Grigori Rasputin
Alamy/Legion MediaGrigorij Rasputin. Fonte: Alamy/Legion Media
“Le vie di Pietroburgo erano decorate per le feste, i passanti si fermavano per scambiarsi lieti gli auguri, rivolgendoli talvolta non solo ai conoscenti, ma anche agli estranei… Nelle chiese dell’intera città si celebrava la liturgia del ringraziamento, in tutti i teatri il pubblico richiedeva a gran voce l’esecuzione dell’inno per poi domandarne con foga il bis”. In questa atmosfera di esultanza collettiva il 30 dicembre (il 17 dicembre secondo il calendario giuliano) la capitale della Russia apprese la notizia dell’uccisione dello “starets” Grigorij Rasputin.
Quando negli anni 1904-1905 Rasputin si trasferì a Pietroburgo era già celebre come religioso e pellegrino. Si diceva che fosse dotato di poteri straordinari e che riuscisse a guarire i malati.
Molti influenti prelati, tra cui l’archimandrita Feofan, consigliere spirituale della famiglia imperiale, avevano mostrato interesse verso di lui. Secondo una fonte, era stato proprio Feofan a presentare Rasputin alla zarina Aleksandra Fedorovna e all’imperatore Nicola II.
L’archimandrita Feofan (in centro) e Rasputin (a destra), 1909. Fonte: foto d'archivio
Rasputin aveva suscitato un’impressione profonda e positiva. “…Padre Feofan è rimasto assolutamente entusiasta del nuovo venuto in cui ha visto l’incarnazione dell’immagine del “servo di Dio” e di un “uomo santo” ricorda il metropolita Veniamin, collega dell’archimandrita. Lo storico della Chiesa, Georgij Mitrofanov, afferma che “Rasputin non era un avventuriero, ma un uomo davvero dotato di una speciale visione del mondo e di straordinari poteri spirituali”.
Una volta arrivato al palazzo degli zar, Rasputin riuscì a conquistare le simpatie della coppia imperiale. Esercitò la sua influenza più profonda sulla zarina Aleksandra Fedorovna. La motivazione generalmente addotta è quella della malattia dell’unico figlio maschio di Aleksandra, Alekseij, a cui era stata diagnosticata una terribile malattia, l’emofilia. Quando la malattia si manifestava nella sua forma più acuta e i medici si mostravano impotenti era Rasputin ad aiutare il ragazzo.
Aleksandra Fyodorovna insieme ai bambini e a Rasputin, 1908. Fonte: foto d'archivio
La vicinanza alla famiglia imperiale – Rasputin si rivolgeva alla zarina con l’appellativo di “mammina” e allo zar con quello di “paparino” – non poteva non influire sulla condotta del contadino semianalfabeta giunto dalla Siberia. Come scrive nel suo libro Grigorij Rasputin: una nuova valutazione lo storico e critico letterario Aleksej Varlamov, Rasputin cominciò a vantarsi dei suoi legami con il Palazzo d’Inverno e a elargire la sua protezione a stuoli di postulanti di ogni genere che accoglieva nel suo appartamento nel centro della capitale.
Negli anni 1910-11 la vita di Rasputin si discostava ormai profondamente da quella dell’“uomo santo” che aveva fatto la sua comparsa a Pietroburgo. Nella capitale s’intensificavano le voci sulla sua inclinazione all’ubriachezza, al vizio e alla dissolutezza e sulla sua capacità di ipnotizzare le rappresentanti del sesso debole. Quando lo biasimavano per questo si giustificava dicendo che erano le donne a volere la sua vicinanza e che solo attraverso il peccato si può raggiungere uno stato di grazia.
Rasputin e le donne di corte, 1914. Fonte: foto d'archivio
A suscitare più clamore erano le voci che circolavano sulle sue relazioni con la zarina. “La mia anima è serena e si acquieta solo quando tu, maestro, sei accanto a me. Ti bacio le mani e reclino il mio capo sulle tue spalle benedette”, si leggeva in una delle lettere scritte da Aleksandra Fedorovna a Rasputin e poi stampate e diffuse alla fine del 1911 per tutta Pietroburgo. A detta del primo ministro Vladimir Kokovtsov, le lettere “avevano dato adito ai più torbidi pettegolezzi”, benché non fossero “in sostanza che l’espressione di un sentimento mistico da parte della zarina”. Le lettere vennero pubblicizzate dal monaco spretato Iliodor, che inizialmente era stato vittima dell’influenza di Rasputin per poi diventare uno dei suoi più acerrimi nemici. A quanto si ritiene, doveva averle ricevute dallo stesso Rasputin.
Malgrado gli scandali, l’influenza di Rasputin non faceva che aumentare: molti dovevano allo “starets” siberiano le alte nomine conseguite. Non era un segreto per nessuno e ciò avveniva sullo sfondo della Prima guerra mondiale, un conflitto che per la Russia stava volgendo verso esiti estremamente sfavorevoli. Si mormorava che alla base delle sconfitte ci fosse un tradimento e si alludeva alle origini tedesche dell’imperatrice. Anche Rasputin veniva incluso nel gruppo delle spie tedesche. Le nubi del sospetto si addensavano sempre di più sullo “starets”. Come scrive Varlamov, negli ultimi mesi Rasputin beveva in modo particolarmente smodato, come se presentisse la sua fine, alla quale, come già aveva predetto, sarebbe seguita anche la fine della dinastia degli zar.
Il principe Feliks Yusupov, a capo del complotto. Fonte: RIA Novosti
L’esito giunse il 16 dicembre nel palazzo di un congiunto dello zar, il principe Feliks Yusupov, a capo del complotto. Come ricorda Yusupov, il gruppo dei cospiratori, che comprendeva anche il granduca Dmitrij Pavlovich e il deputato monarchico della Duma imperiale, Vladimir Purishkevich, dapprima offrì a Rasputin dei dolci avvelenati e poi sparò contro di lui parecchi colpi d’arma da fuoco per poi affogarlo in un buco nel ghiaccio.
Due mesi dopo la morte di Rasputin in Russia fu rovesciata la monarchia. Aleksandra e Nicola Romanov dopo essere stati detronizzati partirono con i figli alla volta della Siberia, ma insieme alla servitù finirono fucilati nella cantina di una casa di Ekaterinburg. Dopo la fucilazione presso i membri della famiglia imperiali vennero rinvenute 57 icone, tre delle quali erano state loro donate da Rasputin.
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