Black Lives Matter: le ragioni storiche che spingono i russi a non inginocchiarsi

AP
In tutto il mondo, per esprimere solidarietà al movimento di protesta anti discriminazione nato negli Usa, si è diffusa la pratica di inginocchiarsi, come fece per primo il giocatore di football americano Colin Kaepernick nel 2016. Ma in Russia si tratta di una posizione considerata umiliante e vigliacca, ed è profondamente offensiva per chi la assume. Ecco i motivi storici di questa differenza di percezione

Il 5 luglio scorso, il Gran Premio di F1 d’Austria è iniziato con una dimostrazione contro il razzismo e la discriminazione, a sostegno del movimento Black Lives Matter. La maggior parte dei piloti si è inginocchiata in solidarietà con la causa, ma sei si sono astenuti dal gesto, pur indossando la maglietta “end racism”.

Tra quelli che si sono rifiutati di inginocchiarsi, insieme al ferrarista monegasco Charles Leclerc, c’era anche l’unico pilota russo di F1, Daniil Kvjat (che corre per la scuderia faentina AlphaTauri, la ex Toro Rosso). In giro per il mondo, il rifiuto di inginocchiarsi ha generato critiche online, con alcuni fan che hanno accusato i piloti rimasti in piedi di aver compiuto un pessimo gesto:

Tuttavia, i tifosi russi di Kvjat hanno accolto con favore la sua decisione di rimanere in piedi.

Ma cosa vedono i russi di sbagliato nel gesto ormai celebre che il giocatore di football americano Colin Kaepernick ha lanciato nel 2016, rimanendo in ginocchio al suono dell’inno americano, come forma di protesta contro le ingiustizie e oppressioni subite dalla minoranza nera negli Stati Uniti?

“Non abbiamo fatto niente di male”

Il primo pilota russo nella storia della F1, Vitalij Petrov, è stato uno dei primi a difendere il suo collega:

“Credo che ogni persona abbia il diritto di esprimere le proprie opinioni. E ogni persona può farlo a modo suo. Ognuno ha la propria opinione sull’opportunità o meno di mettersi in ginocchio. È accettabile chiedere di inginocchiarsi, ma non è accettabile criticare qualcuno che non accetta di farlo”, ha detto Petrov.

Il parlamentare russo ed ex pugile professionista dei pesi massimi Nikolaj Valuev ha respinto il gesto di inginocchiarsi come inadeguato. “Ci possiamo inginocchiare davanti alla bandiera del Paese, della Patria, forse davanti ai nostri genitori. Non capisco questo gesto come applicato contro al razzismo. Non mi considero un razzista, ma perché dovrei inginocchiarmi? Non lo capisco affatto”, ha detto il politico.

Anche il grande pubblico e i fan russi della F1 hanno espresso il loro sostegno a Kvjat.

“Daniil, tutte le persone per bene in Russia sono con te”, ha scritto un utente.

“I russi non si inginocchiano”, ha scritto un altro.

“Inginocchiarsi una volta non vuol dire rispettare gli afroamericani per tutta la vita. Dimostratelo con le azioni e non con i gesti”, ha scritto un altro appassionato di corse motoristiche.

“Bene hai fatto a non inginocchiarti. Se te ne chiederanno conto, rispondi che i russi non hanno mai orchestrato né il genocidio né lo sfruttamento di altri popoli. Non abbiamo fatto nulla di male per doverci inginocchiare ora”, ha scritto un altro utente di Internet.

In ginocchio di fronte ai khan

Americani e russi interpretano il gesto di inginocchiarsi in modo completamente diverso.

Mentre negli Stati Uniti, inginocchiarsi rappresenta attualmente una protesta contro la discriminazione razziale, per la maggior parte dei russi questo significato non esiste.

I russi generalmente interpretano l’inginocchiarsi come segno di sottomissione. Le radici storiche di questa posizione potrebbero risalire al XIII e al XIV secolo, quando la terra russa fu dominata dall’Impero mongolo e dall’Orda d’oro.

Quando il sovrano mongolo e fondatore dell’Orda d’oro Batu Khan invase la Rus’ di Kiev nel 1237-1242, i principi russi vennero sottomessi alla volontà politica del Khan.

Divenne quindi consuetudine che i principi russi si recassero in visita dal Gran Khan, di cui erano di fatto dei vassalli. E al suo cospetto, i principi russi erano costretti a inginocchiarsi. Si trattava di qualcosa di simile alla tradizione medievale della cerimonia in cui un vassallo prometteva fedeltà, riverenza e sottomissione al suo signore feudale.

Quando l’8 ottobre 1480 ci il “Grande fronteggiamento sul fiume Ugra” tra le forze di Ivan III di Mosca e le forze di Akhmat Khan, la battaglia che pose fine al dominio tataro-mongolo su Mosca, la pratica dell’inchino cessò.

Molto più tardi, quando la nobiltà russa emerse come classe, inginocchiarsi davanti a qualcuno fu considerata un’esperienza umiliante: avrebbe potuto danneggiare la reputazione di un nobile e mettere in discussione la sua origine aristocratica.

Ecco come il poeta classico russo Aleksandr Pushkin (1799-1837) descrive l’umiliazione subita da un nobile nel suo romanzo “La figlia del capitano”:

“Mi condussero nuovamente verso l’impostore e mi misero in ginocchio davanti a lui. Pugachev mi tese la sua mano solcata di vene.

‘Baciagli mano, baciagli la mano!’ – dicevano intorno a me.

Ma io avrei preferito il più atroce supplizio a un’umiliazione così vile.”

“Il tribunale di Pugachev” di Sergej Geràsimov, illustrazione per “La figlia del Capitano” di Aleksandr Pushkin

Al contrario dell’inginocchiarsi, c’era in Russia una tradizione chiamata бить челом (“bit’ chelóm”, “battere la fronte”, con il senso di “domandare, chiedere umilmente”); un comportamento che era più accettabile e diffuso nell’antica Rus’. Inizialmente, l’espressione si riferiva a un inchino di fronte a un’autorità superiore (fatto spostando la fronte in avanti), per dimostrare il massimo rispetto. Presto acquisì nuovi significati: “supplicare”, “implorare” o “chiedere umilmente qualcosa”.

In russo, la frase veniva spesso usata per iscritto nella corrispondenza privata come una forma di saluto e dimostrazione di rispetto, ed era considerato un atteggiamento onorevole.

Allo stato attuale, invece, molti russi contemporanei considerano ancora il mettersi in ginocchio un gesto di sottomissione o un patetico appello a un’autorità superiore; un’umiliante richiesta di misericordia. E qui sta la differenza chiave dalla cultura americana nella percezione del gesto.

Rifiutare di inginocchiarsi oggi non significa che i russi sostengano il razzismo. Dopotutto, il pilota di F1 russo Daniil Kvjat indossava come gli altri una maglietta con la scritta a grandi lettere “END RACISM”.


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