Sette capolavori del pittore Nikolaj Rerikh che non potete non conoscere

Artista, intellettuale, archeologo, scenografo: il suo talento si esprimeva sotto molte forme, e in ogni campo ha lasciato un segno vivido

 

“Il messaggero. Un tribù si ribella contro una tribù”. 1897

Il futuro artista trascorse l’infanzia e la giovinezza a San Pietroburgo. In estate si recava con la famiglia nella tenuta di Izvara, partecipava agli scavi dei tumuli funerari locali e studiava le leggende. Lì concepì anche le sue prime opere, tra cui il dipinto “Il messaggero” sull’inimicizia delle tribù slave. Per questo dipinto, Nikolaj Rerikh (1874-1947) ricevette il titolo di artista dell’Accademia Imperiale delle Arti e il collezionista Pavel Tretjakov acquistò il quadro per la sua galleria.

“Visitatori d’oltremare”. 1900

Allievo di Arkhip Kuindzhi, diplomato all’Accademia Imperiale delle Arti, nell’autunno del 1900 l’artista si recò a Parigi per seguire i corsi presso lo studio di Fernand Cormon. Il maestro francese divenne il primo osservatore del bozzetto del dipinto “Ospiti d’oltremare”, noto anche come “I variaghi nella Rus’”. Qualche anno prima, Rerikh aveva viaggiato lungo la rotta commerciale di Novgorod, immaginando come le navi dei variaghi (gli scandinavi che si insediarono nei territori abitati dagli slavi, unificandoli nella Rus’ di Kiev e dando loro la prima dinastia, quella Rjurikide) avessero navigato qui un tempo.

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“Tesoro degli angeli”. 1905

Nel 1903 l’artista si recò nella tenuta della principessa Tenisheva, dove doveva progettare gli interni della casa principale. Rerikh rimase impressionato dalla Chiesa dello Spirito Santo: credeva che qui avrebbe potuto creare qualcosa di simile agli antichi templi di Novgorod e Rostov. Qualche anno dopo si dedicò al quest’opera. Si ritiene che l’artista abbia dipinto “Il tesoro degli angeli” per la tomba del principe Vjacheslav Tenishev, raffigurando la pietra angolare dell’universo, che contiene il bene e il male, custodita dagli angeli. Quest’opera dell’artista gli procurò un riconoscimento internazionale: il dipinto fu esposto a Parigi, Londra, Vienna e per più di dieci anni fu conservato al Nicholas Roerich Museum di New York. Oggi è al Palazzo Nazionale dei Congressi che si trova nel Palazzo di Costantino a Strelna, poco fuori San Pietroburgo. 

“Accampamento polovesiano”. 1909

All’inizio del XX secolo si manifestò un altro aspetto del talento di Rerikh: la creazione di scenografie e costumi per produzioni teatrali. La sua prima esperienza fu lo spettacolo “I tre magi” al Teatro di San Pietroburgo. Anche il famoso Sergej Djagilev notò Rerikh: nel 1909 lo invitò a progettare gli spettacoli delle Stagioni russe. Per l’opera “Il principe Igor”, Rerikh creò i costumi e diverse versioni della scenografia. Djagilev non si sbagliò nella sua scelta: il pubblico europeo perse letteralmente la testa per questa opera teatrale. Nel 1920, l’opera aveva raggiunto le cinquecento rappresentazioni. Questo sfondo delle “Danze polovesiane” è stato acquistato tre anni fa dalla Galleria Tretjakov.

“Baluardo delle mura”. 1925

Nel 1923, insieme alla moglie Elena e al figlio Jurij, l’artista viaggia attraverso l’Asia centrale. India, Cina, Altaj e Siberia, Tibet, Mongolia: approfondisce la conoscenza di queste culture per cinque anni. Durante il viaggio, l’artista realizzò circa cinquecento dipinti, tra cui una serie di riflessioni pittoriche sulla venuta del Buddha del futuro e sull’avvento di un’epoca di pace in cui le persone avrebbero lavorato insieme negli ashram per il bene dell’umanità.

“Tangla”. 1943

I viaggi in Tibet ispirarono l’artista a creare una serie pittorica con impressionanti paesaggi montani. Alla fine del 1927, Rerikh vide il massiccio del Tangla, uno dei sistemi montuosi più alti del Tibet: si ritiene che qui si trovi il mitico regno di Shambhala.

“Terra Slavonica”. 1943  

Nel 1935 l’artista si stabilisce in India. Realizza più di mille dipinti, scrive due libri, le sue opere vengono esposte nelle più grandi gallerie del mondo, viene aperto il suo museo personale a Parigi… Allo stesso tempo, Rerikh cerca di tornare in patria, ma non riceve nemmeno risposte alle sue lettere. Non otterrà mai il permesso di tornare in Unione Sovietica e il 15 dicembre 1947 morirà a Naggar, nell’Himachal Pradesh.


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