Mikhail Vrubel. Disegno di Natalia Mikhaylenko
Probabilmente Mikhail Vrubel (1856-1910), creatore di capolavori come "Demone" e "Principessa dei cigni", è uno dei personaggi più tragici tra i pittori russi. Si diceva di lui che avesse venduto l’anima al diavolo. Secondo l’opinione popolare non fu un caso che le sue tragedie e tutti i suoi problemi fossero iniziati mentre lavorava al quadro "Demone abbattuto". Il Demone di Vrubel rappresenta un uomo che voleva elevarsi troppo in alto, quanto Dio stesso, e per la sua presunzione è abbattuto. Il quadro è un’illustrazione tipica di una teomachia, e Vrubel stesso ne era consapevole. Disse che con quel quadro intendeva "esprimere la sensualità, la passione per la bellezza e la raffinatezza, tutte cose che la gente si sente spinta a respingere a causa delle idee cristiane".
E in effetti egli riuscì a esprimere bene tutte queste cose e ne fu colpito di conseguenza. Lavorava al suo quadro per 17 ore senza interruzione e a malapena dormiva. Iniziò a bere pesantemente. Ruppe ogni rapporto con tutti i suoi amici artisti. Mentre era in corso di lavorazione il "Demone abbattuto", nella famiglia Vrubel nacque un bimbo, buono ma con un difetto genetico (un labbro leporino). Lo stesso Vrubel iniziò a soffrire di allucinazioni e fu chiuso in una clinica psichiatrica. Nel frattempo anche al suo quadro iniziò ad accadere qualcosa di strano: il pittore aveva utilizzato in alcune sue vernici polvere di bronzo, che conferiva un risultato luminescente stupefacente. Ma quando le polveri iniziarono a ossidarsi e a cambiare colore, il volto del Demone si trasformò: da bello che era, divenne rabbioso, arcigno, smorto.
Il Demone mostrò il suo vero volto: era orribile. Il dipinto fu ripetutamente respinto da collezionisti e musei. Nel frattempo, anche Vrubel andò incontro allo stesso genere di metamorfosi del suo dipinto: da persona calma, raffinata e cordiale che era si trasformò egli stesso in un demone. Iniziò a tormentare la sua famiglia, a imprecare contro di essa, a sproloquiare e a chiedere sempre più da bere. Questa, in ogni caso, non fu la fine delle sue sfortune: l’anno seguente suo figlio morì e qualche anno dopo egli divenne cieco. Portò a termine il suo ultimo dipinto aiutandosi col tatto più che con la vista. Il suo intero mondo precipitò nell’oscurità e scomparve. E una voce che udiva nella testa seguitò a ripetergli: “Adesso hai saldato tutti i tuoi conti con me”. Vrubel morì di polmonite, anche se la sua morte, in verità, sembrò più un suicidio. Trascorreva infatti ore e ore davanti alla finestra spalancata, rimanendo completamente nudo e immobile in pieno inverno.
Inevitabilmente, si ammalò: si rifiutò di lottare per guarire e morì nella medesima clinica psichiatrica nella quale era stato ricoverato in passato. Più o meno nello stesso periodo, un destino simile colpì Friedrich Nietzsche, il filosofo tedesco che aveva proclamato “Dio è morto”. Anche lui trascorse i suoi ultimi giorni in una clinica psichiatrica, tra terribili sofferenze. È quasi certo che Vrubel ne avesse letto i libri: Nietzsche era molto popolare nell’élite degli artisti russi. Molti poeti, musicisti e pittori si erano lasciati incantare dalle idee del filosofo tedesco, ma pochi di essi si spinsero dove osò Vrubel. I suoi dipinti ci rammentano sempre quanto in alto può salire un uomo e quanto è doloroso precipitare poi da tali altezze.
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