Perché la Russia è così depressiva?

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DANIEL CHALYAN
Gli stranieri pensano spesso che sia il Paese più grigio e triste. Hanno ragione? E da dove proviene tutto questo mal di vivere?

Delineare le ragioni della caratteristica depressione russa è un compito gigantesco. Qual è la verità: siamo veramente un popolo depressivo o gli altri vogliono imporci il loro concetto di felicità? A quanto pare, un po’ entrambi i fattori.

Per prima cosa: perché i russi sono “depressivi”? Cosa ne pensate di questo…

Questo…

… e questo!

Naturalmente, non sono indicatori, ma solo immagini da cui la gente deduce che la vita non deve essere un granché qui in Russia.

Tuttavia, si potrebbero elencare una dozzina di ragioni per cui essere depressi è una possibilità molto concreta per un russo: strade terribili; standard bassi di assistenza sanitaria e istruzione in varie zone del Paese; isolamento sociale al Nord, rischio di cancro nelle inquinate città industriali; province che vivono senza speranza di sviluppo a causa della corruzione dilagante; un clima al tempo stesso variabile e imprevedibile, con persone che spesso restano in casa quando fa troppo freddo; la notte viene molto presto e gli spazi aperti sono enormi.

E infine, siamo tra i Paesi meno densamente popolati sulla Terra (8,4 persone per chilometro quadrato; in Italia sono 206), così come quello più grande in assoluto. Siamo spesso socialmente isolati. Tuttavia, come tutti gli altri, mettiamo tutto questo nelle nostre canzoni, libri e film.

L’esperienza di ognuno della propria cultura è l’altra metà del puzzle. Un russo non combatte l’idea della propria sofferenza più di quanto un panamense non combatta la propria felicità.

Risposta non univoca

Quando si discutono i fattori naturali che portano alla depressione, si potrebbe immaginare una città in Svezia, Norvegia o Finlandia altrettanto bene. E non vi sbagliereste. La depressione può correre vicino al Circolo polare artico. Alcuni di questi luoghi hanno tra i più alti tassi di depressione in Europa, nonostante l’elevato tenore di vita. C’è bisogno di vitamina D per essere felici. Questo è un fatto scientifico.

Tuttavia, i Paesi di cui sopra difficilmente potranno competere con la Russia nella classifica della depressione, almeno agli occhi degli stranieri.

Fino ad oggi, la Russia sta tentando di risolvere un enorme divario di disuguaglianza nato sulla scia della disgregazione dell’Urss, quando più della metà del Pil del Paese si concentrò nelle mani dei signori della criminalità che entrarono in possesso delle nostre industrie in mezzo allo choc delle riforme dei primi anni Novanta. Con il comunismo ormai spalle, a sostituirlo fu quello che gli economisti chiamano il “capitalismo gangster”. E questo avvenne sullo sfondo di una nazione che aveva un disperato bisogno di riformulare la propria identità dopo la scomparsa dello Stato sovietico. Senza un’idea nazionale, la felicità si riduce al denaro.

Nel frattempo, problemi di vecchia data, per esempio quello su come l’intellighenzia russa tratti in genere il proprio popolo, non erano sono stati risolti (dovreste vedere come si presenta l’ospedale di una piccola città). E il circolo vizioso continuò: per superare il momento difficile, i russi dovettero diventare duri, cupi. La cultura del machismo non è mai andata via.

Come in molti Paesi dell’ex blocco sovietico, la negazione del dolore fa parte del nucleo culturale della personalità. Per quanto ricordo il mio Paese, più ti lamentavi, più ti venivano fornite spiegazioni mistiche sul motivo per cui questo dolore è buono o importante, proprio come nel cristianesimo ortodosso, con la sua enfasi sulla sofferenza e il sacrificio, a differenza dei valori protestanti. Non c’è da meravigliarsi se i “valori cristiani” continuano a reggere così tanto il potere in Russia. È molto comodo usarli al posto di un’idea nazionale stabile. Nessuno affronterà i tuoi problemi, forse Dio, ma certamente non il governo.

L’arte di sopravvivere

Non stupisce quindi che la Russia, con la sua totale mancanza di fiducia nella nozione di autorità centralizzata, preferisca invece chiudersi in sé e dirigere la sua disperazione verso l’intimismo e l’arte. O sei un “vero macho russo” o soffri in silenzio o artisticamente. Quelle sono le tue opzioni. Ma soffrire, soffrirai. Questo è il motivo per cui i visitatori in Russia non riescono a riconciliarsi con l’idea che tutto quel balletto e questa bella architettura possano essere stati creati da un popolo così indurito.

I russi non vogliono essere depressi: questo non è il desiderio naturale di nessuno. Ciò che ci salva, tuttavia, è una totale mancanza di tabù sull’espressività: letteratura, film, balletto, bevute e combattimenti. E non potete separarli. La Russia è un pacchetto completo.

Per comprendere un po’ di questo tumulto interiore, prendete “Memorie dal sottosuolo” di Fedor Dostoevskij. Il romanzo è considerato da molti come uno dei primi del genere esistenzialista. Degli scrittori moderni, potete leggere i racconti di Sergej Dovlatov. La disperazione è palpabile. Ma è una felice, rassegnata, comica disperazione. Dovlatov doveva essere una delle persone più divertenti qui. E così anche Nikolaj Gogol, un genio comico letteralmente impazzito verso la fine dei suoi giorni.

A differenza delle altre nazioni elencate in questo testo, poi, il nostro grosso sedere si trova a cavallo di due continenti. Essere russo confonde emotivamente. Il nostro nucleo etno-psicologico è al massimo fragile; un problema esacerbato da circa 190 gruppi etnici tutti designati come nazionalità distinte all’interno della Russia.

Il nostro cinismo è provocato da una disunità naturale. Si mescola con una mancanza di fiducia nelle prospettive di miglioramento, così come con la nostra naturale propensione all’espressività. Ciò che si ottiene è una nazione fuori di testa e stravolta che è apparentemente infelice di tutto ciò che gli capita, e, con grande scorno degli astanti occidentali, si rifiuta di fare qualcosa per cambiare la sua situazione. Anzi, ci si crogiola e fa bisbocce. Non potete dire a un russo di essere felice. Lo è già. E lui non vi permetterà di convincerlo del contrario.

Riassumendo, mi piacerebbe non essere d’accordo con molti amanti della Russia che vanno in brodo di giuggiole per la romantica tristezza russa. Alcuni dicono che a noi piace apparire enigmatici e indossare la nostra “anima” come una medaglia al petto. E se la moderna cultura globale può capitalizzare questa nozione, finisce per trascurare la catena interna di cause. Non si può capire la tristezza russa più di quanto si possa capire l’“arroganza francese” o la “riservatezza germanica”. Sono tutti indicatori di una pletora di fattori troppo confusi per essere districati.

Perché i russi non sorridono mai?