Caterina I
Autore sconosciuto/Ermitage/WikipediaLa moglie dello zar riformista per eccellenza, Pietro I, detto il Grande, fu particolare come il regno di lui, tutto incentrato nello sforzo si modernizzare il Paese, sradicando il tradizionale stile di vita russo e importando, spesso imponendoli con la forza, gli usi europei occidentali.
Non è chiaro dove fosse nata la prima imperatrice russa. Qualche storico sostiene che provenisse dalla Svezia, ma la maggioranza dei ricercatori propende per il territorio adesso occupato dagli Stati baltici: forse veniva dall’Estonia o, più probabilmente, dall’attuale Lettonia. Si ritiene che fosse rimasta orfana in seguito a una pestilenza, e che fosse stata cresciuta da un pastore. Era conosciuta come Marta Skavronska e lavorava come lavandaia.
La via per il trono
Esistono invece più informazioni sulla sua vita successiva. Quando aveva 17 anni, si sposò con un cavaliere svedese; probabilmente un trombettista militare. In questa fase (attorno al 1702) la vita di Marta subì le conseguenze della guerra tra Svezia e Russia. La località dove viveva venne conquistata dai russi, e lei fu fatta prigioniera, finendo a lavorare come domestica per molti ufficiali, da quelli di basso rango, su su fino al generale Boris Sheremetjev. Ma non era certo questo il vertice della sua ascesa sociale. A casa di Sheremetjev, la notò il principe Aleksandr Menshikov, generale e braccio destro di Pietro il Grande.
Questi si interessò a lei e la prese con sé. E da lui la vide lo zar, che ne restò ammaliato. Meshnikov, ovviamente, gliela lasciò. Ma Marta e il principe rimasero ottimi amici per tutta la vita. Entrambi ebbero modo di dire che la loro profonda amicizia era dovuta alle loro origini: anche Meshnikov, infatti, veniva da una famiglia molto modesta (il padre era probabilmente un contadino lituano).
Un complotto con l’amico Meshnikov?
La relazione di Marta con Pietro il Grande durò fino alla morte dell’Imperatore nel 1725. Si erano sposati nel 1712 e lei gli aveva dato 13 figli, ma solo due superarono l’infanzia, due femmine: Anna ed Elisabetta. Quando Pietro morì, non aveva nominato il suo erede e, per la prima volta nella storia russa fu lei, che ormai si chiamava Ekaterina dal 1705, quando si era convertita all’Ortodossia, a prendere il regno.
Ci sono opinioni contraddittorie sul suo aspetto. Secondo uno dei suoi contemporanei, “spiccava per la bellezza e la grande statura”. Allo stesso tempo lo storico Evgenij Anisimov ha scritto che “le mancava la bellezza da angelo di sua figlia Elisabetta I e la raffinata grazia di Caterina II. Aveva un’ossatura massiccia, era pienotta e dalla pelle scura come un plebeo qualsiasi”.
Il suo aspetto esteriore e il modo in cui riuscì ad arrivare al vertice dello Stato hanno fatto pensare che avesse qualcosa di magico. Vasilij Kobylin, un caporale dell’esercito, è passato alla storia per aver affermato che Caterina avesse usato qualche filtro magico o incantesimo per tenere legato a sé Pietro. E, secondo lui, lo avrebbe fatto d’accordo con il suo amico Menshikov, che rimase, infatti, sempre vicino al trono.
Aleksandr Meshnikov
Autore sconosciuto/WikipediaPer “Katerinushka” fu vero amore
Se si leggono le lettere che Pietro e Caterina si scambiavano, sembra evidente che il loro rapporto fosse forte e sincero. “Katerinushka (piccola Caterina), amica mia”, le scriveva lui.
Lei era l’unica a non temere i famosi accessi di rabbia di Pietro, che era conosciuto per il suo rigido temperamento. Decapitò personalmente diversi soldati che avevano partecipato a una rivolta. E partecipò alla tortura del proprio figlio, Aleksej, condannato per tradimento e giustiziato. Dicono che Caterina avesse un effetto calmante sul veemente zar.
Pur avendo un tale temperamento, Pietro le perdonò persino il tradimento, scoperto quando era quasi in punto di morte. Non andò altrettanto bene all’amante di lei, il suo segretario personale Willem Mons, che venne decapitato il 26 novembre 1724.
Dopo la morte di Pietro, che spirò l’8 febbraio del 1725, lei divenne Imperatrice e regnò per oltre due anni, fino alla scomparsa, il 17 maggio 1727.
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