Il “vytrezvìtel”, l’istituzione più temuta da chi alzava il gomito nell’Urss, riapre in Russia

Aleksandr Shogin/TASS
Sono centri in cui è condotto chiunque venga trovato in stato di ebrezza o di alterazione da sostanze stupefacenti. Nel 2011 il presidente Medvedev li aveva chiusi, ma ora stanno tornando

Una donna già avanti con gli anni siede a un lungo tavolo nella sala delle assemblee. È un medico narcologo. Si occupa cioè di dipendenze. Al microfono parla con voce monocorde dei pericoli dell’alcolismo. A pochi metri di distanza, seduti in sala, ci sono decine di uomini trasandati, dalle facce rugose, che non si sono evidentemente ancora del tutto ripresi dall’ultima sbornia.

“Inizierò con uno che ci è ricascato più di una volta. Nikolaj Ivanovich Gulepov. […] Per favore si alzi. È l’ottava volta che finisce al vytrezvìtel; l’ottava volta! […] Stavolta faremo un discorso molto serio io e lei! […] È già stato curato da un narcologo, e che fa, continua a bere?”. La dottoressa rimprovera davanti a tutti un uomo biondo, smagrito, con indosso un cappotto e una sciarpa a scacchi.

Lui, come un bambino, si giustifica. Dice di essersi curato, di non aver bevuto per otto mesi, ma poi di aver interrotto le cure e di essersi riattaccato alla bottiglia. Il medico minaccia di farlo finire al trattamento sanitario obbligatorio, se non si darà da fare da solo per uscire da quella condizione, ma ecco che un altro “paziente” prende le parti di Nikolaj.

Evgenija Fomovna Telipan, infermiera del centro di disintossicazione medica di Kishinev, sul posto di lavoro. 31 dicembre 1987, Repubblica Socialista Sovietica Moldava, URSS

“Lei è sicura di aiutare con queste cure? Io ho preso quelle medicine, ma il risultato si vede… Hanno effetti collaterali… sia sull’organo sessuale che sul fegato”, accusa l’uomo, indignato.

“È tutta quella vodka ad avere effetti collaterali!”, ribatte la dottoressa.

È così che andava un “profilaktìcheskij razgovór”; il “colloquio preventivo”, in uno dei tanti vytrezvìtel, i centri in cui veniva temporaneamente rinchiuso chi era trovato in stato di ebrezza in Urss e in Russia fino al 2011. Il nome deriva dal verbo “výtrezvit” (вытрезвить); “far passare la sbornia”.

Come funzionavano queste istituzioni e con quali metodi facevano rinsavire chi aveva alzato troppo il gomito? E qual è il sostituto di questi centri nella Russia contemporanea?

I primi “ricoveri per ebbri”

I vytrezvitel apparvero nell’Impero russo all’inizio del Novecento. Uno dei primissimi fu aperto a Tula con il nome di “Prijùt dljà opjanévshikh”, ossia “Ricovero per gli ebbri”.

In un piccolo edificio di mattoni con diversi letti d’ospedale all’interno, venivano condotti tutti quelli che, a causa del troppo bere, riuscivano a malapena a stare in piedi o addirittura si addormentavano per strada al freddo. “Questo era un compito della polizia o di un cocchiere appositamente assunto”, scrive la rivista “Diletant”.

L'ispettore di polizia Georgij Bottsa (a destra) parla con Leonid Boiangiu in un centro di disintossicazione medica a Kishinev. 31 dicembre 1987, Repubblica Socialista Sovietica Moldava, URSS

Nel “ricovero” i nuovi ospiti venivano nutriti, fatti dormire a sufficienza, e al mattino potevano tornare a casa. Agli ubriaconi veniva fatta bere salamoia, a volte davano loro dei sali di ammonio, meno spesso venivano fatte loro “iniezioni sottocutanee di stricnina e arsenico” (ovviamente in piccole dosi!). L’unico divertimento era un grammofono. Non solo gli uomini, ma anche le donne potevano finire in questi ricoveri. A volte le persone ubriache venivano rinchiuse nei centri di disintossicazione con i loro bambini. C’era per questo uno speciale reparto infantile, dove il bimbo poteva attendere la “guarigione” del genitore.

Durante il primo anno di attività di questa istituzione, le morti per strada a causa dell’alcol, a Tula, diminuirono di 1,7 volte. Nel 1909, 3.029 persone furono curate nel ricovero, 87 nel suo ambulatorio. La percentuale di piena guarigione fu del 60,72%”.

Nel 1910, centri simili iniziarono ad aprire in tutto il Paese, ma restarono attivi solo fino alla Rivoluzione del 1917.

Bagni freddi e grane al lavoro

Un gran numero di queste istituzioni iniziò di nuovo ad aprire in tutto il Paese nel 1931. Anche adesso erano gli agenti di polizia a raccogliere persone ubriache lungo la strada, ma ora con molte meno cerimonie.

“Riusciamo a malapena a trascinare il paziente, lui oppone resistenza, impreca, vuole fare a cazzotti. Gli agenti di turno e il paramedico, persone esperte, gli freddano rapidamente i bollenti spiriti: lo buttano a terra, gli mettono un asciugamano imbevuto di sali d’ammonio sulla faccia [si tratta in particolare del “nashatyrnyj spirt”; NH3·H2О]. Grida selvaggiamente, ma è già mezzo addomesticato. Viene consegnato a due donne robuste. Lo mettono su un divano e lo spogliano, completamente nudo, in meno di un minuto. Quindi lo trascinano in un bagno freddo, lo lavano con sapone e una spugna di tela, lo asciugano e, ormai remissivo, lo conducono in camera da letto. Un uomo nudo è sempre più pacifico di un uomo vestito, mentre altrettanto non si può dire delle donne”. Queste parole sono tratte dal libro di un medico di un policlinico sovietico, Aleksandr Dreitser, intitolato “Zapiski vracha Skoroj pomoshchi”, ossia “Memorie di un medico di pronto soccorso”.

Successivamente, il “paziente” veniva esaminato da un medico, che controllava che non avesse lesioni, e mandato a dormire in un letto. Tutti gli oggetti di valore e il denaro che aveva addosso venivano inventariati e messi in una busta speciale, e al mattino gli venivano restituiti. Il pernottare in un vytrezvitel non era gratuito: da 25 a 40 rubli (lo stipendio medio nel 1940 era di 200-300 rubli) venivano addebitati a un ubriacone, “a seconda del grado della sua violenza”, scrisse Dreitser. Il paziente riceveva una ricevuta con su scritto “per cure mediche”.

I problemi dell’ubriacone non finivano qui: le forze dell’ordine segnalavano al luogo di lavoro del “paziente” la permanenza nel centro di disintossicazione, e di conseguenza lo sfortunato lavoratore poteva essere privato dei bonus o licenziato. Anche gli studenti finiti in un vytrezvitel potevano essere espulsi dall’istituto che frequentavano. Molti di coloro che inciampavano in qualche bicchiere di troppo non volevano conseguenze così gravi, quindi offrivano tangenti ai poliziotti, in modo che “si dimenticassero” di mandare la comunicazione.

Se un cittadino veniva portato in vytrezvitel tre volte nel corso di un anno, era poi inviato a un dispensario narcologico per esami e perché fosse curato per alcolismo. In quel caso, era anche obbligato a partecipare ai colloqui con i dipendenti dei centri di disintossicazione e i narcologi, e ogni ospedale aveva reparti speciali per la prevenzione dell’ubriachezza.

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Donne incinte, minori, disabili, ufficiali militari e di polizia, così come gli Eroi dell’Unione Sovietica e gli Eroi del lavoro socialista non venivano portati nei vytrezvitel; ma al loro luogo di servizio, all’ospedale o a casa.

Tutte queste misure, tuttavia, non aiutarono più di tanto: secondo le memorie dell’assistente per gli Affari internazionali di Mikhail Gorbachev, Anatolij Chernjaev, negli anni Ottanta, rispetto al 1950, il consumo di alcol era quadruplicato, e due terzi dei crimini erano commessi in stato di ubriachezza. Chernjaev individuava la ragione di ciò nella crescita della produzione delle bevande alcoliche.

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Dal 30 maggio 1985, per ordine del Ministero degli affari interni dell’Urss, tutte le persone ubriache il cui aspetto “offendeva la dignità umana e la moralità pubblica” vennero portati nei vytrezvitel. Venivano raccolti principalmente per le strade, nelle piazze, nei parchi, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti e in altri luoghi pubblici. I minori venivano portati via solo in casi eccezionali, se l’identità e il luogo di residenza non erano stati stabiliti. Era vietato portare nei vytrezvitel diplomatici stranieri. Come si legge nelle disposizioni dell’epoca: “Se uno di loro viene trovato ubriaco, il capopattuglia deve riferirlo alla persona di turno presso l’organo distrettuale e poi agire secondo le sue istruzioni”.

Con il crollo dell’Urss, il numero di questi centri iniziò a diminuire gradualmente, e nel 2010 il presidente Dmitrij Medvedev abrogò il decreto del 1985 e dal 2011 tutti i vytrezvitel vennero chiusi.

Il destino degli alcolisti moderni e i vytrezvitel 2.0

Con la chiusura dei vytrezvitel, le persone in stato di grave intossicazione alcolica o coma alcolico hanno iniziato a essere portate nei normali ospedali. Se lo desiderano, i parenti di una persona in stato di intossicazione alcolica possono chiamare a domicilio medici di cliniche private. Questi somministrano medicinali e spesso mettono una flebo. Un tale servizio parte da 1.500 rubli (15,50 euro), ma nelle cliniche più di lusso può costare anche molto caro.

Maksim (nome cambiato su sua richiesta), che lavora come corriere, ha richiesto cure private a casa per la sua ragazza, Elena, nel settembre 2020. A quanto racconta, loro due e un’amica di lei girarono diversi bar durante la notte, bevendo molto, e in uno di questi Elena conobbe un uomo e, completamente ubriaca, lasciò il suo ragazzo e seguì lo sconosciuto a casa sua.

Un paziente del centro di disintossicazione medica del dipartimento degli Affari Interni di Khimki della regione di Mosca

“È scomparsa per un giorno intero. La sera dopo una ragazza me l’ha portata a casa e mi ha detto che là non solo aveva proseguito a bere, ma si era anche drogata pesantemente. Le sue labbra erano tutte blu, non reagiva a nessuno stimolo. Beh, ho chiamato per le cure a casa. Sono venuti due medici, le hanno fatto un elettrocardiogramma e messo una flebo. Insistevano che la mandassi a ricoverarsi alla loro clinica privata e hanno chiesto 140 mila rubli (1.535 euro). Io non avevo tutti quei soldi, così mi hanno preso 15 mila rubli (164 euro) per le cure a domicilio e se ne sono andati”, ricorda Maksim.

Racconta che Elena si è svegliata poche ore dopo, che non ricordava nulla e che è andata a lavorare, il giorno dopo, come se nulla fosse successo.

Un paziente del centro di disintossicazione medica del dipartimento degli Affari Interni di Khimki della regione di Mosca

In alcune città della Russia, ad esempio Cheljabinsk, San Pietroburgo e Nizhnij Novgorod, le autorità locali hanno iniziato di propria iniziativa a riaprire dei vytrezvitel. I soldi sono stati stanziati dal bilancio regionale. Lì vengono portate solo persone con intossicazione moderata: sono visitate dai medici e, se non è necessaria un’assistenza ospedaliera urgente, vengono lasciate a riprendersi dalla sbornia in uno dei letti.

Il 1 ° gennaio 2021 è entrata in vigore la legge sul ritorno dei vytrezvitel. Gli agenti di polizia porteranno in questi centri tutti i cittadini che si trovano in luoghi pubblici in stato di intossicazione da alcol, droghe e sostanze tossiche, che non possono camminare e orientarsi. Verranno portati lì anche i cittadini ubriachi trovati in case e appartamenti privati, ma solo se le persone conviventi fanno richiesta scritta o se la polizia ritiene che un alcolizzato o un tossicodipendente possa nuocere alla vita e alla salute altrui o danneggiare la proprietà.


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