Mettiamo i puntini sulla e! Storia della ё, la lettera più bistrattata dell’alfabeto russo

Istruzione
KSENIA ZUBACHEVA
Si pronuncia “jo” ed è stata inventata solo 235 anni fa. Un periodo che però non è bastato a farla diventare obbligatoria. I russi continuano a usarla facoltativamente, provocando difficoltà di lettura, e grossi problemi burocratici a chi se la ritrova nel cognome o nel nome

Come fortunata portatrice di un cognome che contiene la lettera “ё [jo]”, non sono mai riuscita a vederla stampata sui documenti ufficiali. La versione corretta dovrebbe essere scritta Zubachjova (o Зубачёва in cirillico, con i puntini sulla e), ma non è mai successo.

Il mio primo passaporto aveva “Zubacheva” (Зубачева) fin dall’inizio e, anche i miei genitori si trovavano nella stessa situazione. Così non abbiamo mai tentato di spezzare il circolo vizioso, dato che sembrava un compito troppo arduo (immaginatevi di andare avanti e indietro per cambiare i vostri documenti… in Russia!).

Per me l’unico problema derivante dall’ortografia era una pronuncia sbagliata del mio nome in pubblico, a scuola e all’università. Tuttavia, pare che sia stata abbastanza fortunata. La potenziale incoerenza di avere un nome scritto diversamente in documenti diversi potrebbe significare un serio mal di testa quando si tratta di enti statali che considerano ogni lettera cruciale.

Quest’anno c’è stato un caso in cui una madre di tre figli di Kaliningrad si è vista rifiutare i sussidi statali perché il suo cognome era scritto diversamente sui certificati di nascita dei suoi figli. Un documento aveva la “e [je]” mentre un altro la “ё [jo]”. 

E questo è solo uno dei tanti casi. Sia che si tratti di assegni di maternità, pensioni, eredità o di una qualsivoglia richiesta di una persona a un’istituzione ufficiale, la discrepanza significherà quasi certamente un rifiuto, che porterà a più scartoffie e sprechi di tempo.

La lettera più giovane dell’alfabeto

Il “ё [jo]” è nata circa 235 anni fa ed è la più giovane lettera dell’alfabeto russo. Il suono “jo”, tuttavia, esisteva già. Mentre non c’era nell’antico russo (si usava “je” in parole come “sjèstri”, “sorelle”: oggi “sjòstri”), nel XVIII secolo il suono “jo” poteva essere ascoltato nel linguaggio popolare, e gradualmente, iniziò a farsi linguaggio letterario.

Per rendere più semplice la raffigurazione del suono, la principessa Ekaterina Dashkova propose di inventare una lettera speciale “ё [jo]” che sostituisse il vecchio digrafo “io” usato in precedenza per rappresentare il suono. Nel 1783 l’Accademia Russa, e alcuni personaggi pubblici (tra cui lo scrittore Nikolaj Karamzin) offrirono il loro sostegno, e la nuova lettera fu messa in circolazione.

Tuttavia, la “Ё” non divenne immediatamente parte dell’alfabeto e il suo uso rimase facoltativo. Molti semplicemente tralasciavano i punti nelle parole comuni o usavano un trattino per specificare la pronuncia corretta per risparmiare tempo, e in seguito, quando apparvero le macchine da scrivere, i punti aggiuntivi dovevano essere digitati separatamente.

Difesa da Stalin

In epoca sovietica, la “ё” ebbe il suo momento di gloria. Come dice la leggenda, negli anni Quaranta Stalin stesso si infuriò con un documento in cui i cognomi dei suoi generali erano tutti digitati con “e” anziché “ё”. Il giorno successivo il giornale Pravda, iniziò a usare la “ё”.

La determinazione e l’attenzione ai dettagli di Stalin avevano portato a un decreto del 1942 sull’uso obbligatorio di “ё” nelle scuole, e da allora “jo” è divenne ufficialmente parte dell’alfabeto russo. Nel 1956 arrivarono le regole dell’ortografia riviste, che determinarono i casi per l’uso obbligatorio della ё: deve essere usata al posto di “e” in tre casi: per evitare confusione tra una parola e l’altra (come “передохнем” [“peredòkhnem”; “moriremo”] - “передохнём” [“peredokhnjòm” “ci riposeremo”]; “поем” [“pojèm”, “mangeremo”] - “поём” [“pajòm”, “cantiamo”]), per specificare l’ortografia di una parola poco conosciuta e, infine, per scopi di apprendimento nei libri di testo. Le regole rimangono valide ancor oggi, specialmente nella stampa e nell’editoria. Ma con l’indebolimento del controllo statale, la stampa ha evitato l’uso diffuso di “ё” a causa della complessità tecnica. In generale, fino ad ora, l’uso di “ё” rimane facoltativo.

La confusione rimane

La mancanza di regole obbligatorie sull’uso di “ё” ha portato a molti nomi famosi e cognomi che venivano scritti, e conseguentemente pronunciati, in modo errato. Ad esempio, prendete Lev Tolstoj. In russo il suo nome è scritto come “Lev”, ma in realtà, egli stesso ha scelto di pronunciarlo secondo la tradizione russa, come Ljov (Лёв). Questo è il modo in cui la sua famiglia e i suoi amici lo chiamavano.

O prendete il cognome del pittore russo Nikolas Roerich. Originariamente aveva un “ё [jo]”, ed era pronunciato come Rjorich (Рёрих) ma, visto che molti avrebbero poi omesso i puntini, iniziò a essere pronunciato Rerich (Рерих).

Secondo stime scientifiche, ci sono circa 13.500 parole con la“ё [jo]”, oltre a 2.750 cognomi e 1.650 nomi che contengono la lettera. Centinaia di cognomi differiscono l’uno dall’altro solo dall’uso di “e” o “ё” in essi. Prendiamo ad esempio Lezhnev e Lezhnjov, Demin e Djomin.

Ma la mancanza di disposizioni legali ufficiali che specifichino l’uso di “ё [jo]” nei nomi significa che, ora, chi ha incoerenze nei documenti ha due opzioni. Secondo Vladimir Shalaev, avvocato dello studio legale BMS, essi dovrebbero legalmente impugnare il rifiuto di prendere in considerazione i loro documenti o apportare le modifiche necessarie ai documenti tramite l’ufficio del registro o il tribunale. Sebbene questi casi di solito non richiedano molto tempo e non costino molto, tanti preferiscono però lasciar correre.

Alcuni la scrivono altri no

La discussione sullo status della “ё” va avanti e indietro da un po’ di tempo. Alcuni dicono che non è un grosso problema e nulla cambierà seriamente se il suo uso rimarrà opzionale.

“Ho molta simpatia per la ‘ё’, ma essendo un linguista capisco che il problema… è enormemente esagerato”, ha detto Ilija Itkin, ricercatore presso la Higher School of Economics. “Ha più di 200 anni e se non è diventata obbligatoria nei testi russi in tutto questo tempo, allora significa che, se continua così, non succederà nulla di molto grave alla lingua, alla società o alla cultura.” 

“Combattere per la ‘ё’ è inutile come combattere contro di essa”, pensa Ilija Birman, una designer russa. “Se ti piace, usala, se no, non farlo. Mi piace usarla perché non vedo il motivo di non farlo. Ma una persona di lingua russa dovrebbe essere in grado di leggere in entrambi i modi (con o senza ‘ё’).

D’altra parte, chi sostiene la necessità di dare alla “ё” uno status di maggiore obbligatorietà non capisce perché sia necessario risparmiare inchiostro se solo due punti possono semplificare la vita per molti.

“Nel mondo odierno dominato dai computer, la ricerca online di una persona con un nome che contiene la “ё” potrebbe dare risultati imprevedibili. Chi sa come una persona digita il proprio nome nel database? Lo sviluppatore del programma ha previsto il problema?”, si chiede Nikolaj Shumskij, fondatore di “Za Ё!” (“A favore delle ё”), un gruppo su VK, il principale social network russo. “La situazione può ulteriormente essere aggravata dalla traslitterazione. I russi possono gestire le varianti “Artyom / Artjom /Artem”, ma gli stranieri potrebbero trovarsi in difficoltà a farlo”. Al recente Mondiale russo praticamente tutti i telecronisti pronunciavano il nome del centravanti Dzjuba, “Artèm” e non “Artjòm”, come si dovrebbe.

Non si possono comprendere forse migliaia di parole con la “ё” senza dare alla lettera il suo legittimo status, pensa il coautore del libro “Due secoli della lettera russa ё. Storia e dizionario” e professore associato presso l’Università statale russa per le discipline umanistiche, Evgenij Pchelov.

“Pensare che i madrelingua russi capiscano dove la ‘ё’ debba e non debba essere usata è assurdo. Altrimenti non ci sarebbero pronunce sbagliate, come la parola ‘свёклa’ (‘svjòkla’, la ‘barbabietola rossa’) spesso storpiata in ‘svieklà’, o… una parola come ‘афера’ (‘afjèra’; ‘frode’), dove la ‘ё’ non dovrebbe apparire affatto, spesso pronunciata ‘afjòra’”, spiega . “Ma se si può usare o non usare la lettera, la scelta cadrà quasi certamente sul non usarla”.

Pertanto lo studioso sostiene che rendere l’uso di “ё” una pratica obbligatoria nei testi di oggi è necessario, e dovrebbe essere fatto almeno per rispetto della lingua e del patrimonio culturale russo. “C’è qualche altra lingua che ha una lettera opzionale? Ne dubito!”

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