Le parole nascoste di un poeta sovversivo

Foto: PhotoXPress

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Per la sua poesia antisovietica fu arrestato e condotto in campi di detenzione. Vita, opere e ribellioni di Valentin Sokolov

Vorrei chiudere l'anno 2014 con un poeta russo che mi è particolarmente caro. Il suo nome è Valentin Sokolov Z/K. Ne venni a conoscenza nel 2003, grazie a un mio e suo amico, giornalista vaticanista, dissidente e compagno di lager di Valentin, nonché professore universitario di letteratura e lingua russa, Evgeny Vaghin. Valentin e Evgeny non sono più tra noi. E vorrei ricordare oggi, oltre all'amico Evgeny, la storia di Valentin, la sua poesia e il valore in sé della poesia. Sono convinta che un poeta non può sfuggire al proprio destino. E che a scegliere il proprio poeta è la poesia stessa. E ogni poeta, prima o poi, viene chiamato a pagarne il prezzo. E lo pagherà anche Valentin - con la vita.

Valentin Sokolov nasce in Russia, a Likhoslavl', nella provincia di Tver', il 24 agosto 1927. Il suo primo arresto, a causa della "poesia sovversiva", lo troviamo datato nell'anno 1948. Da allora egli passerà i 30 anni complessivi della sua vita in carcere, tra diversi arresti e detenzioni, solo ed esclusivamente per colpa della poesia di "stampo antisovietico". Dopo anni di carcere e di "campi di lavoro rieducativo" rifiuterà il passaporto sovietico e presenterà una richiesta di espatrio: destinazione  - "qualunque paese libero"... È superfluo dire che tale gesto verrà considerato dalle istituzioni sovietiche come una vera e propria follia. Dopo la richiesta d'espatrio Valentin verrà internato nell'ospedale psichiatrico di Novoschakhtinsk da dove non uscirà più. Si trattava, in sostanza, di una struttura carceraria, una realtà tra le più terribili del sistema penitenziario del regime sovietico. Il suo cuore di poeta vi cesserà di battere il 7 novembre del 1982.

 
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Valentin Sokolov non fu mai pubblicato in vita. Dopo la sua morte, apparvero alcune pubblicazioni sulle riviste internazionali dell'immigrazione russa. E solo nel 1994, a Mosca, vedrà luce la sua prima raccolta dal titolo "Un sorso d'ozono" a cura di A. Istoghina. Questa raccolta mi fu regalata dall'amico Evgeny con una dedica : "A Natasha, capace di comprendere  questa poesia per pochi. Natività di Cristo del 2005, a Roma." Seguirà, a cura, sempre di A. Istoghina, la raccolta " Ombre al tramonto". Immagino che non sia stato facile pubblicare un poeta come Valentin Sokolov poichémai come nel suo caso fu appropriato il termine "raccolta  di poesie". Si dovrà in pratica, dopo dieci anni dalla morte del poeta, fare una ricerca e raccogliere le poesie tra gli ex detenuti dei lager e tra la gente che lo aveva  conosciuto, poiché non esisteva un suo archivio poetico.

Le poesie che scriveva durante la detenzione, le regalava agli amici, ai compagni di cella e ai nemici. Molti conoscevano le sue poesie a memoria. Spesso le scriveva sulle pareti della cella, che venivano puntualmente scrostate dalle sentinelle e i suoi quaderni venivano sequestrati durante le perquisizioni. Ma niente fermava il poeta. Né lavoro duro nelle miniere, né inimicizie, né cattiverie, né soprusi, né persecuzioni dei suoi carcerieri. Tutti conoscevano il poeta Valentin Z/K, come egli stesso usava firmare i suoi versi (Z/K  èun'abbreviazione russa del termine " detenuto"). Era noto anche negli altri lager, oltre al suo. Le sue poesie passavano di mano in mano e i suoi quaderni, varcando i confini del carcere, circolavano negli altri lager dell'Arcipelago Gulag. Era considerato il poeta migliore del Gulag. C'era chi barattava le sue poesie con le sigarette o con qualche barattolo di tè... Spero non pensiate che il tè nei lager fosse un rito da samovar con le marmellate, bubliki (ciambelle) e pasticcini. Proprio no. Il tè nei carceri russi si usava dai detenuti nelle dosi massicce per ottenere una bevanda forte, nera e stimolante come una droga. Si chiama cefir. Lo stesso Valentin ne faceva uso. Lo descrive in una poesia, dicendo come il cuore e gli occhi gli saltavano fuori dalla gola e dalle orbite...

Evgeny Vaghin riuscirà a conservare e a portare fuori dal lager molte poesie di Valentin autografe: "A Zhenia Vaghin. V. Sokolov. Mordovia  1.3.68." Nei lager, ricorda  Evgeny, erano in molti a ritenere geniale la poesia di Valentin. Evgeny nel 1994 ne pubblicherà alcuni versi, che aveva conservato - rigorosamente datati e scritti a mano dall'autore, con tanto di correzioni - sulla rivista dell'immigrazione russa in Germania,"Vece". Mi regalò,  nel 2003, una copia con la dedica: " A Natasha,  la "giardiniera", dall'amico di Valentin Z/K ; dopo l'assassinio di N. Gumilev e di S. Esenin, egli fu l'ultimo grande poeta russo, martirizzato dagli aguzzini rossi. Roma, 2003". Evgeny  mi definì  "giardiniera" nella dedica perchénoi si discuteva all'epoca di una metafora di Cvetaeva - "morte giardiniera"  - che lessi anche in una poesia di Prevert. E  facevamo varie ipotesi su chi fu il primo a "inventarla". 

Qualcuno ha detto che da nessuna parte amano i propri poeti come in Russia e che da nessuna parte uccidono i propri poeti come in Russia. Mi viene in mente una scena dell'ultimo film russo su Esenin. Giovane poeta contadino arriva a San Pietroburgo e viene ricevuto da Blok. Esenin legge a Blok una sua poesia, che parla della Russia. Blok - bellissimo, mistico, affascinante e affascinato - ascolta. Esenin conclude la lettura e Blok dice : "La vostra poesia èbellissima. Pure, limpide, terse immagini prendono vita e si materializzano davanti agli occhi ..."  Così era la poesia anche per Valentin Sokolov. D'immagini.

"In assoluto - brevitàluminescenza e portata d'informazione poetica: occorre non raccontare ma far vedere, o meglio ancora, disegnare, e disegnare non lentamente, come un pittore, ma come un grafico, accantonando il superfluo, lasciando sul foglio bianco degli spazi sospesi, non colorati , usare espressivi, marcati, rapidi tratti e pochi colori a contrasto: nero, rosso, blu, lilla, verde, grigio. Ma più di tutti gli altri colori usare il grigio - come un pittore grafico usa una matita. Ogni colore dev'essere un indicatore dell'essenza e non la colorazione di un oggetto o di un fenomeno. Nel XX secolo l'uomo é martellato "in testa" dall'informazione e non ha voglia di perdersi nelle lungaggini e nelle inezie. Perciò farà effetto un verso rapido e luminescente - come un fulmine".

Proprio questo  mi aveva colpito nella poesia di Valentin - estrema, concreta, luminescente bellezza. E i colori. Azzurro - morte. Nero - mistero, proibito. Molto nero nei suoi versi. Ma non è un nero d'angoscia. È un nero luminescente, rassicurante come una luce nella notte. Sorrido, pensando a tanti poeti contemporanei, quei novelli "stregoni apprendisti" che, annoiati, si lamentano di tutto e, spesso, del fatto che, se dovessero essere costretti a lavorare, non potrebbero scrivere. Non avrebbero più tempo. Ma la poesia non è un tempo a disposizione per "poetare". La poesia èun destinoE se siete destinati la poesia vi troverà, anche sul vostro posto di lavoro. Ad avercelo! Breve, rapida, luminosa, micidiale - come un fulmine. Non crucciatevi dunque e tenete sempre presente il fattore del prezzo da corrispondere al vostro destino di poeta. Buone Feste!

Attraversi la donna,

Essa è come la vita, trasparente e lunga.

E solo cenere, un pugno di cenere -

Con le mani dal fondo bruciato.

Attraversi la donna, avendo fretta

Gli occhi tuffare in altro,

E fugge l'anima            

Dal corpo 

Nell'eterna Via Lattea.

Valentin Sokolov Z/K (1927 - 1982, Russia)

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