Cosa ci fanno migliaia di capre alpine francesi sugli Urali?

: UGMK-Agro
Hanno fatto un viaggio di oltre cinquemila chilometri, fino in Russia. Da settembre con il loro latte inizierà la produzione di Camembert e di altri formaggi a pasta morbida sotto sanzione

Fonte: UGMK-AgroFonte: UGMK-Agro

Nel novembre del 2016, alcuni giovani “nobili” francesi di appena sei mesi iniziarono un viaggio che molti possono solo sognare. Partendo dal comune di La Boissière-des-Landes, paesino della Vandea, nella regione dei Paesi della Loira, attraversarono cinque frontiere e percorsero oltre cinquemila chilometri, prima di arrivare non lontano da Ekaterinburg. Ed è proprio qui, in una fattoria, che ora vivono questi esemplari di capra alpina francese. 

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Novembre sugli Urali è un mese freddo e nevoso, ma le capre si sono adattate facilmente al nuovo clima. La locale azienda agricola Ugmk-Agro ha appositamente attrezzato per loro una delle sue stalle, con caldaie e impianti di areazione, per mantenere una temperatura costante di comfort tra gli 11 e i 14 gradi. Già dopo sei mesi le capre hanno messo alla luce i primi eredi e dunque iniziato a produrre il primo latte, con il quale presto comincerà sugli Urali la produzione della versione russa di molti tipici formaggi francesi, tra i quali Bûche de Chèvre, Camembert, Valençay, Crottin de Chavignol e altri.

Un business sotto sanzioni

Secondo quanto racconta Ilija Bondarev, direttore generale della Ugmk-Agro, l’azienda ha fatto ricadere la scelta sui formaggi morbidi di alta gamma per due motivi. Innanzitutto, perché in Russia ci sono già abbastanza produttori di formaggi a pasta dura. E poi perché i formaggi morbidi, con un periodo di conservazione non troppo elevato, erano difficili da trovare nella regione degli Urali già prima delle controsanzioni alimentari introdotte nel 2014. Quindi, anche se un giorno dovessero essere tolte, l’azienda non teme il ritorno della concorrenza dei produttori francesi.

Il programma finalizzato allo sviluppo dell’allevamento di pecore e capre è stato ratificato dal Ministero dell’Agricoltura russo per il periodo 2012-2014, con programmazione fino al 2020. Per lo sviluppo di questi settori sono stati stanziati 9,5 miliardi di rubli (137,5 milioni di euro) dal bilancio federale e 2,8 miliardi di rubli dai budget regionali (40 milioni di euro)
Anche la scelta di occuparsi di allevamento di capre non è casuale. “In Russia questo settore è a un livello embrionale. Non molto tempo fa sono stati varati degli aiuti statali. E inoltre il latte di capra è ipoallergenico e va bene per chi ha problemi con il latte di vacca. Abbiamo visto la nicchia di mercato e ci siamo infilati”. Al momento di dover scegliere il partner industriale, nella holding Ugmk-Agro hanno studiato la struttura del gregge e la cultura dell’allevamento caprino in vari Paesi europei. “Abbiamo visto che sebbene in Francia il numero di capi di bestiame non sia il maggiore, la percentuale di latte che va alla produzione di formaggio è incomparabilmente più alto”, ha spiegato ancora Bondarev.

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Così la Ugmk-Agro ha chiuso un accordo con la francese Kbs-genetic per la fornitura di mille capre da latte nella regione di Sverdlovsk. Il contratto da un milione di euro è stato firmato quando le capre non erano ancora nate, per via della grandissima richiesta di esemplari di questa razza. La loro caratteristica è di non essere troppo esigenti per quanto riguarda il mangime e di dare una buona quantità di latte, ricco di proteine e con un’alta percentuale di grassi, il che lo rende ottimo per la produzione del formaggio. 

La capra tecnologica

“Lo sentite di cosa sa?”, chiede il responsabile della produzione della Ugmk-Agro, Anatolij Korotkov. “Profuma di mele!”. Fieno ed erba da foraggio, molto aromatici, con i quali vengono nutrite le capre, sono prodotti dalla stessa azienda. Gli specialisti, insieme agli allevatori francesi, hanno inoltre sviluppato alcuni integratori da aggiungere alla normale razione. In parte, questo cibo aggiuntivo, le capre lo ottengono quando già si trovano nella speciale macchina, una specie di giostra super tecnologica, dove vengono munte a sessanta alla volta. Il sistema automatizzato registra quanto latte è stato prodotto da ogni singolo esemplare e distribuisce il mangime.

Anatolij in passato era specializzato in bovini. “Ai tempi dell’Unione Sovietica le capre non venivano allevate a livello industriale, perché a confronto delle vacche davano troppo poco latte: 2 o 3 litri al giorno contro 25, 30. Per questo, le poche capre erano di solito allevate solo dai singoli contadini”, racconta.

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Per fare esperienza, gli impresari degli Urali sono andati in Francia, Paese con una radicata cultura di allevamento caprino intensivo. E oggi invitano in Russia dalla Francia diversi specialisti, sia nel campo della cura degli animali che della produzione casearia. Tra loro, André Verdier, dell’Associazione Pensionati lavoratori, qui come volontario. Per cinquant’anni si è dedicato all’allevamento, e per quaranta ha lavorato con le capre. I dipendenti dell’azienda agricola sono andati, uno dopo l’altro, a scuola di produzione casearia.

Tra i piani della compagnia c’è quello di assimilare il know-how dell’inseminazione artificiale degli animali da specialisti francesi o statunitensi, aprire una propria scuola di produzione casearia, e vendere insieme capre e tecnologia, come pacchetto. Secondo le previsioni, dopo un secondo investimento per l’acquisto di diecimila capre da latte, l’azienda potrà vendere ogni anno circa 7 mila capi.

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Il costo finale del progetto sarà reso noto solo in autunno, una volta pienamente operativo. A quel punto la Ugmk-Agro comunicherà anche i tempi di recupero del capitale investito. Per ora sono disponibili solo a fornire i numeri degli aiuti: “I sussidi statali coprono circa il 50 per cento dei costi per le attrezzature; dal governo regionale abbiamo invece ricevuto il corrispettivo del 30 per cento dei costi per i lavori di costruzione e messa in opera. Senza questi aiuti, i tempi per andare a pareggio di bilancio sarebbero stati eccessivamente lunghi e l’investimento sarebbe stato poco attrattivo”, spiega Bondarev.

Un formaggio molto particolare

Venticinque caproni inseminatori sono arrivati dalla Francia sugli Urali “in delegazione” e vivono in un edificio a parte. Ognuno di loro può montare e ingravidare in media 25 capre. Un’altra sala è occupata dalle stalle “culla” per i nuovi nati. In ogni gabbia c’è una lampada a infrarossi sotto la quale i piccoli di capra possono riscaldarsi. Vengono nutriti con il biberon, all’inizio pieno del colostro materno e poi di una speciale miscela di latti in polvere.

“Quando il nostro allevamento sarà del tutto completato, grazie alla produzione di circa 1.800 capre lattifere, otterremo ogni giorno attorno a sei tonnellate di latte. Una volta trasformato in formaggio, questo significa tra i 600 e i 700 chili, a seconda del tipo. Non sono grandi quantità, ma la nostra non è una produzione di massa”, spiega di Bondarev. 

Il reparto che produrrà il formaggio alla francese sarà pronto in settembre. Il costo di questi formaggi, secondo le prime stime, si aggirerà attorno ai 1500- 2000 rubli al chilo, a seconda della varietà (21-29 euro). Per ora nella fabbrica lattiera di Verchnjaja Pyshmà, città satellite di Ekaterinburg,  a 12 chilometri dall’allevamento, producono lo chevrette, una specie di ricotta di latte caprino. La si può acquistare, così come il latte di capra, nelle sedi di zona delle catene Auchan e Metro e in vari supermercati e negozi. Sono commercializzati con l’etichetta «Cœur du nord».

Per mettere in piedi il secondo allevamento da 10 mila capi la Ugmk-Agro prevede di servirsi dell’opera di specialisti dei Paesi Bassi, che hanno una maggiore esperienza nell’organizzazione di stalle molto numerose. La holding sta inoltre valutando di entrare nel mercato degli alimenti per bambini a base di latte caprino.
“Abbiamo ben presente di poter incontrare difficoltà nello smerciare i nostri prodotti in questa regione, e per questo siamo in trattativa con dei distributori che lavorano sui mercati di Mosca e San Pietroburgo”, aggiunge Bondarev. “È molto probabile che più della metà della nostra produzione all’inizio vada là, dove gran parte dei consumatori conosce già questi formaggi, mentre sugli Urali sono ancora una novità assoluta, con cui gli acquirenti dovranno familiarizzare”.

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