In Russia aumenta il numero degli atei: sono raddoppiati in quattro anni

La chiesa ortodossa russa dell'Arcangelo Michele a Mosca

La chiesa ortodossa russa dell'Arcangelo Michele a Mosca

AFP
Con il crollo dell’Urss sembrava che fosse in corso una completa rinascita dell’Ortodossia e una irrefrenabile rivincita della religiosità, e dagli anni Novanta in poi edifici sacri sono sorti come funghi in ogni angolo del Paese. Ma ecco che ora i giovani e giovanissimi russi si dicono sempre più orgogliosamente “non credenti”. Abbiamo cercato di capire il perché

“Da bambino portavo una croce al collo. L’ho persa cinque volte, e a un certo punto ho deciso che o Dio mi rifiutava, oppure non esisteva. Da adolescente, sono giunto alla conclusione che la fede era solo qualcosa di illogico e che non avevo bisogno di credere in nessuno, e ho deciso di rinunciare alla fede in Dio”. Ecco come Daniil Istomin, uno studente universitario di 18 anni di Mosca, che studia per diventare insegnante di scuola elementare, parla del suo percorso verso l’ateismo.

I genitori di Daniel credevano in Dio e andavano in chiesa quasi ogni giorno, per pregare e accendere candele, e suo padre oggi rifiuta di ascoltare l’opinione di suo figlio. Secondo Istomin, ora il tema è tabù in famiglia, “perché papà è molto arrabbiato con me; lui crede troppo”.

“I miei genitori sono convinti che Gesù Cristo porti felicità e, per questo motivo, ritengono che a loro le cose vadano bene. Fortunatamente, non mi costringono più ad andare in chiesa con loro, dopotutto, sono già un ragazzo maggiorenne”, dice Daniel.

Dalla protesta alla scelta consapevole

Negli ultimi quattro anni, dal 2017 al 2021, il numero di atei in Russia è raddoppiato, passando dal 7 al 14%, secondo uno studio del Centro di ricerca sull’opinione pubblica russa (VTsIOM).

“I miei genitori mi hanno battezzato quando avevo tre anni, nessuno me lo ha chiesto, e a quell’età non ero certo consapevole di quello che stava succedendo. Come posso per questo dovermi definire ortodossa?”, chiede Tatjana Melnikova, che si è da poco diplomata.

Un signore con la mascherina contro il Covid passa davanti a una cattedrale ortodossa in Piazza Rossa a Mosca, 2 ottobre 2020

Sono i giovani dai 18 ai 24 anni quelli che si considerano in maggior misura (22%) atei (nello studio del VTsIOM viene usata la definizione di неверующий, “neverujuschij”, ossia “non credente”). Tatjana è una di loro. La sua visione del mondo è stata principalmente influenzata dalla fede dei suoi genitori e dall’accesso precoce ai social network: all’età di 10 anni si è resa conto di non credere in Dio.

“Non ricordo cosa ho letto o visto, ma nessuno mi ha spinto a questa scelta o ha fatto opera di convincimento. Ancora oggi abbiamo feroci discussioni sulla fede con i miei genitori, alla fine delle quali ognuno resta della sua idea”, racconta.

Nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni si sono detti non credenti il 18% degli intervistati.

“All’età di 14 anni, per curiosità, ho letto l’intera Bibbia, e ci sono troppe incongruenze. Ho letto anche le risposte alle domande sui siti web delle chiese e del patriarcato, ma non resistono alle critiche; tutti i loro dogmi sono troppo obsoleti”, dice l’avvocato trentaduenne Artjom Belotigrov, parlando del suo percorso verso l’ateismo.

Dopo la scuola, Artjom si interessò alla scienza e smise completamente di credere in Dio. È vero, di tanto in tanto entra ancora nelle chiese, ma le percepisce come interessanti oggetti architettonici.

Il trentaquattrenne Boris Serbjanin, operaio non specializzato, si è interessato all’ateismo fin dagli anni della scuola e spesso poneva alla madre, credente, domande sulla religione.

“I miei genitori erano felici che ampliassi i miei orizzonti, ma quando ho iniziato a mettere in discussione i dogmi del cristianesimo, domandando loro cose come ‘Ma perché Dio permette la guerra e la carestia, e che le persone innocenti soffrano?’, hanno iniziato a prenderla male. Io intanto dubitavo sempre più del soprannaturale”.

Un uomo cammina vicino alla recinzione che circonda un cantiere nei pressi della moschea Sobornaja, Mosca, 7 agosto 2019

All’università, Boris iniziò a studiare filosofia, astronomia, fisica e chimica, convincendosi quasi del tutto che non ci fosse alcun Dio. Nel 2011, sua madre è morta e dopo poco è morta anche sua nonna e allora lui ha iniziato a frequentare le chiese ortodosse, ad andare a messa, a celebrare le feste comandate e a pregare, ma lui stesso considera oggi quel periodo di devozione solo una reazione al dolore.

“Ti accorgi che non importa quanto preghi. Non importa quante candele accendi; non puoi essere salvato dal cancro. Allontanandomi dal dolore, ho iniziato a leggere libri sull’ipnosi collettiva, lo sciamanesimo… e mi sono reso conto che Dio, il Diavolo, le maledizioni, i goblin, le anime e i fantasmi non sono altro che folclore”, conclude.

Le cupole della Cattedrale di San Giorgio a Odintsovo, non lontano da Mosca, 17 giugno 2019

Anche gli atei dai 35 anni ai 44 anni (11%) spiegano la loro visione del mondo principalmente come una scelta libera. Ma man mano che si sale nelle fasce d’età (tra i 45 e i 59 anni si dice non credente l’11% del campione, dai 60 anni in su il 15%) aumenta il numero di chi afferma di essere stato influenzato i campo religioso dalla vita in epoca sovietica, quando l’ateismo scientifico veniva ufficialmente propagato dallo Stato.

“Ero ateo anche ai tempi dell’Urss, poi negli anni Novanta, ovviamente, tutti sono diventati di punto in bianco credenti. Io ho iniziato a studiare la storia e la geografia delle religioni da un punto di vista scientifico. Mi è parso ovvio che ci siano solo due visioni del mondo veramente opposte: quella scientifica e quella religiosa. I miei genitori sono cattolici, e vorrebbero che fossi un credente, anche se loro stessi non vanno in chiesa da anni”, dice Aleksandr Ovsjannikov, insegnante di corsi online di lingue straniere, geografia e biologia.

Un’altra atea, Ljubov Fomina, ha spiegato la mancanza di fede in Dio come segue: “Sono nata nel 1977, sono una persona sovietica, tutto qui.”

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Dall’ateismo a Dio

Nel corso dei quattro anni presi in esame, dal 2017 al 2021, il numero di chi si dichiara russo ortodosso è diminuito del 9%. Tuttavia, c’è chi va controcorrente e ha iniziato a credere in Dio.

“Avevo appena dato alla luce un bambino, quando mio marito è stato licenziato dal lavoro. Non capivamo come vivere e come dare a nostro figlio tutto il necessario per una vita normale. A un certo punto, mia suocera ha insistito perché andassi in una chiesa a San Pietroburgo per pregare i santi. Quando ho varcato la soglia della chiesa, mi è sembrato di aver perso la mia voce interiore. Non riuscivo a pensare a niente, nemmeno sforzandomi, e le lacrime mi sgorgavano copiose dagli occhi”, ha detto la casalinga trentottenne Julia Lareva.

Museo della Grande Guerra Patriottica sulla collina Poklonnaja a Mosca, 30 ottobre 2020

Secondo lei, fu dopo quelle preghiere in chiesa che suo marito ottenne presto un buon lavoro con uno stipendio molto dignitoso. Quindi Julia iniziò a studiare la Bibbia e a non perdersi più una messa.

“E non abbiamo dubbi che sia stato l’aiuto del santo. Ora io e mio marito stiamo aspettando un nuovo figlio. Siamo felici di tutto e ringraziamo il Signore per tutto!”, si rallegra la donna.

Da bambino, l’oggi trentacinquenne Sergej Rogozhkin non fu educato alla fede in Dio, ma si convinse della sua esistenza durante gli anni della scuola, quando le teorie sull’origine dell’universo e della creazione del mondo da parte di Dio gli sembravano le più logiche.

“Il massimalismo giovanile e l’ingiustizia della realtà vanno a favore della religiosità”, dice Rogozhkin. “Ho persino costretto mia madre a imparare il Padre Nostro e il Credo, ma non ho convinto mio padre: è un ateo sovietico, con una robusta formazione antireligiosa”.

La cinquantenne Anzhelika Praslova di Velikij Novgorod non ha iniziato a credere in Dio all’improvviso, la prima volta che è andata in chiesa negli anni Novanta, quando voleva rimanere incinta.

“Il figlio mi è nato, ma sette anni dopo. Ho deciso di andare in chiesa regolarmente solo dopo la morte di mio marito, e non per il dolore, ma per ringraziare di essere stata liberata da un matrimonio infelice. Fino a oggi, il Signore mi sostiene, sopporta, mi ammonisce, mi rivela nuovi sentimenti. Questo è un nuovo periodo di crescita molto interessante”, afferma Praslova.

Secondo lei, gli atei non esistono affatto. “Non sono atei, ma semplicemente sciocchi”, dice.

Tecnologia e corruzione morale

“L’aumento del numero di atei in Russia è principalmente promosso dallo sviluppo della scienza e della tecnologia”, ritiene Denis Batarchuk, studioso della religione.

“Secondo le statistiche, maggiore è il numero delle istituzioni educative nel Paese o anche in una città, minore è la percentuale di partecipazione alle funzioni religiose. Penso che il punto sia che la scienza funziona, mentre la religione promette soltanto. La scienza dà semplicemente risposte più specifiche alle domande e piace ai giovani”, ha affermato Batarchuk in un’intervista al canale TV 360.

Un momento di preghiera nella chiesa di San Pietro e Paolo a Kazan

Il vicepresidente dell’unica società di non credenti ufficialmente registrata in Russia, che si chiama “Ateisty Rossii” (“Atei della Russia”), Rushan Taktarov, sostiene che la Chiesa Ortodossa Russa sta imponendo troppo la sua religione ai cittadini comuni, il che causa, per reazione, un effetto rifiuto in diverse persone.

“Si stanno costruendo troppe chiese, e la Chiesa Ortodossa Russa cerca di influenzare la natura laica dello Stato, ad esempio, insistendo per vietare gli aborti. Ma non dobbiamo dimenticare che viviamo nell’era dell’informazione e ogni informazione è disponibile per le persone, e il risultato si vede”, sostiene Taktarov.

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Un altro studioso di religione, Vjacheslav Terekhov, ritiene che l’aumento del numero di atei non sia ancora così importante, e non sia un indicatore del crollo dell’istituzione della Chiesa ortodossa.

“È una caratteristica dei giovani di tutte le generazioni cercare una loro visione del mondo. Ma tendono a cambiare idea più spesso delle persone anziane. […] Forse tra dieci anni alcuni giovani atei la penseranno diversamente”, è sicuro Terekhov.

Allo stesso tempo, a suo avviso, la moderna Chiesa Ortodossa Russa ha davvero un’immagine negativa, e molti russi non vogliono essere associati a questa immagine.

“I media spesso mostrano la Chiesa solo in un contesto negativo. È anche possibile che la Chiesa stessa sia sotto la pressione delle autorità, che vogliono fare dell’ortodossia una parte dell’ideologia dello Stato. I russi con idee politiche di opposizione lo vedono, e non vogliono avere niente a che fare con la Chiesa”, ha detto Terekhov.

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Credenti ortodossi russi alla processione della Domenica delle Palme fuori dalla Cattedrale di Sant'Isacco a San Pietroburgo, 21 aprile 2019

Il sacerdote Nikolaj Babkin ammette la crescita del numero di non credenti, ma, secondo lui, questa è solo una tendenza di moda, che può essere contrastata, mostrando la vita della Chiesa dall’interno.

“Dobbiamo istruire e informare le persone su ciò che sta facendo la Chiesa Ortodossa Russa. È difficile, ma è necessario cambiare il pensiero stereotipato che la chiesa sia un posto dove si prega soltanto, ci si veste in modo strano, ci sono cupole dorate, e canti incomprensibili in un linguaggio complesso. Tali idee si formano sulla base dei film, in particolare dei film occidentali!”, accusa il sacerdote.

Russia Beyond ha inviato alla Chiesa Ortodossa Russa una richiesta di commento sul tema affrontato in questo articolo, ma al momento della pubblicazione non è arrivata alcuna risposta.

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