Perché troppi russi ancora credono che il coronavirus sia come una normale influenza?

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ALEKSANDRA GUZEVA
Visto il numero al momento relativamente basso di infetti nel Paese, e nonostante le preoccupanti notizie che arrivano dall’Europa, molte persone in Russia restano scettiche sui reali rischi del Covid-19. Le autorità stanno però prendendo misure più restrittive e anche noi di “Russia Beyond” da giorni lavoriamo da casa

Anche la Russia, come molti altri Paesi, sta procedendo in questi giorni a progressive chiusure e a misure di distanziamento sociale, per rispondere alla pandemia di Covid-19. Solo nell’ultimo giorno nel Paese i casi sono saliti da 114 a 147. Dal 17 marzo tutte le scuole e le università sono chiuse. Tutti gli eventi pubblici sono stati cancellati e a molti dipendenti è stato consigliato di lavorare da casa.

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Anche noi stiamo lavorando da casa, ma quando guardo fuori dalla finestra, qui a Mosca vedo la solita primavera. Folle di persone passeggiano, i bambini si divertono nel parco giochi, la gente rientra carica di borse da fare la spesa. E io mi chiedo: questo sarebbe l’autoisolamento? Questa la versione russa dello #iostoacasa?

Niente a che spartire con l’apocalisse

Dopo il primo giorno di lavoro da remoto, esco dal mio condominio con molta attenzione, sentendomi come se fossi in un film di spionaggio. Cerco di non incontrare nessuno dei vicini, o di stargli almeno a un metro di distanza; cerco di non toccare nulla, e controllo se l’ascensore è vuoto prima di entrare.

All’esterno, mi aspetto di vedere qualcosa di simile a un paesaggio post-apocalittico, qualcuno in maschera antigas, che ne so, o quantomeno qualcosa di diverso dal solito. Invece non c’è niente del genere. È proprio come una serata normale.

Superando la mia paura e la sensazione di pericolo che provo, entro al supermercato. Dentro è affollatissimo e nessuno indossa la mascherina. Riempio il carrello, scegliendo le cose che ho dimenticato in preparazione all’autoisolamento (e no, non è il grano saraceno! Solo alcuni barattoli di fagioli e del pesce in scatola).

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“È solo un’influenza”

Quindi penso se sia il caso o meno di andarmi a fare la manicure. Avevo prenotato la settimana scorsa e vorrei liberarmi delle mie unghie lunghe in gel (dato che suppongo che non siano la cosa migliore dal punto di vista igienico, ora che l’Oms ci dice che bisogna lavarsi accuratamente le mani). Ma superando di nuovo la mia paura, entro nel salone di bellezza del quartiere. Vedo diverse ragazze sedute a distanza di sicurezza e tutto il personale indossa la mascherina. Mi invitano a prendere il posto più lontano in fondo alla fila, e mi sento un po’ più rilassata.

“Vorrei tagliarle”, dico, mostrando le unghie.

“No! E perché?”, esclama la signora con voce sofferente.

“Per il coronavirus!”, dico tra il serio e il faceto.

“Ah, la situazione è ridicola. Sembra che le persone non siano mai state a scuola. Non c’è alcun coronavirus! Siamo solo costretti a tutto questo stupido panico per qualche oscura ragione”, dice lei, complottista.

“Beh, i pazienti finiscono spesso in terapia intensiva, intubati con macchine speciali per la ventilazione polmonare, e peraltro ce ne sono poche…”, apro la bocca per iniziare una piccola discussione, perché nelle ultime settimane, occupandomi del Covid-19 in Russia ho letto molto sul virus e discusso con colleghi giornalisti di tutto il mondo.

“Ma no”, mi tappa la bocca la donna della manicure, “tutte stronzate. Il virus è poco più di un’influenza!”. Sembra irremovibile, quindi mi arrendo.

“Mi sento male, ma vado a lavorare lo stesso”

Con un misto di sorriso ed esitazione scrivo a una mia amica della conversazione avuta nel salone di manicure, e le domando se anche lei lavora da casa. “Sono a casa, ma perché mi sento male”, risponde.

Dice di aver preso un brutto raffreddore, ma di non avere intenzione di chiamare il dottore. “Ho il naso che cola e non ho la febbre: ho cercato su internet, e non sono i sintomi del Covid-19. Devo avere solo un po’ di Sars!”, scherza macabramente, riferendosi all’epidemia del 2003. E annuncia trionfante che domani tornerà a lavorare.

Cerco di darle una lezione sull’importanza dell’isolamento personale e che potrebbe avere una forma lieve di coronavirus, quasi asintomatica, ma comunque infettare gli altri, compresi i nonni o i nonni dei suoi colleghi. E che serve responsabilità in questo momento.

Dice che va bene, che non vedrà i suoi nonni per un po’ di tempo… ma che deve continuare a lavorare, perché il suo capo considera stupidi idioti tutti coloro che stanno prendendo precauzioni contro il coronavirus.

“Non voglio unirmi all’isteria generale”

“Ma ci sono solo 114 infetti [era il numero di casi nelle prime ore del 17 marzo] in Russia, neanche lontanamente vicino a ciò che sta accadendo in Italia! E sai quanto è grande la nostra popolazione? [146,7 milioni di abitanti, ndr]”. Un’altra mia amica mi ha scritto così in chat, quando ho provato a lamentarmi con lei della situazione di cui sopra.

“Sì, ma sono sicura che ci siano molti come lei che non si chiamano neanche il medico e non vengono sottoposti a un test”, non mi do per vinta.

Ma anche questa amica non ascolta le mie ragioni. Si limita a mandarmi meme divertenti con foto di persone che acquistano una montagna di rotoli di carta igienica, e dice che sono idioti. “Che se ne fanno? Voglio dire, puoi sempre effettuare un ordine online o semplicemente lavarti!”.

Le chiedo se lavora da casa. Risponde di no. Sarebbe potuta rimanere a casa, ma preferisce andare in ufficio, perché dice che là c’è l’atmosfera perfetta. “Beh, ho detto ai miei genitori di non uscire troppo, ma lo fanno ancora, e sembra che per ora stiano bene. No, davvero, non voglio unirmi al panico e a questa isteria generalizzata. Sembra che il mondo intero sia impazzito!”, si lamenta.

Resto senza parole.

“Ma dai! È solo paranoia!”

Chiamo i miei parenti per verificare se sono in autoisolamento, come consigliato, o se almeno hanno smesso di visitare spazi pubblici affollati. Mia zia è sorpresa di sapere che lavoro da casa. “Ahaha, ti hanno messo un microchip sotto la pelle e ti controllano a distanza?”. “No, zietta! È responsabilità di ognuno starsene lontano dagli altri e non lasciare che il virus si diffonda!”, grido nella cornetta. “Aha ok. Ma davvero? A me sembra una gran paranoia. Credi davvero che sia una cosa così seria?”

Tutti i miei amici che avevano programmato viaggi in primavera in Europa hanno dovuto affrontare una spiacevole cancellazione del volo. La Russia ha chiuso i confini agli stranieri. Ma poi sento che alcuni colleghi di parenti appena tornati dalla Spagna non ne volevano sapere di starsene a casa in quarantena obbligatoria. Perché sai cosa? Hanno molto lavoro da fare! Tuttavia, sono stati costretti dalle autorità. Poi sento che un’altra conoscenza è partita per il Portogallo, nonostante tutti gli avvertimenti, perché il Paese non aveva ancora chiuso all’arrivo degli stranieri e si è detta “ho diritto alla mia vacanza!”

Su Facebook mi imbatto a ogni piè sospinto in saputelli che prendono in giro “chi è stupidamente in preda al panico” e si dicono sicuri che a loro non succederà un bel nulla. Allo stesso tempo, con mia gioia, negli ultimi giorni vedo più post sul come lavarsi le mani e usare antisettici e prendersi cura dei nonni, ma sono ancora troppo pochi!

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