"Portiamo più russi in Italia per diffondere la cultura e la storia che si celano dietro al vino"

Espositori al Vinitaly organizzato a Mosca il 20 novembre 2017

Espositori al Vinitaly organizzato a Mosca il 20 novembre 2017

Ufficio stampa
Stevie Kim, managing director di Vinitaly International, racconta il futuro delle importazioni verso la Russia e dice: “Dobbiamo coinvolgere anche i giovani e portare le eccellenze italiane nelle regioni più remote della Federazione”

Il vino italiano fa girare la testa ai russi. La terra degli zar si è sempre rivelata un mercato importante per i vini del Belpaese e, dopo la flessione degli ultimi anni, il 2017 ha ceduto il passo alla ripresa. Nei primi otto mesi di quest’anno, infatti, si è registrata una crescita delle importazioni russe di vino italiano del +45% rispetto al 2016, per un valore di 134,6 milioni di euro, così come emerge dalle elaborazioni Nomisma-Wine Monitor sulla base dei dati delle dogane russe.

Nel tentativo di confermare questa tendenza e segnare nuovi traguardi, il Vinitaly Russia ha riunito a Mosca e San Pietroburgo i maggiori operatori del settore, per due giorni (20 e 21 novembre) di degustazioni, incontri B2B e masterclass. Quasi 180 le cantine presenti o rappresentate dagli importatori, per una maratona di sapori e bollicine.

A destra, Stevie Kim, managing director di Vinitaly International

Stevie Kim, managing director di Vinitaly International, ha tracciano con Rb il quadro della situazione.

Oltre ai grandi produttori presenti da anni in Russia, esistono tante piccole cantine italiane che stanno cercando di ritagliarsi una fetta di mercato in questo Paese. Che consigli darebbe alle nuove realtà che si stanno affacciando per la prima volta sul mercato russo del vino?

Il primo passo da compiere è studiare bene il mercato, una regola che non vale solo per la Russia, ma a livello generale. L’errore che talvolta viene commesso dai piccoli produttori è sottovalutare l’importatore: bisogna analizzare bene chi sono gli importatori presenti.

In Russia esistono circa 700 aziende che hanno la licenza per importare vino. Ma solo poche di loro fra qualche anno “sopravviveranno”: ne resteranno forse solo un centinaio, visto che le più piccole potrebbero essere presto “spazzate via”. Quindi, secondo me, alla fine non bisogna studiarne 700, ma puntare su quelle che hanno dimostrato di essere maggiormente legate al vino italiano. Bisogna studiare il loro portafoglio e ovviamente analizzare la concorrenza.

Un momento di una masterclass

Come superare invece le difficoltà burocratiche?

Nello stesso modo: studiando, preparandosi, facendo analisi di mercato.

Quali sono i canali più efficaci per realizzare questi studi di settore?

Ci sono i canali tradizionali di supporto alle aziende italiane, come la Camera di commercio e l’Ice. Non dimentichiamoci però che oggi viviamo in un’epoca molto fortunata, conosciuta anche come la “Google University”: chiunque, con un po’ di metodologia, può documentarsi. Tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno si trovano online.

Gli italiani hanno un approccio al vino diverso rispetto ai russi. Come si può superare questa barriera culturale? Come si fa a spiegare il vino ai russi?

Tanti anni fa, durante le degustazioni, i russi non usavano nemmeno la sputacchiera. Oggi invece le cose stanno cambiando. C’è una maggior cultura, ovviamente non è una cosa che succede da un giorno all’altro: bisogna creare le opportunità per far assaggiare, non solo per bere. Noi di Vinitaly stiamo selezionando ulteriormente l’affluenza di chi partecipa ai nostri eventi.

Un’altra cosa importante: bisogna che i russi vengano in Italia a conoscere il territorio. Devono venire a visitare le varie cantine, a conoscere da vicino i vari produttori. Solo così potranno associare il vino non solo a un prodotto alcolico, ma alla cultura, alla storia e al territorio di questo Paese. Solo così può nascere un altro tipo di amore e di affinità intellettuale. L’unico modo per fare un vero salto di qualità, è portare il più possibile i russi in Italia.

Bottiglie in mostra

Non dimentichiamo poi che i russi sono dei grandi appassionati del Belpaese. E questo è importantissimo. Poi saranno loro, una volta tornati in patria, a essere ambasciatori del vino italiano. Insomma, l’interesse è grande, noi dobbiamo solo un po’ insistere.

Se poi vogliamo rendere il vino italiano ancor più accessibile e comprensibile, dobbiamo appassionare anche i giovani

Quanto sarebbe importante portare il Vinitaly nelle regioni più remote di questo Paese?

Sarebbe importantissimo! Bisognerebbe andare nelle città più periferiche per far conoscere il vino italiano. Purtroppo le risorse sono limitate, per Vinitaly si tratta di grandi investimenti...

Tuttavia spero che questo compito venga per ora svolto dagli ambasciatori del vino, che possono penetrare nelle regioni. I primi passi li stiamo già muovendo grazie a degli incontri che vengono organizzati dall’Ambasciata italiana nelle regioni russe, ai quali partecipano anche dei nostri ambasciatori. Speriamo che, un passo alla volta, ci si riesca ad affermare anche nella provincia.

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