Così il pioniere dei trapianti sovietico creò un cane a due teste

Vladimir Akimov / RIA Novosti
Oggi quelle immagini sono scandalose e fanno pensare a un Frankenstein, ma negli anni Cinquanta con i suoi esperimenti (tra cui quello riuscito di un cane che visse per tre settimane con due teste) aprì la strada, anche in Occidente, al trapianto di organi

L’11 aprile del 1959 l’Associated Press batté una notizia da Mosca: i medici sovietici avevano attaccato la testa di un cucciolo sopra al collo di un pastore tedesco e il cane a due teste era in buona salute. Ma il pubblico americano, sconvolto dalla sensazionale notizia, non poté vedere la creatura con i propri occhi. Solo più tardi le foto dell’esperimento sarebbero diventate di dominio pubblico.

Le immagini, per molti rivoltanti, documentavano l’innovativo esperimento di uno scienziato sovietico, pioniere nel campo del trapianto di organi. Quando la notizia dell’esperimento raggiunse l’America, nel 1959, il chirurgo Vladimir Demikhov, 43 anni al momento di questo esperimento, stava conducendo simili test ormai da cinque anni.

Nessuno degli animali operati in precedenza era sopravvissuto più di sei giorni dopo l’intervento. Pirat, il pastore tedesco operato l’11 di aprile, fu invece un’eccezione. Il cane a due teste era in ottima forma, tre settimane dopo, quando il chirurgo rimosse la seconda testa. Per tutto quel periodo le due teste avevano reagito agli stimoli del mondo circostante e lappavano entrambe acqua.

Un cuore artificiale per due ore

Figlio di un contadino, Vladimir Demikhov ricevette inizialmente un’educazione da meccanico e tecnico di riparazione prima di iscriversi al dipartimento di Biologia dell’Università Statale di Mosca, la più importante dell’Urss, dove trovò tutti gli stimoli scientifici necessari per diventare un pioniere dei trapianti a livello mondiale.

Demikhov effettuò il primo esperimento all’avanguardia quando non aveva ancora neppure concluso il secondo anno di studio. Nel 1937, questo studente sconosciuto scosse la comunità medica di Mosca creando da solo un cuore artificiale e impiantandolo con successo in un cane. Il cane visse due ore, dopo l’intervento chirurgico, spingendo in avanti i confini del trapianto di organi, una scienza che allora, nel 1937, si iniziava appena a studiare, ma che è di vitale importanza nella medicina attuale.

I successivi e più audaci esperimenti di Demikhov, gli attirarono l’attenzione degli Stati Uniti e delle comunità mediche europee, in cui il trapianto di organi veniva prudentemente evitato dagli scettici che credevano che il sistema immunitario di un paziente avrebbe inevitabilmente rifiutato un organo trapiantato, rendendo inutili ulteriori esperimenti in questo campo.

Probabilmente questo scetticismo generale fu il motivo principale per il quale il lavoro di un professore americano di fisiologia e farmacologia presso la Washington University di St. Luis, nel Missouri, il dottor Charles C. Guthrie, che aveva eseguito un esperimento simile a Demikhov nel 1908, non ebbe alcun seguito tra i suoi colleghi americani.

Tutto cambiò dopo che le notizie del successo di Demikhov raggiunsero gli Stati Uniti. Negli anni Sessanta, grazie anche alla Politica del Disgelo, i medici americani iniziarono a viaggiare frequentemente in Urss per conoscere le tecniche innovative utilizzate dai chirurghi sovietici. Una delle innovazioni chiave, successivamente adottate negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone, era l’uso di cucitrici per comprimere le vene e le arterie durante le operazioni, che ha ridotto drasticamente il tempo necessario per un intervento chirurgico, aumentando notevolmente le probabilità di un risultato positivo.

Già entro il 1962,  l’opinione generale della comunità medica statunitense era mutata, e i medici americani, che avevano visto Demikhov al lavoro, ritenevano ormai che presto sarebbe stato possibile trapiantare in sicurezza gli organi umani da una persona all’altra evitando rigetti causati dai sistemi immunitari dei pazienti.

Gli ultimi anni di un medico geniale

Nel 1965 Demikhov partecipò a una conferenza medica dove propose di creare una “banca degli organi”, dove conservarli per i bisogni dei chirurghi. La proposta, futuristica, impensabile al tempo, fece infuriare gli accademici sovietici che criticarono Demikhov e chiesero la chiusura del suo laboratorio.

La delusione per la contrarietà dei colleghi ai suoi progetti compromise la salute del medico, ricordò più tardi la moglie. Sebbene Demikhov mantenesse la posizione di direttore presso il Centro per la riproduzione umana del Ministero della Salute russa, i suoi sforzi nella ricerca sul trapianto di organi diminuirono e la fama internazionale scomparve.

Questo pionieristico scienziato è morto in un piccolo appartamento nella periferia di Mosca nel 1998, all’età di 82 anni. Il vero valore dei suoi esperimenti, osservati con sospetto dalle élite mediche sovietiche, è stato riconosciuto dallo Stato russo alla fine della sua vita: a Demikhov è stato assegnato nel 1998, anno della sua morte, l’Ordine al merito per la Patria. Le tante persone che oggi vivono grazie a un trapianto di organi, tuttavia, sono il miglior riconoscimento del lavoro del leggendario medico sovietico.

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