“Questo alambicco è stato creato senza particolari spese e, amici, tra le altre cose, porta entrate costanti tutto l’anno”. Inizia con questa canzoncina (in rima in russo) il cortometraggio sovietico del 1961 del celebre regista Leonid Gajdai (1923-1993), intitolato “Samogonshchiki” (traducibile come “Distillatori [clandestini] di alcol”. Per il resto è un divertente film muto, di 18 minuti, che potete godervi integralmente cliccando qui.
In Urss, distillare alcol in casa era reato, ma molti lo facevano lo stesso, soprattutto nelle campagne. Ma perché i russi continuano ancora oggi?
In Russia non esistono oggi dati precisi sul consumo di “samogon” (letteralmente “auto-distillato”): non viene venduto nei negozi e molto raramente è presente nella carta di qualche bar più fighetto. “Una volta abbiamo trovato un distillato artigianale in un craft bar”, afferma il moscovita Maxim. “E un collega una volta ha portato al lavoro del samogon di mele e pere”. A spaventare è soprattutto il rischio di avvelenamento, se la distillazione non è stata fatta a regola d’arte.
“Circa dieci anni fa andai ospite da amici, e il padrone di casa aveva dei conoscenti in campagna che ne avevano fatto un po’”, ricorda Daria, anche lei di Mosca. “Aveva un sapore semplicemente orribile. E ho preso una sbornia pazzesca. Ho un buco nella memoria di alcune ore. I postumi se ne sono andati solo tre giorni dopo.”
Dopo quell’incidente, Daria ha smesso di bere del tutto, anche se non esclude la possibilità che si sia trattato semplicemente di alcol di bassa qualità. Julija, di Nizhnij Novgorod, crede invece che il samogon sia solo questione di gusti. Non le piace questo tipo di alcol, ma tutti nella sua famiglia lo producono. Alla domanda sul perché, risponde: “È un hobby… E poi le persone lo fanno quasi ovunque nel mondo”.
In effetti è così. In buona parte dei Paesi di lingua inglese lo chiamano “moonshine”, in Irlanda “poitín”, in Ungheria “palinka” e in Germania “schwarzgebranntes”, per citarne solo alcuni.
Sotto Caterina II, fare il samogon era perfettamente legale in Russia, ma l’alambicco era piuttosto costoso, quindi solo i nobili potevano permetterselo. Il resto della popolazione aveva bisogno di una licenza di vendita. A quei tempi gli abitanti dei villaggi bevevano bevande fatte in casa non distillate, a basso contenuto alcolico, come idromele e birra. Nel corso del tempo, iniziarono ad apparire locande dove si poteva bere alcol fatto in casa, e i contadini impararono a costruire i loro alambicchi per il samogon e a produrre alcol ad alta gradazione a casa.
Fino all’inizio del XX secolo, lo Stato cercò di regolare solo la vendita del samogon, introducendo accise e un monopolio sul commercio, prestando al contempo scarsa attenzione a chi distillava per uso personale. Solo quando l’alcolismo divenne un problema grave vennero prese misure per vietare il samogon. Anche se alcuni storici ritengono che il vero motivo sia da ricercare nel voler limitare le perdite di entrate fiscali derivanti dalla vendita dell’alcool illegale.
Il primo “sukhoj zakòn” (letteralmente: “legge secca”; così sono chiamati i provvedimenti proibizionisti dell’alcol in Russia) fu introdotto dallo zar Nicola II durante la Prima guerra mondiale: fu decretato che l’alcol poteva essere acquistato solo nei ristoranti. Nei villaggi, tuttavia, il divieto fece fiorire il samogon. E in luoghi remoti oltre gli Urali, interi villaggi distillavano, senza curarsi troppo delle nuove regole. Inoltre, l’alcol illecito prodotto nei villaggi divenne un’attività molto redditizia per i contrabbandieri.
Arrivati al potere nel 1917, i bolscevichi prorogarono il divieto zarista. La punizione per chi faceva samogon era severa: diversi anni di lavoro nei lager e la confisca di ogni proprietà. Squadre speciali furono inviate per porre fine alle distillazioni illegali in tutto il Paese. Gli anni sovietici videro diverse campagne contro l’alcool di vari gradi di severità, durante le quali la vodka fu o totalmente vietata o parzialmente limitata. Ma in tutti i casi, gli sforzi per sconfiggere il samogon fallirono; assurse anzi a simbolo di una specie di protesta anti-regime.
Più o meno i russi iniziarono a mettere nel dimenticatoio il samogon negli anni Sessanta e Settanta, quando apparvero in vendita molte bevande forti economiche come il vermouth e il porto. Ma all’inizio degli anni Ottanta, il consumo di alcol salì vertiginosamente: un uomo su tre dell’enorme Unione Sovietica era un bevitore incallito e così nel 1985 venne introdotta l’ultima delle leggi proibizioniste sovietiche. L’alcol divenne una rarità, e così il samogon visse una nuova fioritura. “Ero piccola, ma ricordo che mia nonna distillava il samogon a casa, ma lo faceva in gran segreto perché aveva paura che i vicini facessero una spiata”, racconta Julija”. E per nascondere l’odore, bruciava delle croste di pane.”
Dopo il crollo dell’Urss, quando il mercato fu sommerso di alcol contraffatto da due soldi, molte persone iniziarono a comprare il samogon dagli amici che vivevano in campagna, semplicemente per evitare di essere avvelenati dal pessimo alcol che si trovava nei negozi. Al giorno d’oggi, fare il samogon in Russia è assolutamente legale, ma solo per il consumo personale, non per la vendita. E in commercio sono apparsi alambicchi per il samogon di ogni tipo. Per quanto riguarda Julija, è sua mamma ad aver proseguito l’attività di famiglia. “Lei e metà dei suoi amici si divertono a fare il samogon.”
Per cominciare, bisogna preparare quella che in russo è chiamata “braga”, ossia l’ammostamento (un mix composto di solito da zucchero, acqua e lievito), che viene lasciato fermentare per 1-2 settimane, e quindi trasferito nell’alambicco per estrarre l’alcol. Il samogon ha due parti che non sono adatte al consumo, note come “testa” e “coda”: la prima e l’ultima parte del prodotto. Contengono alcool metilico e fuselolo, cioè veleno puro (anche se pure queste sostanze tossiche hanno i loro fanatici). Solo il “corpo” del samogon si può bere. La gradazione è di solito intorno al 40-50%. I distillatori raccomandano non solo di tagliare la “testa” e la “coda”, ma anche di distillare due volte.
“Il buon samogon ha un buon profumo, non è necessario buttarlo giù tutto d’un fiato”, afferma Maxim. “Ho bevuto il samogon molte volte, sia buono che cattivo.”
In generale, il samogon è ottenuto da qualsiasi alimento che contenga zucchero o amido. Può essere orzo, miglio, grano, patate, frutta o barbabietole. “In epoca sovietica era fatto con marmellata vecchia o vecchio kompot, con aggiunta di lievito e zucchero. Venivano lasciati a fermentare per un paio di settimane e producevano un odore davvero forte ”, ricorda Julija.
“Il miglior samogon è generalmente ottenuto dallo zucchero, perché non ha nessun sapore estraneo e può essere usato poi per infusi vari”.
Secondo i nostri intervistati, il samogon puro ha un odore e un sapore molto particolare, quindi dopo il processo di distillazione a molti piace metterci infusione varie erbe e frutti. Le spezie più popolari in Russia sono: una miscela di zafferano e rosmarino (per un profumo extra, senza cambiare il gusto), cardamomo e noce moscata (per un gusto speziato) e scorza di limone con foglie di alloro (per un sapore di agrumi). Colori interessanti si ottengono mettendo in infusione il dragoncello (verde) e il crespino (bordeaux).
La madre di Julija ha poi alcune ricette molto eleganti: “Nel samogon dovrebbe essere messa in infusione frutta secca, limone e orzo perlato arrostito tre volte”.
I distillatori casalinghi dicono che per loro il processo è solo un hobby, non un business. “Lei adora il processo di distillazione di per sé. In qualche modo è simile all’alchimia “, dice Julija riguardo a sua madre.
Bevuto troppo? Fatevela passare guardando questi manifesti anti alcol russi e sovietici!
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