L’erba del vicino non è più verde: sempre più russi emigrati scelgono di rientrare in patria

Sergej Malgavko/TASS
Sono lontani i tempi in cui tutti volevano lasciare la Russia e avevano il sogno di vivere in Europa o in America. Ora si viaggia per turismo, ma come base stabile si riscopre la qualità della vita in patria, con tanti servizi gratuiti e costi più contenuti

Contrariamente alla sua immagine di luogo da cui tutti vogliono scappare, che è duro a morire nella propaganda occidentale, negli ultimi trent’anni la Russia è tornata a essere la casa di numerosissimi emigranti di ritorno. Alcuni avevano lasciato l’Unione Sovietica e sono tornati dopo la sua scomparsa, altri se ne erano andati dopo la caduta della Cortina di ferro, credendo che l’erba del vicino fosse più verde, ma poi hanno scelto di tornare. E alcuni sono russi “global”, quel tipo di persona, cioè, che ha vissuto un po’ dappertutto, ma non è mai andato via davvero. Cosa li ha riportati tutti a casa?

Stanislav e Ivelina

Stanislav Filin è nato a Mosca, ma ha trascorso gran parte della sua vita all’estero. La sua famiglia è rimasta di base in Russia per gran parte degli anni Novanta, ma Stanislav e sua madre si sono trasferiti a Malta nel 1994, dove lui ha frequentato la scuola fino al 1999, tornando a casa solo per le vacanze. Nel 1999 poi, quando lui aveva 12 anni, l’intera famiglia si trasferì in Canada.

“La differenza tra ciò che ci aspettavamo di trovare, in base a ciò che ci era stato raccontato di questo bellissimo e magico luogo, Montreal, e quello che abbiamo trovato quando ci siamo arrivati, è stata sorprendente. Ricordo che i miei genitori erano scioccati e si chiedevano continuamente: ‘Ma perché siamo qui?’”. E questo, aggiunge, nonostante avessero lasciato Mosca nella sua “ora più buia”, mentre era con le ossa rotte per gli effetti del default del 1988 ed era ancora lontana l’ondata di rinnovamento e modernizzazione degli anni di Putin, che di lì a poco sarebbero iniziati.

“I miei genitori odiavano il Canada, e ce ne andammo il prima possibile, non appena fui abbastanza grande per essere spedito al college negli Stati Uniti”, ricorda Stanislav. Ha trascorso i sette anni più formativi della sua vita negli Usa, diplomandosi e poi laureandosi in Economia alla Saint Joseph’s University di Filadelfia. Ma lui rimase ancora meno impressionato dagli Stati Uniti che dal Canada. “Ricordo North and West Philadelphia, era così brutto là! C’erano macchine in fiamme, siringhe di drogati per terra e prostitute in strada. La maggior parte dei russi non si rende conto che ci sono aree enormi in ogni città degli Stati Uniti dove persino la polizia si rifiuta di andare, perché è troppo pericoloso. In Russia, semplicemente non abbiamo posti del genere!”.

Ritornato in Canada nel 2009, afferma Stanislav, è stato per lo più scoraggiato dall’inefficienza del servizio sanitario: persone in attesa per giorni per essere ricoverati in ospedale, medici incapaci di diagnosticare e curare malattie comuni e ben note. È stato costretto a recarsi in Russia per avere cure mediche di base. “A Mosca, siamo dovuti andare al pronto soccorso con nostro figlio, una volta, ed era in un letto d’ospedale 30 minuti dopo il nostro arrivo, e questo tempo era solo dovuto al fatto che dovevo finire di compilare dei moduli, ma il personale dell’ospedale stava già aspettando. Nessuno in Canada ci crederebbe”, dice.

LEGGI ANCHE: Emigrazione e russofobia: così i russi all’estero hanno rivalutato la propria patria 

Stanislav ha conosciuto Ivelina, originaria della Bulgaria, in Canada nel 2016, e con lei è tornato a Malta, il Paese che, visto che ci ha passato anni importanti dell’infanzia, considera un po’ la sua seconda patria. Ha fatto un master lì. Ed è qui che è nata la loro figlia. “Malta è più sicura del Nord America, ha cibo migliore e persone più simpatiche, ma è cambiata anche lei negli ultimi anni, soprattutto dopo la crisi dei migranti. Certo, ora è tecnicamente più avanzata e moderna, ma è anche un Paese più sporco, con problemi sociali e aree ‘pericolose’”, si lamenta.

Si sono trasferiti definitivamente a Mosca nel 2019 e dicono che non potrebbero essere più felici. Stanislav lavora come direttore dello sviluppo per la Russia per una società internazionale di telecomunicazioni. Dicono che l’aspetto più liberatorio del rientro in Russia, dopo tutto, è che con quello che guadagnano, qui possono avere uno stile di vita migliore e più libertà.

“Tutti quelli che conosco in Occidente fanno sempre fatica a pagare le bollette, tutto quello che guadagnano serve per far fronte alle spese. Se vengono promossi, lo stipendio aumenta, e anche le loro spese aumentano, perché sentono la pressione di doversi trasferire in una zona migliore, di comprare una casa più grande, ecc.”, spiega Stanislav. In Russia, dice, è facile lavorare e avere abbastanza soldi a disposizione, a causa del costo della vita inferiore, dell’assistenza sanitaria gratuita e delle scuole materne fortemente sovvenzionate.

LEGGI ANCHE: Quanto mi manca la Russia! La testimonianza di 13 espatriati 

Ivelina afferma di sentirsi a casa a Mosca: “Le persone, l’ambiente e la cultura mi ricordano la Bulgaria. Ci sono molte cose da fare. Mi piace la gran pulizia. La città è costruita per le famiglie: parchi e aree giochi, e giardini ovunque. L’asilo è fantastico, rispetto a quelli in Canada. I bambini dormono nei letti, non sul pavimento. Non mi manca nulla del Canada, tranne alcune piccole cose materiali e i miei amici rimasti lì. Mi manca un po’ Malta, perché abbiamo iniziato a costruire la nostra famiglia là e ho molti bei ricordi. Ma Mosca ora è la nostra casa”.

Julia e Aleksej

Julia Zhubreva e Aleksej Nazarov hanno superato i trent’anni e si conoscono fin dall’infanzia, passata a Mosca. Le loro madri erano amiche di scuola, ma la famiglia di Aleksej partì per gli Stati Uniti quando lui aveva solo 8 anni e si stabilì in una zona periferica del New Jersey. Tuttavia, i bambini rimasero in contatto e alla fine quell’amicizia infantile portò all’innamoramento e al matrimonio. Nel 2013, Julia si è trasferita negli Stati Uniti per unirsi a suo marito.

“Ho trascorso sei anni e mezzo lì e ho fatto del mio meglio”, ricorda Julia. “Quando ho lasciato la Russia, avevo 27 anni e una carriera di successo, una vita sociale attiva e viaggiavo molto. Il tran tran nella noiosa periferia americana mi ha dato un bel colpo, e non aiutava nemmeno il fatto che fossimo appena fuori New York City e che uscissimo il più possibile. Ero anche sconcertata da quanto fosse costoso tutto e ancor di più dopo la nascita di nostro figlio. Dovevamo costantemente farci i conti in tasca, anche se mio marito aveva un salario decente.”

Julia cercò di avviare un piccolo business lavorando da casa, ma era così soffocata dalle tasse, che non ne valeva la pena. Iniziò ad assillare Alex di tornare in Russia tre anni fa e, infine, sono partiti nell’estate del 2019. Quando Alex è andato in azienda per consegnare le dimissioni, gli hanno invece offerto un trasferimento all’ufficio moscovita della compagnia, il che è stato una grande fortuna, che ha permesso alla famiglia di iniziare più facilmente la propria vita a Mosca. Nel frattempo, Julia è stata in grado di rientrare nel settore delle risorse umane.

Julia è molto colpita da quanto la vita in Russia sia divenuta più confortevole rispetto al passato, e dice che è felice di aver deciso di rientrare prima che il figlio iniziasse la scuola, in modo che potesse studiare nelle scuole russe in futuro, senza problemi di lingua. “Per l’equivalente di 50 $ al mese, nostro figlio ora sta frequentando una scuola materna statale a tempo pieno proprio accanto a casa, con lezioni di taekwondo e inglese extra e non dobbiamo prenderci dei permessi per gestirlo”, dice.

LEGGI ANCHE: “Sei una spia?” e le altre domande sciocche che i russi si sentono fare all’estero 

Julia ammette che l’infinita crescita edilizia di Mosca è fastidiosa e ha preoccupazioni legate all’ambiente e alla qualità dell’aria in città. Non aiuta neanche la fanghiglia invernale, una sporca miscela di neve e reagenti antigelo. Tuttavia, dice che è meglio della “periferia pulita, uniforme e noiosa, troppo costosa, e con aree così pericolose che non puoi neanche entrarci dell’America. Almeno a Mosca non abbiamo posti dove verrai sicuramente derubato se ci vai di notte.” Aggiunge che “è un grande sollievo non doversi preoccupare delle bollette, non avere un budget ogni mese da non sforare, e potersi finalmente permettersi di viaggiare di nuovo”.

Alex Nazarov, cresciuto negli Stati Uniti, è meno critico nei confronti dello stile di vita americano. Può capire, dice, le critiche di sua moglie, ma per lui il modo di vivere nei sobborghi americani è il modo di vivere che meglio conosce. Scherza dicendo che è stato utile alloggiare nell’appartamento di un amico a New York City per alcune settimane dopo che Julia se n’era andata, mentre finiva di lavorare nel periodo di preavviso obbligatorio. “La folla, il trambusto… New York City è molto più simile a Mosca, quindi mi ha aiutato nella transizione”, racconta.

Alex dice che sua moglie ha fatto in modo da farlo sentire più a suo agio a Mosca, per esempio, affittando un “appartamento abbastanza grande”, in omaggio alle case da mille metri quadrati della periferia americana. Ma il rimpatrio lo ha comunque sorpreso: “Negli Stati Uniti pensavo di essere un russo duro e puro. È stato solo in Russia che ho capito rapidamente, quanto in verità sono americano!”

Nel complesso, Alex trova i russi più scettici e meno ottimisti, nella loro reazione iniziale a “qualsiasi cosa”. “Alla fine arrivano all’atteggiamento ‘si può fare’, ma bisogna sempre passare attraverso il ‘no’ assoluto iniziale per raggiungere un sì!” Sente che ne è valsa la pena, però, di tornare: “Negli Stati Uniti, praticamente vivevo in ufficio. Qui, trascorro molto più tempo di qualità con la mia famiglia, con mio figlio; usciamo parecchio, viaggiamo”

Oksana, con Sophia e Stephania

Oksana Rybalchenko è cresciuta come una tipica figlia dell’intellighenzia moscovita degli anni Ottanta. Frequentava lezioni di lingua inglese, di musica e di storia dell’arte. Sin dall’infanzia, era ossessionata da tutto ciò che era tedesco e ha continuato a studiare tedesco all’università. Ciò incluse due trimestri di studio all’estero, in Germania ovviamente, seguiti da una lunga carriera in un’azienda tedesca a Mosca, con frequenti visite alla sua sede tedesca. Nel 2005, era ben posizionata e ben pagata.

LEGGI ANCHE: Lasciare la neve per il sole: come vivono i russi all’estero 

Eppure, in lei si era intanto sviluppata un’altra passione: questa volta, per tutte le cose latinoamericane. Oksana ha imparato lo spagnolo nel suo tempo libero ed è entrata nel mondo emozionante del ballo della salsa. Ha iniziato a trascorrere molto tempo a Cuba, godendosi cultura e musica locali. Alla fine, ha sposato un cubano ed rimasta sull’isola caraibica. Il marito di Oksana lavorava per un’ambasciata straniera all’Avana ed era pagato in “pesos convertibili”, la valuta di Cuba per gli stranieri, il che dava loro un buon stile di vita, anche nel momento in cui l’economia del Paese andava a rotoli. La coppia viveva in una bella casa e poteva usare un’auto dell’Ambasciata.

Avendo sentito un sacco di elogi per la sanità cubana, Oksana non rimase positivamente colpita quando Sophia nacque all’Avana nel 2008. Decise così di tornare a Mosca per la nascita di Stephania due anni dopo. A parte questo, però, afferma che la vita era buona e rientrò sull’isola. In seguito si concentrò sulle bambine e poteva facilmente permettersi di non lavorare. Ma tutto finì il giorno in cui suo marito fu licenziato dall’ambasciata dopo 15 anni di servizio. In un attimo, vivere a Cuba smise di avere senso.

La famiglia aveva un po’ di risparmi e decise di investirli in una proprietà a Valencia, in Spagna. Immaginavano che ambientarsi fosse facile, perché lo spagnolo lo parlavano e il caldo estivo sulla costa spagnola avrebbe un po’ ricordato il clima cubano. Oksana acquistò un piccolo appartamento e si trasferì lì con le bimbe, giusto in tempo per far iniziare la scuola a Sophia. Risolto il problema della casa, iniziò a vivere in maniera decente con lezioni private di inglese, tedesco e russo (popolare tra gli expat). Il difetto del piano venne tragicamente fuori quando a suo marito, cubano, venne negato l’ingresso in Spagna, e  visto che lei si era già trasferita con le bambine, dovette gestire la famiglia da sola.

LEGGI ANCHE: Quale Paese scelgono i russi al momento di acquistare una casa all’estero? 

Fu durante i suoi anni in Spagna, dice Oksana, che alla fine si rese conto che l’idea di voler vivere all’estero era sbagliata sin dall’inizio. “A Mosca, ero una moscovita come tante della classe media. Tutti i miei amici sono cresciuti laureandosi e andando a teatro e per musei. A Valencia, il posto in cui potevo permettermi di vivere non era orribile, ma potevo fare la vita semplice della classe operaia. Mi sentivo un’aliena; non un’immigrata, ma proprio un marziano, scherza. “Come se fossi venuta dallo spazio!”. I discorsi dei vicini vertevano sulla concorrenza per un  posto da cassiera in un nuovo supermercato che aprivano. Non volavano più alto. E tutti intorno a malapena riuscivano a sbarcare il lunario”.

E come insegnante di lingue, la cosa più deludente per Oksana era la scuola spagnola. “La Spagna è un paese ricco di cultura e tradizione, eppure il programma scolastico è stato ridotto al minimo indispensabile; non insegnavano nulla. E l’edificio stesso della scuola sembrava una baracca.” Si iscrisse al gruppo Facebook di una scuola di Mosca del quartiere dove vivevano i suoi genitori, e le condizioni dell’istituto e le attività che vide lì la riempirono di invidia. Iniziò a cercare di trasferire le bimbe al centro educativo dell’ambasciata russa a Madrid, in modo che potessero tenere il passo con il programma russo. Alla fine, Oksana resistette quattro anni in Spagna e afferma che la parte più difficile fu ammettere a se stessa di aver fatto un errore. Non è ancora riuscita a vendere l’appartamento di Valencia.

LEGGI ANCHE: I dieci cibi di cui sentono di più la nostalgia i russi all’estero 

Quando finalmente è tornata a Mosca con le ragazze, che ormai avevano 10 e quasi 8 anni, nell’estate del 2018, le cose si sono messe magicamente a posto. La scuola pubblica di quartiere che prima osservava con invidia sui social network, si è rivelata una scuola specializzata in lingua spagnola, con un programma IB (International Baccalaureate) opzionale in spagnolo a un costo modesto. Le ragazze si sono unite alla scuola di musica locale, dove Sophia suona la chitarra e Stephania il flauto. Quest’ultima mostra un buon talento e probabilmente andrà al conservatorio. Sophia, che è interessata alla biologia, frequenta un programma scientifico.

Oksana dice che era preoccupata per il futuro delle ragazze a Mosca a causa della loro pelle scura (il padre cubano è nero). Queste paure, dice, si sono dissipate all’istante; ha rapidamente dimenticato persino la questione. Ma suo marito, che era già stato a Mosca con la famiglia, non parla russo e non è stato in grado di trovare alcun lavoro. Tutto questo girovagare ha messo in difficoltà il loro matrimonio? Oksana alza la mano. “No, no. La fede è ancora al dito”, dice.

La donna afferma di aver deciso di non tornare alla precedente carriera. A Mosca, le sue entrate dalle lezioni di lingua sono sufficienti per uno stile di vita confortevole, che le consente di concentrarsi sulle figlie, anche perché la loro istruzione e le attività extra, ad eccezione del programma IB aggiuntivo, sono gratuite .“Sophia mi chiede sempre perché prima vivessimo in Spagna. Non ho una risposta. Ma incolpo la Cortina di ferro: siamo cresciuti pensando che l’erba fosse più verde dall’altra parte. Se invece fossimo potuti andare a vedere con i nostri occhi che non lo era, la nostra generazione non sarebbe stata così fissata sul voler emigrare a tutti i costi”.

“I russi hanno le spalle più larghe”: com’è vivere all’estero e sopportare i pregiudizi 

Per utilizzare i materiali di Russia Beyond è obbligatorio indicare il link al pezzo originale

Leggi di più

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie