Moscow mods of the late 1950-ies dancing twist.
Valeriy Shustov/RIA NovostiErano definiti “controcorrente”, “anticonformisti”. Insomma privi di tutte le buone qualità che caratterizzavano un vero cittadino sovietico. Talvolta venivano additati come fannulloni e parassiti. Erano gli “stilyagi”: i ragazzi della controcultura sovietica. Coloro che uscivano dagli schemi e dettavano tendenza.
Ma gli “stilyagi” non erano i soli a dettare mode inverse: oltre a loro c’erano gli hippie, i rocker, i punk e i metallari. Mode e tendenze che, a seconda del periodo, hanno fatto impazzire intere generazioni. Ecco quali.
Fonte: Valerij Shustov/RIA Nóvosti
Con il termine “stilyagi”, talvolta tradotto come hipster o dandy, ci si riferisce al primo gruppo di controcultura nato in epoca sovietica. Apparsa per la prima volta negli anni ’40-’50, ebbe il proprio boom negli anni ’60, durante il disgelo promosso da Khruscev.
Lontani da ogni tipo di opinione politica, gli “stilyagi” ammiravano la moda straniera e la musica occidentale, soprattutto il swing e il boogie-woogie. Le ragazze indossavano vestitini e scarpe con i tacchi alti, mentre gli uomini sfoggiavano pantaloni a quadri e stivali luccicanti.
Anche se il loro stile negli anni è un po’ cambiato, si sono sempre fatti riconoscere per i colori accesi e le giacche sgargianti.
Fonte: Lev Nosov/RIA Novosti
Con il disgelo voluto da Khruscev i giovani sovietici entrarono in contatto l’Occidente e molte sottoculture iniziarono a diventare di moda anche in Urss. Questo stile era molto simile a quello scoppiato negli Stati Uniti, con la differenza che, mentre gli americani si ribellavano contro il consumismo, i ragazzi sovietici sfidavano il conformismo.
Oltre a imitare la moda americana, gli hippie dell’Unione Sovietica utilizzavano parole in inglese e ascoltavano la musica occidentale. Erano piuttosto lontani dall’idea di lavorare e si limitavano a chiedere.
Fonte: Oleg Porokhvnikov/TASS
Visto che in Urss erano ben poche le persone che potevano permettersi un’auto, le moto si trasformarono in una valida, seppur rara, alternativa.
Molti di loro si facevano chiamare “rocker” e in alcuni casi questi due termini venivano utilizzati come sinonimi.
Ascoltavano musica hard rock, distribuita in Unione Sovietica in forma illegale, e cercavano di imitare la moda occidentale nonostante la quasi totale assenza di autentiche giacche in pelle: molti di loro cercavano di confezionarle da sé, ma la maggior parte indossava giacche in finta pelle.
Feddy Beguemot, un biker dell’epoca, ricorda che la sua prima giacca in pelle venne cucita da sua sorella.
Fonte: Getty Images
Spesso questi ragazzi copiavano gli stili visti in alcuni film occidentali, imitando i movimenti scomposti di un robot.
Quando ottennero maggior popolarità come controcultura, i breakdancer sovietici iniziarono a sviluppare uno stile proprio. Tra i dettagli imprescindibili c’erano le scarpe da ginnastica bianche e i guanti. E visto che era molto difficile trovare scarpe bianche, la maggior parte dei ragazzi le colorava da sé.
Anche le catene, i braccialetti e le camice con scritte straniere andavano molto di moda.
Fonte: S. Ivanov/RIA Novosti
In questo periodo la musica heavy metal varcò i confini del Paese e iniziò a ricavarsi uno spazio in Urss. Tra i gruppi preferiti dei giovani sovietici più ribelli c’erano i Black Sabbath, gli Iron Maiden, i Metallica e Judas Priest o Megadeth.
Così come si legge sul giornale Russia’s Hooligans, i metallari sovietici prendevano molto sul serio la propria appartenenza al gruppo ed evitavano coloro che copiavano semplicemente questo stile.
Anche loro il più delle volte si ritrovavano a dover cucire da sé le proprie giacche in pelle, visto che in quel periodo era difficile recuperarle.
Fonte: Ilia Pitalev/RIA Novosti
Il modo di vestire dei punk sovietici spesso variava a seconda della città in cui vivevano. In Siberia assomigliavano molto agli hippie mentre in Estonia ricordavano i punk europei. A San Pietroburgo i ragazzi punk vivevano una vita molto bohème mentre quelli di Mosca mescolavano i vari stili presenti nel Paese. Creste colorate, piercing, cinture fatte a mano e magliette con i nomi delle proprie band preferite erano i biglietti da visita di questi ragazzi.
Non di rado finivano in manette per qualche lite violenta o per aver rotto le vetrine di qualche negozio. E urlare improperi durante le feste di matrimonio si era trasformato in un segno distintivo della sottocultura punk.
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