il fatto di essere una femmina (anche se era stata molto vicina a suo padre?). Tuttavia, a differenza, ad esempio, della legge francese dell’epoca, secondo la quale era il marito a diventare proprietario legale dell’eredità della moglie, quantomeno, in Russia, una donna aveva diritto a una parte dei soldi e delle proprietà dei genitori.
4) Per iscriversi a corsi d’istruzione o lavorare, una donna aveva bisogno del permesso di suo padre o di suo marito.
Non avendo né padre né marito, Liza aveva il diritto di iscriversi ai corsi a San Pietroburgo per conto suo. L’unico problema è che aveva meno di 21 anni, quindi serviva il permesso di sua madre, cosa che non aveva. E qui troviamo un altro aspetto del femminismo di Liza: che chiede agli uomini di aiutarla; li usa per raggiungere i suoi obiettivi. E gli uomini russi sembrano più femministe delle donne: vedendo una ragazza che aveva un così ardente desiderio di studiare, l’aiutarono il più possibile. Il direttore dei corsi di San Pietroburgo che lei voleva frequentare scrisse persino due lettere alla madre di Liza, per convincerla che sarebbe stata brava e capace di studiare in un’atmosfera buona e molto morale.
Una donna che si è fatta da sé
Basinskij scrive che Liza non aveva troppa passione né per le suffragette inglesi né per le femministe francesi, e che era poco interessata ai circoli e club femminili russi. Tuttavia, comprendeva l’importanza per le donne di riunirsi per lottare per i loro diritti e per la loro indipendenza dagli uomini.
Liza ha persino scritto un articolo “Sulla questione della donna”, dove ha assunto una posizione anticlericale, dicendo che “il cristianesimo ha sostenuto la schiavitù delle donne su base religiosa”. Potete immaginare questa ragazza del XIX secolo, che era molto religiosa da giovane, scrivere queste parole? Liza supera tutti gli stereotipi e l’educazione impostale, formandosi da sola, attraverso i libri letti e le continue riflessioni sul suo diario.
La fine del XIX secolo fu contrassegnata dal crescere del movimento rivoluzionario e da un numero di donne rivoluzionarie che in realtà sostenevano i rivoluzionari maschi, piuttosto che condurre la lotta per sé. Liza fu dapprima affascinata dal loro coraggio (frequentò gli stessi corsi a San Pietroburgo di Nadezhda Krupskaja, futura moglie del leader bolscevico Lenin). Ma ciò che alla fine notò più di tutto fu solo il numero sempre crescente di fedi alle dita di quelle donne. E ne rimase delusa: nonostante la lotta per gli ideali di libertà, non appena avevano relazioni amorose con quei ribelli, la prima cosa che facevano era correre a sposarsi…
Il desiderio di poter lavorare
Nonostante tutte le difficoltà, Liza ebbe la fortuna di ricevere la migliore educazione che la Russia potesse offrire alle ragazze in quell’epoca, anche se da donna non riusciva ancora a trovare lavoro e se i corsi non davano diritto a licenze. Ecco perché si trasferì a Parigi, superando gli esami per entrare alla Sorbona.
E prima che la nozione di femminismo diventasse popolare, Liza scriveva nel suo diario:“Non mi serve che le donne abbiano pari diritti con gli uomini, che lavorino negli uffici statali o governino il Paese. No, ci sono abbastanza uomini per quello. Ma bisogna dare alle donne una sfera d’azione più ampia, i diritti generali dell’essere umano; dare il diritto allo sviluppo dell’intelletto e del cuore, a quelle di loro che non hanno l’opportunità di sposarsi, e il diritto di guadagnare soldi per conto proprio. E se tra quelle donne appaiono alcuni intellettuali e talenti straordinari, non opprimerle, dar loro i mezzi per uno sviluppo libero… Suppongo che ci saranno comunque abbastanza donne che vorranno sposarsi”.