Prima di diventare oggetto di massa, diffuso in tutto il paese, il samovar veniva realizzato a Tula dai maestri armaioli della città (Foto: Tatiana Vish)
Napoli, la casa del caffè che racconta la lunga storia del tè russo. Tra aneddoti, riferimenti storici e letterari. Nei giorni scorsi all'associazione culturale Maksim Gorki si è tenuta una conferenza sul “Russkij samovar”. Con la proiezione di una serie di diapositive che hanno riavvolto il nastro della genesi della famosa bevanda, la più bevuta attualmente in Russia assieme alla vodka. E che riesce a intrecciare storia, letteratura, pittura, usi e consuetudini del popolo russo nel corso dei secoli. Un pezzo di Paese servito nei samovar, invenzione tutta russa che determinò un forte aumento del consumo di tè.
“Il suo nome deriva da "sam", che vuol dire "da solo", e "varit", ovvero "bollire" – racconta Angelo Bongo, docente all'Università Orientale di Napoli -. I primi samovar furono prodotti, verso la fine del Settecento, dai famosi maestri armaioli di Tula. Nel Ottocento, poi, i samovar diventarono oggetti di massa, essi erano considerati un acquisto da tramandare in famiglia”. Costituito da dodici parti - in argento, o in rame o in leghe metalliche, alimentati a schegge di legna o a carbonella -, il samovar permetteva il mantenimento di acqua calda, indispensabile nei gelidi inverni russi. Praticità, economicità, bellezza. Ma anche una sorta di musicalità. “Prima che l’acqua cominci a bollire il recipiente inizia a cantare e questo suono simile al canto del grillo, rendeva l’atmosfera a tavola più intima e accogliente” aggiunge il docente dell'Università napoletana.
Dunque, samovar per servire il tè, anzi il "chai", prima pianta medicinale poi bevanda. Il nome risentiva dalla provenienza, dal Nord della Cina, dove si parlava il mandarino. “Preferibilmente i russi preferiscono berlo nelle chaikhanà, un ring in legno coperto da un tappeto di foglie su cui si beve e si mangia. Sia chiaro, il tè nero, quello giorgiano, che arriva dalla tradizione - spiega Vera Ierardi, docente all'Università Orientale di Napoli, presente alla conferenza – che una volta veniva consumato senza zucchero, perché la gente non poteva permetterselo”. Il viaggio russo con il tè partiva nel Medioevo, con i mercanti che avevano una fitta rete commerciale con l'Oriente. La cronaca del tempo però portano la bevanda in Russia dal 1638, con il khan mongolo che spediva in regalo a Michail Fëdorovič, primo zar della dinastia Romanov, 64 chilogrammi di foglie di tè. Che era pure considerato curativo.
Pochi anni dopo, il medico personale del sovrano riusciva a curare il mal di stomaco dello zar Aleksej Michajlovič Romanov, padre del futuro imperatore Pietro il Grande con un infusione di tè. E pochi anni dopo arrivava l'intesa commerciale con le autorità cinesi per il transito di carovane russe zeppe di tè. Nel Settecento bere il tè nelle case dei nobili ed in quelle dei mercanti era un segno di distinzione sociale. A Mosca poi era scoppiata la moda. Oltre 100 negozi specializzati e 300 sale da tè nella capitale russa. Il tè anche mezzo per arrivare ad accordi commerciali e unioni matrimoniali. Nel Ottocento il prezzo del tè raggiunse un livello di accessibilità tale che portò la Russia, insieme all’Inghilterra, a divenire uno dei paesi più consumatori di tè d’Europa.
E la bevanda è diventata protagonista anche nella letteratura, un tratto quasi intimo del popolo russo passato in rassegna da Aleksandr Puskin a Fedor Dostoevskij, fino a Anton Cechov. Al primo, raccontano i docenti mentre scorrono le diapositive, piaceva sorseggiare tè assieme al rhum. Mentre nei “Demoni” di Dostoevskij c'è una particolare descrizione: “La vecchia portò presto il tè: cioè un enorme bricco d’acqua bollente, una piccola teiera con abbondante tè in fusione, due tazze di pietra a rozzi disegni, del pane bianco ed un’intera scodella di zucchero a scaglie”. Nei racconti di Cechov invece l'intellighenzia russa gusta la bevanda all'aperto, in terrazza mentre la popolana Lipa (In fondo al burrone), lo gustava con la marmellata, in un cantuccio.
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