I Chukchi, quei guerrieri temuti da tutti

Paul Niedieck/Dominio pubblico
Per un secolo e mezzo, i russi non riuscirono a sottomettere gli abitanti della penisola dei Chukchi. E alla fine decisero di trovare un accordo con questi feroci allevatori nomadi di renne

“I Chukchi sono un popolo forte, fatto di gente coraggiosa, alta, robusta, sensibile, giusta, militante, che ama la libertà e non tollera l'inganno; sono vendicativi e in tempo di guerra, se si trovano in una posizione di pericolo, si uccidono”, così l'ufficiale russo Dmitrij Pavlutskij descriveva le popolazioni indigene della penisola dei Chukchi, ai margini orientali dell'Eurasia, che la Russia iniziò a dominare nella metà del XVII secolo. 

Pochi popoli che vivevano a est degli Urali hanno opposto resistenza ai russi come i Chukchi. Rifiutandosi di accettare la sottomissione dello zar e il pagamento dei tributi, per quasi centocinquant'anni hanno condotto sanguinose guerre, devastando gli insediamenti nemici e infliggendo imboscate ai loro distaccamenti militari.

Una famiglia di Chukchi davanti alla propria casa vicino allo Stretto di Bering

Per le truppe russe (per lo più cosacche) sottomettere i pastori nomadi di renne si rivelò un compito estremamente difficile, soprattutto a causa del clima rigido della penisola, della sua distanza dal centro dello Stato russo e delle limitate risorse umane. A complicare ulteriormente le cose ci pensavano i Chukchi, che erano tra i guerrieri più feroci e abili di tutta la Siberia e dell'Estremo Oriente.  

Il culto della forza

La forza fisica e la resistenza erano apprezzate più di ogni altra cosa nella società dei Chukchi. Fin dalla prima infanzia, ai futuri pastori e cacciatori di renne veniva insegnato a sviluppare il proprio corpo, a sopportare la fame e a dormire poco. Già all'età di cinque anni i bambini correvano dietro al gregge con le racchette da neve ai piedi.

Un uomo in armatura con lancia e arco. Dal libro

I Chukchi si allenavano ogni giorno nella corsa (a volte indossando un’armatura pesante) e nella lotta. Inoltre, erano molto popolari anche i duelli di allenamento con le lance, oltre a uno sport simile al rugby con una palla fatta di peli di renna.

“I Chukchi sono camminatori straordinari - scriveva il capitano N. Kallinikov all'inizio del XX secolo -. “Sono proprio delle persone forti nel superare la fatica, la fame, l'insonnia... soprattutto in giovane età”.

La morte non spaventava i Chukchi. Temevano piuttosto di mostrarsi vigliacchi e di lasciare ai posteri un brutto ricordo. Una volta catturati, i guerrieri spesso si lasciavano morire di fame.

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Maestri nel combattimento 

In battaglia, i Chukchi erano abili non solo con l'arco, la lancia o il coltello, ma, se necessario, potevano combattere anche con un bastone progettato per fermare le renne che uscivano dal branco.

Armatura da guerriero, XIX secolo

I Chukchi non usavano scudi e la loro agilità li aiutava a schivare le frecce degli avversari, soprattutto dei Coriachi (un popolo che viveva nelle terre meridionali e che aveva accettato la cittadinanza russa). I corpi di questi guerrieri erano protetti dalla testa al ginocchio da armature lamellari, fatte di pelle di tricheco, zanne di tricheco, costole di cervo, ossa di balena o ferro.

Secondo le testimonianze degli esploratori russi della Siberia alla fine del XVIII secolo, una ventina di “selvaggi, severi, indisciplinati e brutali” allevatori di renne Chukchi potevano facilmente disperdere cinquanta Coriachi. I Chukchi sedentari che vivevano sulla costa, invece, erano meno bellicosi dei loro fratelli nomadi, ma anche loro erano considerati degli avversari temibili.

Inizialmente le armi da fuoco dei russi spaventarono i Chukchi, che pensavano che gli spari fossero “tuoni dal cielo”, e le ferite da proiettile “ferite da fulmine”, ma vi si abituarono piuttosto rapidamente. Poiché i russi non avevano alcuna fretta di vendere i loro fucili a questi pericolosi allevatori di renne, i Chukchi facevano di tutto per ottenerli come trofei o barattarli con i Coriachi.

Maestri nelle imboscate 

I Chukchi preferivano combattere in inverno. Dopo aver percorso di nascosto molti chilometri su slitte trainate da renne e cani, attaccavano gli insediamenti nemici, uccidendo, bruciando le case, facendo prigionieri e distruggendo tutto ciò che non potevano portare con sé. Rovinavano le scorte di cibo, condannando così il nemico a morire di fame.

Anadyrsk, 1710 circa

Se a marciare contro i Coriachi erano di solito poche decine di persone, contro un nemico così temibile come i russi, le tribù dei Chukchi potevano dispiegare in campo diverse centinaia di uomini e, in casi eccezionali, fino a duemila soldati. Così, durante la campagna militare del 1731-1732, il distaccamento di Pavlutskij distrusse nei combattimenti circa mille Chukchi. 

L'organizzazione delle imboscate era la principale modalità di guerra dei Chukchi, che sfruttavano abilmente ogni errore del nemico a proprio vantaggio. 

Una volta i cosacchi si accamparono sulla collina Majorskaja, che era circondata da acqua ghiacciata; nonostante il sottile strato di ghiaccio che rischiava di rompersi da un momento all’altro, i Chukchi non si lasciarono scoraggiare: strisciarono a pancia in giù sul ghiaccio, riuscendo così a raggiungere il nemico e a massacrarlo.

L’accordo

La guerra contro i Chukchi, iniziata nella metà del XVII secolo, fu lunga e sanguinosa per la Russia. E, nonostante continuassero a perdere centinaia di uomini negli scontri, questi feroci guerrieri si ostinavano a non riconoscere l'autorità dello zar.

Una famiglia Chukchi, estate del 1906

Le truppe dei vari schieramenti subirono gravi sconfitte: nel 1730, nella battaglia di Egach morirono trenta cosacchi, guidati dal colonnello Afanasij Shestakov. Diciassette anni dopo, la battaglia sul fiume Orlovaja si concluse con la morte del maggiore Pavlutskij e di cinquanta dei suoi uomini. Date le risorse limitate di cui la Russia disponeva nella regione, tali attacchi si rivelavano sempre molto problematici.

Alla fine, a San Pietroburgo si decise di trovare un accordo: un passo importante nella normalizzazione delle relazioni fu la distruzione della roccaforte dei Chukchi di Anadyr, nel 1771, che causò loro un forte fastidio. In seguito, gli inviati dell'imperatrice Caterina II riuscirono a condurre dei negoziati con i leader locali.

Nel 1779 la Chukotka fu ufficialmente annessa all'Impero. Allo stesso tempo, i Chukchi furono esentati dal pagamento di una tassa per dieci anni e di fatto mantennero la piena indipendenza nei loro affari interni. Anche all'inizio del XX secolo, molti di loro non avevano idea di essere ormai diventati sudditi russi.

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