I copricapi più strani indossati nei secoli dalle donne russe

Aleksandr Bozhko, Maria Mertsalova, 1988
Oltre al tradizionale kokoshnik e alla fascia per capelli di uso quotidiano, le donne dell’antica Russia avevano dei copricapi per le occasioni speciali, dalle forme davvero insolite ed elaborate

Kika con corni

Questo pesante copricapo viene menzionato per la prima volta in un documento del XIV secolo.

La sua origine risale all’era pagana, quando il corno era simbolo di fertilità, pertanto la donna poteva mettersi questo copricapo soltanto dopo la nascita del primo figlio. Il copricapo era in uso a Tula, Rjazan, Kaluga, Orjol e in altri governatorati della Russia meridionale. Siccome la kika era non soltanto alta (20-30 cm), ma anche pesante, la donna doveva costantemente alzare la testa per non farla cadere. Da questa esigenza nacque poi il verbo “kichítsa” (кичиться), cioè, “pavoneggiarsi”, “darsi delle arie”.

Kika a zoccolo

È un’altra variante della kika che tutte le donne sposate erano tenute a mettersi nei giorni festivi.

Anche questo copricapo è molto antico (lo “zoccolo” viene menzionato per la prima volta intorno al 1328), ma è comparso comunque dopo l’introduzione del cristianesimo, pertanto le credenze pagane c’entrano poco. Oltre alla variante a zoccolo, le donne usavano anche delle kika a bombetta, a paletta o a rullo. Di solito, il copricapo era decorato con ricami in oro. Lo “zoccolo”, che si metteva sulla fronte, veniva fissato con dei nastri.

Soroka di Tula

Molti storici finora non riescono a raggiungere l’accordo su che cosa sia una soroka (in russo “сорока” letteralmente significa “gazza”) e che cosa una kika, perché, avendo diverse varianti, i due copricapi sembrano talora quasi identici. Tuttavia, con la soroka di Tula non si sbaglia: l’analogia con i pennuti è ben visibile.

Questo copricapo ha la parte frontale, le falde e la parte posteriore, formata da numerosi nastri cuciti sul perimetro del copricapo che compongono la “coda” come quella di pavone quando fa la ruota. Anche le falde erano composte da nastri di vari colori, ma diretti in direzione opposta, creando l’illusione di un paio di ali. Le donne usavano la soroka nei primi 2-3 anni successivi al matrimonio, indossandola in occasione di tutte le feste.

Shishak di Pskov

Se i primi tre copricapi si usavano soprattutto nelle regioni meridionali, lo shishak (in russo “шишак”; così si chiamava l’elmo dei militi russi) era parte del costume delle donne del Nord della Russia. In sostanza, si tratta di un classico kokoshnik, ma la versione che vedete nell’immagine è diversa dal copricapo usato dalle donne nella loro vita quotidiana.

Questo shishak, come vedete, è decorato con numerose “pigne”. La pigna era un altro simbolo di fertilità, più ce n’erano e più prolifica si riteneva che fosse la donna. Si diceva addirittura: “Quante pigne, tanti figli”. Lo shishak di Pskov era parte del costume nuziale della sposa, e le “pigne” venivano spesso decorate con perle. Sopra lo shishak si metteva uno scialle ricamato in oro. 

Kabluchok di Tver

Questa è una delle varianti più insolite del kokoshnik, molto popolare nel governatorato di Tver. Il “Kabluchok” (letteralmente: “piccolo tacco”) era un copricapo di forma cilindrica, e divenne di moda nei secoli XVIII-XIX. Lo si usava soltanto in occasione delle feste. Per il kabluchok si usavano i tessuti più costosi come la seta o il velluto. Il copricapo veniva poi decorato con pietre preziose e oro. Sull’orlo inferiore del kabluchok era cucita una rete di perle che copriva la fronte della donna, mentre il cilindro chiudeva soltanto la sommità della testa.

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