Perché lo “scrittore proletario” per eccellenza emigrò dall’Urss e visse a lungo in Italia?

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Maksim Gorkij visse quasi 17 anni tra Capri e Sorrento prima di rientrare definitivamente in Unione Sovietica nel 1932

Maksim Gorkij (1868-1936) era considerato lo scrittore “più rivoluzionario” dell’Urss. Nato in una famiglia povera, descrisse con grande realismo la vita della gente comune, invocando i cambiamenti. Persino il cognome, col quale è conosciuto il tutto il mondo (Gorkij), è uno pseudonimo che significa “amaro”. Il suo vero cognome era Peshkov.

Il suo poema in prosa “Canto della Procellaria” (1901) altro non è che un’esortazione alla rivoluzione. Gorkij condivideva le idee dei bolscevichi e scriveva appelli in sostegno del cambio di regime.

Dopo però che la Rivoluzione finalmente avvenne, nel 1917, Gorkij ne fu profondamente deluso. Invano cercò di proteggere uomini di cultura, finiti tra le macine delle purghe. Definito “il simbolo della rivoluzione”, lui stesso iniziò a parlarne come di un “esperimento crudele”, e criticò sia Lenin che altri esponenti del partito bolscevico.

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In questa situazione, la decisione di Gorkij di recarsi per le cure mediche in Italia nel 1921, fu una soluzione comoda sia per lo scrittore, sia per le autorità sovietiche, tanto più che Gorkij aveva davvero dei gravi problemi di salute.

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Periodicamente Gorkij ritornava nel paese dei Soviet. Ma rientrò definitivamente solo nel 1932. Il governo gli dette una casa nel centro di Mosca e una in Crimea, ma egli non potè più andare in Italia. Morì in Urss nel 1936.

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