Alessio Michajlovich (1629-1676), un timido modernizzatore
Il padre del famoso riformatore Pietro il Grande, Alessio Michajlovich, regnò dal 1645 al 1676. Il suo soprannome era “Tishajshij” (che significa “il più tranquillo” o “il più pacifico”). Non è uno dei monarchi russi più noti, perché è stato oscurato dalla fama del figlio. Era un uomo religioso, che osservava i riti ortodossi e leggeva le Sacre scritture, che, presumibilmente, lo portarono all’umiltà che il suo soprannome implicava.
Durante il suo dominio, riuscì a combinare il tradizionalismo russo con la strategia di suo padre (Michele I, il primo zar della dinastia dei Romanov) di appropriarsi delle usanze utili dell’Occidente. Come Michele, Alessio cercò di riorganizzare l’esercito, basandosi sul modello occidentale. Continuò a creare reggimenti permanenti, diversi dall’epoca precedente, quando le unità di milizia della nobiltà erano spesso guidate da professionisti militari stranieri, chiamati ad assumere il comando. È anche considerato il padre del servizio postale russo. Sotto il suo regno, ci furono tentativi di organizzare una flotta regolare, ma fallirono per la mancanza, a quell’epoca, di accessi al mare con porti adatti e acque navigabili tutto l’anno. Si dette da fare anche per modernizzare la vita della Chiesa. Con la sua benedizione, il Patriarca Nikon iniziò a riformare l’Ortodossia russa, scatenando il famoso scisma, con l’uscita dei Vecchi Credenti.
Lo zar Alessio Michajlovich riuscì a rafforzare l’autorità della monarchia, ma non trovò soluzioni alle questioni nazionali più urgenti (come l’accesso al Mar Nero o Baltico).
Anna I di Russia (1693-1740) e il dominio degli stranieri
Anna Ivanovna, figlia di Ivan V, fu imperatrice di Russia dal 1730 fino alla morte. Era una nipote di Pietro il Grande, ed ha avuto poca fortuna con gli storici russi. La stragrande maggioranza di loro ha dato valutazioni estremamente negative del suo regno.
Le è stato rimproverato di aver permesso l’accesso a troppi stranieri nei posti chiave di governo del Paese, e di aver trascurato la Russia, occupandosi della Curlandia (nella Lettonia contemporanea), di cui era Duchessa dopo la morte del marito, Federico III Guglielmo, cioè dal 1711, e dove visse per due decenni. Le fu chiesto di tornare e di prendere il trono russo nel 1730, dopo la morte del nipote di Pietro il Grande, Pietro II.
I nobili la scelsero pensando che sarebbe stata un monarca facilmente manipolabile e che avrebbe accettato di limitare i propri poteri. Ma fu un errore di calcolo. All’inizio disse di accettare queste condizioni, ma poi, dopo aver realizzato che l’idea era supportata dai quei circoli nobiliari che ambivano al potere, fece risolutamente e pubblicamente marcia indietro.
Dalla Curlandia si era portata il suo protetto (e amante) Ernst Johann von Biron, che per un decennio fu l’uomo più potente del vasto Impero. Tanto che, questo periodo della storia russa è talvolta definito “l’età di Biron”.
“Il dominio di questi ‘tedeschi’ duro dieci anni. Per dieci anni i russi furono offesi nei loro migliori sentimenti”, ha scritto lo storico russo del XX secolo Sergej Platonov, parlando di questo periodo. Gli storici contemporanei, però, tendono a respingere tale visione negativa di Anna Ivanovna. Contrariamente all’opinione popolare, il numero di stranieri nell’esercito, per esempio, diminuì durante il suo regno, almeno in termini relativi. La zarina inoltre innalzò la paga degli ufficiali russi, rendendola uguale a quella degli specialisti stranieri. L’immagine del periodo del suo dominio come “buco nero nella storia russa” sta lentamente svanendo.
Elisabetta di Russia (1709-1762) e l’epoca d’oro della scienza e della cultura russa
Un altro membro non troppo conosciuto della dinastia Romanov è la figlia di Pietro il Grande, Elizaveta Petrovna, che ha governato la Russia per quasi due decenni alla metà del XVIII secolo (1741-1762).
Pietro voleva che Elisabetta sposasse il re di Francia, Luigi XV, ma i francesi rifiutarono l’offerta. C’erano anche altri piani per il suo matrimonio, ma nessuno si realizzò, nonostante il fatto che i suoi contemporanei elogiassero la sua bellezza. “Ho visto raramente una bellezza come quella della principessa Elisabetta… È estremamente alta e molto vivace. Balla bene e cavalca senza ombra di paura. Non manca di intelligenza. È graziosa e molto seducente”, scrisse l’ambasciatore spagnolo in merito alla diciannovenne Elisabetta nel 1728.
Dopo la morte di sua madre, Caterina I, Elisabetta ebbe un momento difficile. Anna Ivanovna la temeva. Fu nel 1741 che Elisabetta prese il potere come risultato di un colpo di stato ai danni di Anna Leopoldovna, che aveva la reggenza per l’infante Ivan VI (diventato imperatore all’età di due mesi).
Preso il potere, dichiarò di voler tornare alle politiche di suo padre, e fece davvero molti progressi in questa direzione. Il regno di Elisabetta è per lo più conosciuto per la diffusione dell’Illuminismo nel Paese. L’Università di Mosca venne fondata proprio durante i suoi anni di carica, nel 1755. Sviluppò anche il teatro nazionale e istituì un’Accademia delle Arti in Russia. In questa stessa vena umanistica, uno dei risultati più notevoli di Elisabetta fu di abolire la pena di morte, sostituendola con pene minori come la fustigazione e il taglio della lingua.
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