Anno 1962. Una ragazza dalla corporatura robusta, con i capelli raccolti in uno chignon, ha indosso una camicetta castigata e una gonna sotto al ginocchio, tenuta sulla vita da una larga cintura. Ai piedi ha delle scarpette aperte chiare, dal tacco basso. È una delle 8.000 ragazze dell’Urss che volevano andare nello Spazio. E una delle cinque che ce l’hanno fatta a superare le selezioni. Il suo nome è Valentina Tereshkova. Figlia di un trattorista e di un’operaia tessile, è stata ammessa nella prima squadra di cosmonaute donne.
“Non abbiamo certo sbagliato persona”, diranno più tardi i suoi superiori, quando Valentina volerà attorno alla Terra per 48 volte e atterrerà in un lago del Territorio degli Altaj. E Khrushchev, in piedi sul podio del mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa con lei accanto, potrà prendere in giro gli Stati Uniti: mentre la borghesia ha sempre considerato le donne il sesso debole, nel socialismo le donne hanno pari opportunità. Anche se, a dire il vero, dopo di lei, la successiva donna sovietica sarebbe andata nello Spazio solo 19 anni dopo.
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La ricerca della candidata giusta in tutta l’Unione Sovietica
Ci sono diverse versioni di come i sovietici decisero di mandare la prima donna nello Spazio. Si dice che fu Sergej Koroljov, il capo del programma spaziale sovietico, a volerlo: per lui era un passo logico dopo diversi voli di successo con cosmonauti maschi. Secondo un’altra versione, il cosmonauta German Titov che si era recato negli Stati Uniti dopo la sua missione Vostok-2, sentì là che le autorità americane stavano seriamente considerando di mandare una donna in orbita.
La cosa fu portata alle orecchie del leader sovietico Nikita Khrushchev, che non voleva perdere nessun primato nella corsa allo Spazio. Dopo il primo uomo ora poteva portare in orbita la prima donna.
Il compito della selezione fu più difficile che per gli uomini. I candidati maschi venivano selezionati tra i piloti militari, ma c’erano molte poche donne pilota in Unione Sovietica. Fu deciso di cercare anche tra le paracadutiste. Requisiti di base: massimo 30 anni di età, altezza fino a 170 cm, peso fino a 70 kg.
Le finaliste furono 30, di queste 5 furono prese. Zhanna Erkina, Tatjana Kuznetsova, Valentina Ponomarjova, Irina Solovjova e Valentina Tereshkova, che aveva alle spalle l’esperienza in un club di volo e 90 salti con il paracadute.
Una scelta politica?
Tereshkova, 25 anni, vinse il suo “biglietto” per lo Spazio: fu scelta come pilota principale. Ma ciò che stupisce di questa decisione è che lei non era la migliore candidata. Al contrario, sulla base dei risultati dei test medici e dell’addestramento teorico, la Tereshkova era all’ultimo posto (la sua sostituta, Solovjova, per esempio, aveva circa 700 salti ed era un Maestro di Sport in paracadutismo; la Tereshkova no).
Tuttavia, sembrava la migliore candidata a Nikita Khrushchev, perché aveva un background familiare adatto. Era una ragazza semplice di una povera famiglia operaia originaria di un villaggio della Bielorussia, che dopo aver completato sette anni di scuola era andata a lavorare in una fabbrica di pneumatici per aiutare sua madre, e poi, seguendo la mamma e sua sorella, in una fabbrica tessile. Suo padre era rimasto ucciso nella Guerra d’Inverno contro la Finlandia (1939-1940); lei era stata segretaria del Komsomol (l’organizzazione giovanile comunista). Insomma, era una vera “ragazza del popolo”.
Il secondo fattore determinante fu descritto nel suo diario da Nikolaj Kamanin, capo dell’addestramento dei primi cosmonauti sovietici: “Sia la Solovjova che la Ponomareva avrebbero potuto essere mandate sul primo volo. Sono sicuro che avrebbero eseguito il volo non peggio, e forse anche meglio della Tereshkova, ma dopo il volo potevano essere utilizzate solo come cosmonaute. […] La Tereshkova poteva essere molto di più che la prima donna cosmonauta. Era intelligente, volonterosa, faceva un’ottima impressione su tutti, ed era in grado di tenere un grande discorso su qualsiasi podio. La Tereshkova aveva le carte in regola per essere un personaggio pubblico, e avrebbe rappresentato l’Unione Sovietica in qualsiasi forum internazionale con onore e brillantemente”.
Valentina Tereshkova iniziò il suo volo spaziale il 16 giugno 1963. Disse ai suoi parenti che sarebbe stata fuori per qualche giorno per una gara di paracadutismo. Loro seppero dalla radio, come tutti, che una donna sovietica era volata nello Spazio; ma il nome non lo dissero, la chiamavano con il nome in codice di “Chajka”; “gabbiano”. Le notizie erano buone: la donna sovietica era nello Spazio da quasi tre giorni e si sentiva bene. Questo è quello che dicevano i rapporti ufficiali. In realtà, non era esattamente così.
Il rischio di non tornare sulla Terra
“La Tereshkova, secondo la telemetria e il monitoraggio video a distanza, aveva sopportato il volo in modo abbastanza soddisfacente. Le comunicazioni con le stazioni di terra erano però lente. I suoi movimenti erano fortemente rallentati. Stava seduta quasi immobile. Aveva chiaramente un cambiamento nel suo stato di salute, di natura vegetativa”, si legge nei rapporti del dottor Vladimir Jazdovskij, uno dei padri fondatori della Medicina spaziale. Non fu in grado di compilare il suo diario di bordo e non poté realizzare gli esperimenti previsti.
A un certo punto, la Tereshkova iniziò persino ad addormentarsi a ore non stabilite per via del sovraffaticamento, cosa che era severamente vietata. Non rispondeva alle richieste provenienti da Terra. Solo Valerij Bykovskij, un altro cosmonauta sovietico che era volato nello Spazio il giorno prima della Tereshkova per essere in orbita al momento del suo volo, riuscì a svegliarla (i cosmonauti erano collegati e potevano parlare e sostenersi a vicenda, ma solo moralmente; tecnicamente non era ancora possibile agganciare due navicelle).
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Tuttavia, non furono nausea, debolezza estrema e sonnolenza fino quasi alla letargia le cose peggiori del viaggio nel cosmo. Valentina Tereshkova tacque su un incidente occorso per trent’anni. Un programma di volo errato era stato caricato sulla navicella Vostok-6. Nel momento in cui era necessario correggere l’orbita e andare ad atterrare, si scoprì che gli automatismi facevano il contrario: la ’Vostok-6’ lasciava l’orbita, cioè mandava la nave nello Spazio profondo, lontano dalla Terra. Avendo capito il problema in tempo, la Tereshkova riuscì a correggere manualmente l’orbita e a tornare sulla Terra. Ma i guai non erano finiti.
Una volta sulla Terra, aggirando tutte le istruzioni, prima dell’arrivo dei soccorritori, fece assaggiare agli abitanti del luogo dove era atterrata i tubetti di cibo spaziale che avrebbero dovuto essere analizzati a scopo di ricerca, e si fece offrire patate bollite e kvas. Koroljov era furioso: “Niente più donne nello spazio finché sarò vivo!”, avrebbe giurato.
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Niente più donne!
La storia del tubetto di cibo da cosmonauti, tuttavia, non può davvero aver giocato un ruolo significativo nella decisione di non inviare altre donne nello Spazio, e l’arrabbiatura fu subito sbollita. Ma la convinzione che il corpo delle donne fosse meno adatto a tali carichi di fatica cominciò a prendere piede. L’esperimento di una donna nello Spazio non entusiasmò i dirigenti del programma spaziale sovietico (ufficialmente, ovviamente, questo non fu detto). Dati di telemetria soddisfacenti, ma tutt’altro che ideali, misero in dubbio la fattibilità di tali missioni.
“Stavamo preparando un’altra donna per volare nello Spazio, ma Sergej Koroljov decise di non rischiare la vita delle donne perché una di quelle nello squadrone dei cosmonauti aveva già una famiglia”, ha raccontato la Tereshkova. “Noi eravamo contrarie”, ha detto, “abbiamo scritto al Comitato Centrale che non eravamo d’accordo con una tale decisione”.
Tuttavia, la decisione non venne riconsiderata fino al 1982. Delle quattro ragazze rimaste nel corpo dei cosmonauti, nessuna sarebbe andata in orbita. Valentina Tereshkova rimane l’unica donna al mondo ad aver fatto un volo spaziale da sola (in seguito, le donne sono state inviate solo in missioni congiunte). Rimarrà membro del corpo dei cosmonauti fino al 1997, nel 1995 diventerà la prima donna generale dell’esercito russo, ma non andrà più nello Spazio. Le verrà invece affidata un’altra missione.
La creazione di una figura politica
“Quando fu il momento di decidere cosa dovesse fare la Tereshkova dopo il volo, consigliai vivamente a Valentina di prepararsi a una grande attività pubblica e politica. […] cercando di convincerla che, parlando dalle più alte tribune di Stato, avrebbe potuto essere di grande aiuto alla causa dell’esplorazione spaziale del nostro Paese”, ha ricordato Nikolaj Kamanin.
Ma la Tereshkova insistette di volersi diplomare all’Accademia Militare di Ingegneria Aerea, dove si era iscritta dopo il suo volo spaziale, e di voler continuare a lavorare al Centro di Addestramento Cosmonauti come istruttore. A quel punto, aveva già sposato il cosmonauta Andrijan Nikolaev e dato alla luce una figlia.
“Per motivare tale decisione, fece riferimento alle sue malattie e ai disturbi che erano diventati più frequenti negli ultimi due o tre anni, al suo desiderio di essere coinvolta personalmente nella crescita di Aljonka (che era di salute cagionevole, si ammalava spesso e non aveva una tata), alla necessità di rafforzare la famiglia (i frequenti viaggi all’estero e il lavoro a Mosca potevano mettere a rischio i rapporti della vita quotidiana). Valentina mi supplicò in lacrime di non farla uscire dal Centro, dicendo che il nuovo lavoro avrebbe potuto rovinarla”, ha scritto Kamanin.
Ma la volontà dello Stato era più forte. Dal 1966 Tereshkova diventò un personaggio pubblico. Cominciò a dirigere e a far parte di decine di organizzazioni: il Comitato delle Donne Sovietiche, il Consiglio Mondiale della Pace, la Federazione Democratica Internazionale delle Donne, ecc., fino a essere eletta al Soviet Supremo dell’Urss e in seguito deputata alla Camera bassa del Parlamento russo.
L’autorità e la fama della Tereshkova ne fecero un’icona di stile per tutte le donne sovietiche. “Era un’eroina. Era una donna bella, statuaria, alta. Amava i completi, le giacche, le camicette con i fiocchi. Aveva una bella figura. Era elegante e sapeva come indossare le cose”, ha detto la storica della moda Alla Shchipakina.
Il guardaroba della Tereshkova era davvero accattivante: viaggiando per il mondo con tutti i tipi di comitati, si vestiva in un modo che le donne sovietiche non potevano di solito permettersi. Queste, a loro volta, iniziarono a scrivere in massa alla Tereshkova, chiedendole consigli su tutti gli aspetti della vita: da come andare avanti nella coda per ottenere un appartamento dallo Stato a come impedire al marito di bere. Le risposte arrivavano, ma sotto forma di vuote formule burocratiche come “il suo appello è stato trasmesso al Comitato Esecutivo Distrettuale”.
Tereshkova non rilascia interviste e poco si sa della sua vita privata. Ha divorziato dal suo primo marito nel 1982. Ha commentato il fatto solo una volta: “Al lavoro era un uomo d’oro, ma a casa un despota”. Si è sposata una seconda volta: con il maggiore generale del servizio medico Julij Shaposhnikov, di cui è rimasta vedova nel 1999.
Dal 2015, l’ex cosmonauta è membro del gruppo parlamentare per la protezione dei valori cristiani e dirige la fondazione benefica “Pamjat pokolenij” (ossia: “Memoria delle generazioni”). La Tereshkova ha sostenuto i progetti legislativi di più alto profilo, tra cui l’innalzamento dell’età pensionabile nel 2018. Nel 2020, ha proposto un emendamento costituzionale per eliminare il limite al numero dei mandati presidenziali. Questo emendamento è stato poi adottato.
Valentina Tereshkova ha compiuto 85 anni il 6 marzo 2022. È ancora un membro attivo della Duma di Stato.
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